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Quasi 2 milioni di finanziamenti in scadenza per start up dedicate a prevenzione del rischio e digital

Visto che la possibilità di costituire una start up ultimamente è un’idea che attira sempre più i giovani, proprio in questo campo si moltiplicano le call e i premi che consentono di iniziare un percorso di incubazione all’interno di grandi realtà imprenditoriali e vincere importanti cifre da investire nel proprio progetto.  In particolare in questo momento ce ne sono tre aperti, che in totale mettono a disposizione quasi un milione e 800mila euro.A chi interessa il tema della prevenzione del rischio è dedicata la nuova call per start up promossa da Groupama Assicurazioni in collaborazione con Luiss Enlabs. Think4South è un contest per premiare soluzioni tecnologiche innovative, creative ma soprattutto realizzabili. E che siano state ideate al Sud. L’iniziativa, giunta alla sua seconda edizione, sceglie di puntare sulle start up del Mezzogiorno visto che è lì che il tasso di disoccupazione è più elevato, e vuole premiare nuove soluzioni per la prevenzione del rischio grazie a sistemi IoT. Intendendo per IoT l’estensione di internet al mondo degli oggetti, come i vasetti delle medicine che avvisano se ci si dimentica di prendere un farmaco o le sveglie che suonano prima in caso di traffico. Insomma tutti quegli oggetti che riescono ad avere un ruolo attivo grazie al collegamento a internet. La call parte dal presupposto che la prevenzione del rischio possa essere un’importante leva di sviluppo per il territorio e mette a disposizione dei partecipanti non solo un contributo economico ma anche la diffusione del know how e l’infrastruttura necessaria. Per partecipare c’è tempo fino al 31 maggio, data entro cui le start up delle nove regioni del centro sud che hanno già costituito un team e sviluppato un prototipo funzionante del prodotto/servizio potranno iscriversi a una delle quattro categorie di concorso: Smart Home, per migliorare la qualità della vita in casa; E-Health, per la soluzione ai bisogni assistenziali e sanitari; Mobility, per migliorare la sicurezza sulla strada; Innovazione digitale, finalizzata all’ottimizzazione del business aziendale.Una volta iscritti al progetto, una giuria valuterà i finalisti e in seguito, tra questi, i tre vincitori. Il primo classificato potrà accedere al programma di accelerazione di Luiss Enlabs “la fabbrica delle start up”, grazie al contributo economico di Groupama Assicurazioni, di 30mila euro, e all’investimento di Lventure Group di 50mila euro, per un totale di 80mila euro. Il programma durerà cinque mesi a partire dal luglio 2016 e prevede una partecipazione di Lventure Group all’interno della start up per una quota del 9%. Il secondo classificato riceverà un contributo economico di 10mila euro da parte della Fondazione Swiss RE, per l’acquisto di beni e/o servizi necessari per l’attività. Mentre il terzo classificato potrà accedere per sei mesi ai laboratori applicazioni di STMicroelectronics, nelle sedi di Catania e Arzano per beneficiare dell’aiuto di ingegneri esperti per lo sviluppo del progetto. Nella prima edizione del 2015 i tre vincitori sono stati selezionati tra gli otto finalisti scelti su oltre 400 progetti ricevuti. Alle start up innovative delle regioni del Sud (Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna) del settore moda, design, food e turismo, è dedicato anche il percorso di accelerazione di Officine formative del Banco di Napoli. In questo caso ci si può iscrivere fino al 29 maggio, e a differenza della call di Groupama assicurazioni qui non ci sono soldi da investire per finanziare l’impresa, ma si partecipa a un percorso formativo di alto livello al cui termine le start up potranno fare un pitch davanti a una platea di aziende partner alla ricerca di realtà per implementare il proprio business. Concluso tutto il percorso, le start up più promettenti possono accedere alla selezione di