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Stage gratuiti o malpagati, ciascuno può fare la rivoluzione: con un semplice «no»

15 anni, 8 mesi fa di Eleonora Voltolina

Link all'articolo originale: Stage gratuiti o malpagati, ciascuno può fare la rivoluzione: con un semplice «no» C'è un grande potere nelle mani dei giovani, forse sottovalutato: il potere del «no». Vuol dire che se una proposta è meschina, la retribuzione proposta troppo bassa, la tipologia di contratto impropria - come accade purtroppo nel caso di molti lavori camuffati da stage - ciascuno di noi ha un'arma in mano: rifiutare. Rispondere «No, grazie, io ho terminato il mio percorso formativo e penso di avere già acquisito le competenze per fare questo», oppure «No, grazie, io ho già …

diana83

14 anni, 7 mesi fa

Faccio anche io parte della "classe" stagisti.

Quasi 27 anni, laureata nel 2007 in Economia, ho lavorato per circa un anno, poi ho deciso di andare all'estero e son tornata in Italia dove mi hanno aspettato solo stage ...

all'inizio ho accettato uno stage per sei mesi a 500 euro al mese, ma ora da gennaio sono di nuovo alla ricerca e vedo solo stage all'orizzionte.

negli ultimi tempi la rabbia e depressione aumentano... soprattutto nel leggere che gruppi come inditex di zara o altri offrono stage anche semplicemente per fare le commesse, cosa credo che non potrebbe mai accadere in altri paesi. Nel Regno Unito sono lavori che fanno già i ragazzini di 15 , 16 anni dopo la scuola e non capisco davvero come questi gruppi internazionali possano comportarsi così diversamente da un paese all'altro.. dovrebbe esserci un minimo di leggi a livello di gruppo.

Per esempio anche io la settimana scorsa sono stata chiamata da Ikea per uno stage a 350 euro al mese! Quindi pensavo se non ci fosse un modo per dare una grande visibilità a questo sfruttamento sopratutto da parte di queste multinazionali per cui cmq l'immagine conta molto.. Magari scrivendo anche a giornali stranieri. Perchè cmq penso che se si venisse a sapere anche negli altri paesi che Ikea in Italia paga 350 euro studenti laureati e anche non tanto neolaureati per poi soprattutto affidargli compiti davvero base la sua immagine ne risentirebbe molto , o almeno spero. sarebbe credo nel piccolo e senza volere offendere nessuno quello che subiscono le multinazionali accusate di sfruttare il lavoro minorile nei paesi sottosviluppati.

Mi rendo conto che la gravità non è la stessa, ma cmq anche in questo caso si ha lo sfruttamento di persone che hanno investito 5 o + anni in studenti universitari e si vedono ripagate con un rimborso pari a 1.5 € l'ora e contenuti davvero per niente formativi.

Questo è solo sicuramente uno dei tanti esempi, e mi rendo conto che non sia neanche uno dei peggiori. Però penso che lo sfruttamento da parte di gruppi internazionali sia ancora + grave da un lato, perchè fanno alti profitti anche grazie a noi e su di loro forse un rimborso decente non peserebbe più di tanto e soprattutto non si sognerebbero mai di proporre in altri paesi perchè sarebbe impensabile.

Quindi chiedo aiuto per trovare un modo se esiste per non essere considerati il terzo mondo o affini da questi grandi gruppi, che credono di arrivare in italia e offrirti 300 euri di rimborso e si aspettano che ancora li ringrazi per l'opportunità che ti hanno dato.

Qualche anno fa si parlava di generazione mille euro e di lavori precari.

In pochi anni siamo arrivati quasi alla generazione 300 euro se non 0 tondo, dove se trovi un contratto anche solo per qualche mese ma pagato regolarmente ti devi quasi ritenere fortunato perchè di sicuro è meglio di uno stage... io mi chiedo davvero dove andremo a finire e se abbiamo qualche speranza di porre fine a questo sfruttamento legale.