Start up initiative di Intesa Sanpaolo. Un’occasione per incontrare investitori e professionisti da tutto il mondo capaci di valutare l’idea presentata e decidere se finanziarla. Ancora pochi giorni, poi, anche per partecipare al progetto Open Innovation di Tim che quest’anno assegna 32 grant composti da un contributo economico di 40mila euro ciascuno e di altrettanti percorsi di accelerazione. Il programma, finanziato da Telecom Italia, è dedicato alle start up in ambito digital, in particolare nei settori mobile, automotive, gaming, health&wellness, social impact, IT security. Per partecipare bisogna presentare le proprie proposte entro il 30 maggio. Una volta selezionate, le 32 start up riceveranno il finanziamento economico e l’accesso al percorso di accelerazione di un anno, durante il quale avranno anche varie occasioni per presentare i propri progetti a investitori esterni.Non solo: finito il programma di accelerazione saranno scelte le 10 start up che si siano distinte nei dodici mesi precedenti e a queste verrà dato un altro finanziamento di 10mila euro e l’accesso a un mese ulteriore di accelerazione presso il Tim #WCAP di Roma. Quindi l’opportunità di partecipare a workshop, incontri e matching con la business unit Tim, ma anche con aziende esterne e con la pubblica amministrazione. Tutte le start up partecipanti avranno poi a disposizione le tecnologie per testare le soluzioni sviluppate e rientreranno nel basket innovazione, un budget dedicato che ne costituisce un incentivo concreto all’acquisto. Per iscriversi basta fare l’application online ricordandosi che in aggiunta alle 32 start up selezionate che accederanno a questo percorso, da quest’anno verranno scelte altre 8 start up a cui saranno assegnati un grant di 40mila euro e fino a 40 ore di mentorship.Nonostante l’alta possibilità di fallimento accertata soprattutto nei primi anni di vita, le start up insomma continuano a essere in tempo di crisi una delle poche possibilità su cui i giovani, con la loro creatività, e le aziende, con le loro risorse, sono ancora disposte a investire.Marianna Lepore

Agenzia europea del farmaco, stage da 1700 euro al mese

Mercoledì 1 giugno è l'ultimo giorno utile per candidarsi ai tirocini presso l'Agenzia europea del farmaco, organismo europeo con sede a Londra nell'edificio di Churchill Place (sede anche di altri enti ed aziende londinesi) che si occupa della valutazione scientifica dei farmaci messi in commercio dalle case farmaceutiche dell'Unione Europea.Gli stage, in partenza il prossimo primo ottobre - ma è prevista anche una seconda tornata di tirocini, con partenza il primo aprile del prossimo anno - di durata variabile dai sei ai 12 mesi, prevedono un rimborso spese mensile di 1350 sterline nette, pari a circa 1700 euro. Previsto anche il rimborso per le spese di viaggio verso il Regno Unito, per distanze superiori a 150 kilometri e comunque fino a un massimo di 670 euro.Sul sito non è specificato il numero di tirocini messi a bando per ottobre perché, spiega alla Repubblica degli Stagisti Birgit Breen dell’ufficio risorse umane (foto a destra), il numero non è stato ancora fissato. Nella precedente edizione i tirocini in palio erano 58.Possono candidarsi cittadini UE o dello spazio economico europeo, in possesso di una laurea di primo livello conseguita al massimo entro il primo agosto di quest'anno e di una buona padronanza della lingua inglese e preferibilmente di un'altra lingua dell'Unione Europea. Non sono richiesti titoli di studio in discipline specifiche. Nella maggior parte dei casi però «i candidati hanno una formazione relativa alle attività dell'Agenzia, come la farmacia, medicina, scienze della vita, la sanità, la chimica, l'informatica, la legge, con un interesse in affari regolatori farmaceutici, risorse umane, finanza, comunicazione, pubblica relazioni, o biblioteconomia e scienza dell'informazione». Il numero di candidati italiani varia di anno in anno, per cui, sostiene la Breen, «non è possibile fare una media. Riceviamo comunque candidature da ogni paese UE». L'application form, il cui modulo è disponibile nella pagina dedicata ai tirocini, deve essere inviata online all'indirizzo traineeship [chiocciola] europa.ema.eu. La conferma di avvenuta ricezione della candidatura avviene entro due settimane dalla chiusura dei termini per l'invio. Dopodiché, tra luglio e agosto i candidati vengono contattati e generalmente entro la fine di agosto vengono stipulati gli accordi per il tirocinio. Lo stage si svolgerà su 40 ore settimanali dal lunedì al venerdì con un'ora di pausa pranzo. «Riceviamo domande da tutti i paesi UE, di solito tra le 2500 e 2700 ogni anno», dice la Breen. Quello all’Agenzia Europea del farmaco è senza dubbio un’ottima opportunità di tirocinio per le condizioni che propone. Gli stagisti hanno anche diritto a partecipare a eventi culturali, mostre ed eventi nella capitale inglese, grazie a un abbonamento gratuito allo Sport & Leisure Club (LSC) di Londra.Ma attenzione, quanto a eventuali possibilità successive di inserimento la Breen è molto chiara: «I tirocinanti non sono personale EMA e il loro accordo è limitato a un massimo di 12 mesi. Per poter lavorare in EMA i tirocinanti devono superare una procedura di selezione così come qualsiasi altra persona interessata a lavorare in Agenzia». Nessuna assunzione successiva allo stage, ma solo dopo il superamento di un regolare processo di selezione.Chiara Del Priore

EY Business Game Competition, edizione 2016 dedicata al tema digital: studenti e neolaureati, iscrivetevi!

Guidare una startup del settore digital fino al successo. Questo è il tema della EY Business Game Competition del 2016: «Siamo alla quarta edizione e nel corso degli anni il Business Game ha visto il coinvolgimento di un numero sempre maggiore di università: l’interesse da parte degli studenti è aumentato notevolmente» dice alla Repubblica degli Stagisti Annalisa Lucarelli, responsabile Recruiting ed Employer Branding in EY. L'azienda, multinazionale della consulenza, fa parte del network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti e garantisce a tirocinanti e neoassunti condizioni di qualità.La novità dell’edizione 2016 è che la Competition diventa internazionale, coinvolgendo anche la Spagna. «Abbiamo di estendere la partecipazione agli studenti spagnoli perché nel nostro network, insieme all’Italia e al Portogallo, la Spagna fa parte della Regione Mediterranea, e ciò contribuisce a rendere più stretti i rapporti tra i tre Paesi. La risonanza e l’interesse che questa competizione ha avuto nel corso degli anni ci hanno spinto a estenderla anche a livello internazionale, coinvolgendo anche gli studenti delle università spagnole».Per iscriversi c'è tempo fino a giovedì 19 maggio: «Cerchiamo studenti che abbiano soprattutto il desiderio e lo spirito imprenditoriale adeguato per mettersi alla prova nella gestione di una società» continua la Lucarelli: «Possono partecipare tutti gli studenti iscritti ai corsi di Laurea Magistrale, neolaureati - da non più di 6 mesi - in Economia o Ingegneria di tutte le università italiane e spagnole».La competition funziona così: ogni aspirante partecipante costruisce il suo team, che si sfiderà in modo dinamico ed interattivo. L'edizione 2015 era stata dedicata al tema Food & wine: «Quest’anno gli studenti si cimenteranno nella gestione di una startup nell'ambito Digital» precisa Lucarelli: «Tutti i mercati in cui operiamo, il mondo del lavoro nel suo complesso e più in generale la società, stanno vivendo una vera e propria “digital revolution”, quindi il Digital è un ambito di attualità e d'interesse. È importante per noi che gli studenti si mettano in gioco e si confrontino su tematiche di rilievo e d’attenzione anche per il nostro Paese». La prima fase della competition è lo Skillgame: 24 domande a risposta multipla e a complessità variabile su quattro aree tematiche specifiche (Tecnologia e Innovazione, Le parole chiave