vanilla

14 anni, 7 mesi fa

Mi ritrovo fortemente nelle parole lette in questa discussione...tanto più che, non tanto tempo fa, ho avuto il coraggio di dire no ad uno stage, l'ennesimo stage putroppo, perchè nel campo dei beni culturali c'è solo quello!Ecco la mia situazione: 30 anni, tanta formazione alle spalle, in ultimo un master che al solito comprendeva il famigerato stage. Primo tentativo di stage andato male e interroto per mia volontà, visto che per la frustrazione, derivata dallo sfruttamento e dalla insoddisfazione a cui ero esposta, mi sono beccata una colite nervosa da spavento. Secondo tentativo, certamente più decente, ma già in partenza privo di prospettive future, preso come contentino per poter finire il master. E ora, a mesi di distanza, dal job placement della scuola dove ho svolto il master mi giunge la proposta di un nuovo stage...bellissimo, fantastico, ma senza un briciolo di rimborso spese. L'azienda proponente è nota, prestigiosa, quotata ma (dicono loro) non prevede rimborsi di alcun genere...Devo dire la verità, prima di rispondere ci ho pensato un bel po', chissà, ti dici, magari è la volta buona, ma alla fine ho scelto di dire no. Considerate voi: per 6 mesi avrei dovuto trasferirmi lontano dalla mia città (una città come Roma dove gli affitti non costano certo poco), senza nemmeno il contentino di un rimborso spese qualsiasi e magari vivere nella speranza di riuscire alla fine a strappare un contrattino a progetto da 500 euro al mese (nella migliore delle ipotesi) o cosa più probabile di tornarmene a casa con molti soldi in meno e tanta delusione. ebbene ho deciso di dire no...non si può andare avanti così!

treasured

15 anni fa

Chi come me se ne va all'estero è spesso giudicato da chi resta come un debole, che non ha coraggio di restare e combattere. Ma dietro alle nostre fughe c'è stato spesso il coraggio di dire un "no". Io l'ho detto a un'azienda che mi aveva reclutata perché a sentire il mio professore, con cui erano in contatto, ero la più brava del mio corso. La proposta sembrava allettante. Dopo un paio di colloqui ho scoperto che il loro progetto era di farmi fare uno stage non retribuito per 6 mesi/un anno, in una città lontana 5 ore dalla mia, per poi mandarmi forse in un'altra loro sede a lavorare a non si sa che condizioni, in una città a 3 ore dalla mia. Ora, io avrei potuto scegliere di restare in Italia e dire no tante altre volte a offerte simili, invece ho scelto di dire un solo no e poi andarmene. Non me la sono sentita di pesare sulla mia famiglia per anni, di perdere tutte le mie speranze, di ridurmi come tanti miei conoscenti ad essere una persona delusa e sfiduciata (e povera!) prima dei 30 anni. I miei genitori mi hanno mantenuta agli studi abbastanza facilmente perché lavoravano entrambi. Adesso sono pensionati e si sa, le pensioni si svalutano in fretta. Non me la sono sentita di mettere a rischio il loro e il mio futuro restando in Italia a combattere contro i mulini a vento. Hanno lavorato una vita per avere qualcosa da parte e vivere una vecchiaia dignitosa. Non posso privarli di questo per ciombattere una battaglia in cui siamo molti a non crede più.

IChiara

15 anni, 7 mesi fa

Ciao a tutti gli stagisti! Leggere le vostre storie è un pò come leggere la mia...Sto portando a termine il mio terzo stage e già sto male al pensiero dei colloqui che mi aspettano nei prossimi mesi. Ma possibile che non possiamo fare qualcosa di concreto per salvarci da questa condizione? Anche io pensavo al rifiuto categorico e collettivo di qualsiasi proposta di puro sfruttamento, e ora che so di non essere l'unica sono ancora più motivata a farlo. Ma non nascondo che nei miei momenti peggiori penso ci vorrebbe proprio una personalità coraggiosa che porti avanti con forza la nostra rivoluzione...quasi quasi con molotov o sassaiole!...Qualche volontario?

liberalib

15 anni, 7 mesi fa

Questo è l'articolo più intelligente in merito. Perchè affronta il problema alla base. Anche una questione delicata come la disoccupazione e i mancanti basilari diritti del lavoro purtroppo soggiacciono ad una mera legge di mercato: la domanda e l'offerta. Se non c'è più nessuno disposto ad offrirsi per un lavoro (se a volte così si può chiamare una malriuscita formazione)a buon mercato, sono le aziende che giocoforza dovranno adeguarsi. A questo punto se lo stato non ci assiste, una ratio autogestita di massa potrebbe funzionare. Lo scandalo è l'approfittarsi della disperazione della gente, che nel migliore dei mondi possibili dovrebbe essere punito al pari di reati quali l'usura, il ricatto. A questo punto non servono le molotov o le sassaiole per cambiare il mondo, ma dare solo voce, e basta un semplice monosillabo, all'orgoglio ed alla dignità.

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