dell’impresa, Problem Solving, Business Plan). Una progress bar andrà a monitorare il tempo, e i primi 240 team classificati saranno ammessi al Business Game vero e proprio.Rispetto all'edizione 2015 EY ha deciso di innalzare da 200 a 240 il numero dei team che hanno la possibilità di accedere a questa fase: «Crediamo che la creazione di un network sia fondamentale nel nostro ambiente e non solo» commenta Lucarelli: «Vogliamo stimolare i ragazzi a costruire e mantenere queste relazioni che siamo convinti siano fondamentali per il loro futuro professionale. Per questo motivo abbiamo voluto aumentare le possibilità di partecipazione fino a 240 team. Inoltre, il coinvolgimento delle università spagnole ha portato un forte boost alle iscrizioni». La Business Game Competition è dunque la seconda fase, cui accedono appunto i 240 migliori team classificati. Si tratta di un gioco di simulazione manageriale nel quale i team si trasformano in "aziende simulate" e si sfidano in uno scenario competitivo con l’obiettivo di diventare leader di mercato ed aumentare il valore della propria impresa. I 240 team saranno suddivisi in 12 gironi di Business Game Competition che si svolgeranno simultaneamente online nel corso di 4 round di simulazione. Terza e ultima fase, il Contest Idea: i vincitori dei 12 gironi si sfideranno tra loro. Le squadre finaliste lavoreranno alla propria idea e la presenteranno in maniera sintetica attraverso la metodologia dell’elevator pitch, durante la finale presso il Workplace Of The Future, la nuova sede EY di Milano, il 15 luglio. «Abbineremo a ciascun team un mentor EY che potrà dare spunti e suggerimenti su come strutturare al meglio la presentazione finale che verrà fatta davanti ad una giuria di esperti» aggiunge Lucarelli: «In meno di 5 minuti ogni team dovrà presentare il proprio progetto e convincere la giuria che l’idea proposta è quella vincente».Tutta la competizione si svolgerà in inglese: dallo Skill Game al Business Game, alla fase finale di presentazione davanti a una giuria di esperti.  E se qualcuno volesse partecipare, ma sentisse di non sapere benissimo questa lingua? «Ai ragazzi che si sentono incerti o non possiedono un inglese fluente consigliamo di provarci comunque: è un'occasione ulteriore per mettersi alla prova ed alzare l'asticella dei propri obiettivi e per capire come può essere la vita in EY anche in termini di internazionalità» risponde Lucarelli: «Le nostre persone lavorano continuamente con clienti esteri o con colleghi stranieri, pertanto per noi la conoscenza della lingua inglese è un requisito fondamentale».Il premio per i vincitori sarà uno stage (alle ottime condizioni garantite!) in EY: «Il team vincitore lo farà nel suo Paese di provenienza; è previsto anche un extra, ma non vogliamo rovinarvi la sorpresa!».E non è detto che partecipare a questa competition non possa anche aprire le porte di una carriera in EY: come è successo ad Andrea Noviello, tra i vincitori dell'edizione 2014, oggi revisore del settore finanziario. «Il business game è stato una grandissima occasione di crescita personale e professione, un’iniziativa che dà la possibilità a noi giovani di esprimere concretamente un’idea imprenditoriale in cui davvero crediamo» racconta Noviello: «Durante il periodo della competizione ho condiviso tanti momenti di tensione e felicità con alcune delle persone a cui tengo e che stimo di più: il team The Grounds... Oggi lo ricordiamo tutti come uno dei momenti più belli della nostra vita».«Mettetevi in gioco, date spazio al vostro spirito imprenditoriale e alla vostra creatività» è il suggerimento finale di Annalisa Lucarelli: «Avrete la possibilità di lavorare in team in inglese e di partecipare a una competizione internazionale. Il Business Game inoltre è un ottimo modo per entrare in contatto con EY e con altre società della Business Community che faranno parte della giuria. Iscrivetevi subito e… completate lo Skill Game oggi stesso!». Anche perché... il tempo stringe!

Motivati, innovativi e con un solido bagaglio culturale: l’identikit degli artigiani del futuro

Oggi in Italia i giovani vengono spesso dipinti con la valigia in mano. Nelle indagini che si occupano dei laureati si parla di mercato in crisi in vari settori del terziario e dell’industria e dell’importanza di guardare all’estero per migliorare il proprio curriculum. Ai ragazzi e alle ragazze si consiglia di viaggiare, studiare in prestigiose università per aumentare la propria competitività sia in chiave nazionale che internazionale. Tuttavia un libro recentemente pubblicato da Marina Puricelli sembra raccontare un’altra possibile via, una via che l’Italia conosce bene nella sua storia e di cui il bel paese può vantare una grande tradizione: quella dell’artigianato.La Puricelli è docente di  "Fondamenti di organizzazione" al dipartimento di Management e Tecnologia dell'università Bocconi di Milano. Dopo un dottorato in ricerca e direzione d'azienda si è sempre misurata con piccole e medie imprese, su cui ha pubblicato molti testi.Il testo, realizzato grazie al contributo di Confartigianato, si chiama “Il futuro nelle mani. Viaggio nell’Italia dei giovani artigiani” (edizioni Egea), e la docente della Bocconi lo ha presentato - insieme a Elisa Tatano, una dei giovani di cui si parla nel libro -  in occasione del festival «Generare Futuro», rassegna organizzata dal Comune di Lodi in collaborazione con la testata online Linkiesta la settimana scorsa.Il viaggio è una rassegna di storie di under 30 capaci di realizzare iniziative di successo partendo da piccole realtà artigianali preesistenti o iniziando da zero. Iniziative di tutti i tipi: come i ragazzi che si sono messi a fare cover per smartphone nelle Marche, oppure progettando a Rieti serre idroponiche per coltivare pomodori nei deserti, o distillando grappa in Maremma.La storia di Elisa Tatano è esemplare: figlia dell’imprenditore e artigiano che ha fondato la Tatano, un’impresa che partendo dalla conoscenza agricola, costruisce stufe a combustibile agricolo a Cammarata (in provincia di Agrigento), Elisa ha deciso di trasferirsi a Piacenza per creare un nuovo polo più vicino ai propri clienti. Ma il trasferimento al Nord è solo l’ultimo passo di un processo ben più lungo: «Io finivo scuola e andavo alla ricerca di papà, sono cresciuta nella mia azienda. Ne conosco ogni centimetro, il mio inserimento è stato naturale». La Tatano è una piccola impresa familiare con un imprenditore-artigiano, il padre di Elisa, e i suoi due fratelli che si occupano di organizzazione e infrastrutture, dividendosi il lavoro e i ruoli. Allo stesso modo hanno deciso di fare anche le nuove generazioni: «Il nostro percorso di studi è finalizzato all’azienda. Se un cugino faceva ingegneria energetica, l'altro sceglieva un altro tipo di ingegneria». La motivazione familiare è stata la molla principale di Elisa: facendo parte dell’azienda «hai un sogno che ti è stato regalato, l’hai fatto tuo e vuoi tramandarlo».La giovane siciliana è molto coinvolta quando parla della sua esperienza... quasi troppo: «La sua testimonianza all’inizio mi sembrava una storia di marketing» ammette la Puricelli «poi parlando con il padre ho capito: questi ragazzi hanno una motivazione con una forza che le teorie manageriali non possono spiegare, qui c’è molto di più, un coinvolgimento e una motivazione intrinseca».Tuttavia entrare nel mondo artigianale in modo competitivo non è semplice. La maggior parte di questi ragazzi ha studiato e ottenuto una laurea, prima di cimentarsi nella propria impresa, e ha trovato maestri in grado di insegnare il mestiere. Insomma, chiarisce la Puricelli, non bastano i master per fare start up, ma servono maestri e dedizione.Nel caso della Tatano anche la famiglia ha contato. Il passaggio generazionale, per esempio, è fondamentale tra Elisa e suo padre, ma va modulato: nelle storie di successo nessuno ha fatto tabula rasa dell’esperienza dei genitori, ma nemmeno ha semplicemente replicato quello che trovava. Bisogna ripetere le esperienze del passato e aggiungere un elemento di innovazione.La storia di Elisa ricorda secondo l’autrice le principali caratteristiche di un modello di sviluppo economico originale e italiano. Un paradigma che si intravede nella maggior parte delle trenta storie narrate nel libro: sono imprese di piccola dimensione, con una famiglia proprietaria, capitanate da un imprenditore (appoggiato da parenti) e hanno una vocazione creativa, che si può declinare in tutti i settori: gioielli, scarpe, grappe o bomboniere. Queste caratteristiche spesso vengono ignorate dalle università italiane, che quando parlano di piccola impresa identificano problemi legati a rigidità, autoreferenzialità del fondatore e nepotismo più che alle competenze. Le stesse università sottolineano l’importanza del cambiamento continuo, invece della riaffermazione di una realtà definita, come raccontano queste storie. Il libro insomma testimonia un diverso e possibile scenario. Sì alla innovazione, ma nel rispetto della tradizione italiana del saper fare creativo: non bisogna sviluppare per forza una cultura diversa da quella presente nel paese, o come sintetizza la Puricelli «non bisogna distruggere Amalfi per fare New York».Matteo Moschella

Hackathon Hack ' n ' roll, per Spindox programmatori come musicisti: «Vogliamo scoprire “band” interessanti»

Forse non tutti sanno cos'è un hackathon. Si tratta di «un evento al quale partecipano, a vario titolo, esperti di diversi settori dell'informatica: sviluppatori di software, programmatori e grafici web» di durata, spiega Wikipedia, «variabile tra un giorno e una settimana». Il nome nasce dalla crasi tra il verbo to hack, che in senso informatico vuol dire “accedere illegalmente, attaccare”, e marathon, cioé maratona: il che allude alla prova di resistenza dei partecipanti che, specifica sempre l'enciclopedia web, «per meeting di 24 ore o più, specialmente di carattere competitivo, consumano i pasti direttamente al tavolo di lavoro, con menu a base di pizza e di energy drink, e anche il pernottamento spesso avviene nella stessa location dell'hackathon». Ma agli appassionati di computer queste spiegazioni non servono: la cosa importante è sapere che nel weekend 28-29 maggio a Torino si svolgerà un hackathon molto speciale, Hackathon Hack ' n ' Roll, promosso da Spindox – azienda che fa parte del network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti, garantendo condizioni di qualità a stagisti e neoassunti – in collaborazione con Supernova Torino / Talent Garden, Couchbase e Microsoft. E la squadra prima classificata si porterà a casa un premio di 5mila euro. Il nome dell'iniziativa nasce da un parallelismo insolito: «Proprio come capitò con il rock and roll nella cultura musicale, vogliamo scuotere le persone e portare aria nuova nel nostro mondo» spiega Paolo Costa, tra i fondatori di Spindox di cui è responsabile Comunicazione e marketing: «Un hackathon è un evento carico di energia, di quelli che ti fanno passare il sonno. Ci vai per stare insieme agli altri e per metterti in mostra. Un po’ come a un concerto di rock and roll, nel quale però tutti suonano. Sono sicuro che scopriremo molte “band” interessanti».Si tratta del primo hackathon promosso da Spindox: «La scelta di organizzare un hackathon risponde a due esigenze fondamentali» dice Costa: «Da un lato è un modo per fare open innovation, ossia di aprire il nostro ecosistema ad altri soggetti: individui o startup che hanno le competenze giuste, tante buone idee e molta voglia di emergere. Dall’altro lato con questo tipo di iniziativa contiamo di farci conoscere presso i giovani talenti dell’hi-tech». Perché Spindox è un'azienda relativamente giovane - l'anno prossimo festeggerà il suo decimo compleanno e in forte espansione: «Siamo sempre alla ricerca di persone in gamba, da inserire nella nostra organizzazione. Lo scorso anno abbiamo inserito oltre 80 nuovi dipendenti e quest’anno contiamo di assumerne altrettanti».Ciascuno dei partner nell'organizzazione dell'hackathon ha un ruolo preciso: a cominciare da Talent Garden, partner organizzativo e logistico dell’iniziativa. «Si tratta della realtà più importante, a livello europeo, nell’ambito del coworking» precisa Costa: «In particolare la scelta di inserirci nel contesto di Supernova Torino ha un preciso significato, visto che il nostro hackathon è dedicato al tema dell’infomobility e ai problemi dell’auto connessa. Fra l’altro in Supernova è coinvolta anche l’università di Torino, che ci ha offerto gli spazi di via Po. Contiamo sulla partecipazione di molti studenti». Couchbase e Microsoft sono invece i partner tecnologici: «Microsoft significa prima di tutto Azure, l’infrastruttura cloud in cui saranno configurati gli ambienti di sviluppo a disposizione di tutti i partecipanti. Con un credito di 100 dollari per ogni squadra, sarà possibile sfruttare al massimo i servizi e le risorse presenti su Azure. Ma Microsoft significa anche Windows 10 IoT, il sistema operativo che proponiamo come standard nel nostro hackathon. Quanto a Couchbase, si tratta di una tecnologia innovativa e potentissima, sempre più utilizzata per lo sviluppo di applicazioni in ambito mobile e IoT».Rispetto all'età, non vi sono vincoli anagrafici per iscriversi: inizialmente era previsto un range di età per i partecipanti, dai 20 ai 25 anni; poi a grande richiesta Spindox ha deciso di eliminare i paletti, richiedendo solo che gli hacker siano maggiorenni. «Ci sono pervenute troppe richieste di giovani sopra i 26 anni interessati a partecipare», è il commento di Costa: «Non potevamo tenere le porte chiuse».E la speranza è che anche le donne rispondano alla chiamata e si presentino a partecipare all'hackathon: «È una questione che ci sta molto a cuore. Spindox è impegnata a contrastare ogni forma di discriminazione di genere, ovviamente. Ma questo non basta: ancora oggi la cultura IT ha tratti maschili, come se il software fosse una cosa per soli uomini. Ciò è ridicolo e ci impedisce di sprigionare un potenziale enorme, che le donne possono portare nel nostro mondo».Il tema dell'hackathon è legato alla sicurezza stradale «dal punto di vista della vettura: un tema cruciale per l’industria automobilistica, che fra l’altro è sempre più sollecitata in tal senso dal legislatore europeo» specifica il manager di Spindox: «Presto entrerà in vigore una direttiva che impone a tutti i costruttori l’introduzione della scatola nera, proprio come oggi accade sugli aerei.Ma perché un appassionato di computer dovrebbe partecipare a un hackathon? «Chi è appassionato – intendo appassionato di computer, ma soprattutto di innovazione – sa perché dovrebbe farlo» risponde Costa: «Potrei ricordare che ci sono 5mila euro per la proposta che sarà valutata più meritevole dalla nostra giuria. Ma sono sicuro che non sia questa la molla. Chi partecipa a un hackathon lo fa per dimostrare a se stesso e agli altri ciò che è capace di fare» Per candidarsi c'è tempo fino a martedì 24 maggio; l'evento si svolgerà presso l'università di Torino in due giorni, il 28 e 29 maggio. Nella fase iniziale della prima giornata ciascun partecipante potrà proporre la sua idea progettuale; tutte le idee verranno messe ai voti e quell più votate saranno sviluppate. Gli “hack-maratoneti” saranno raggruppati in team formati da 4 o più persone ciascuno. Per chi arriverà da fuori Torino, le spese saranno coperte? «Tutti i partecipanti riceveranno un credito di 100 dollari da consumare sul cloud di Azure. Inoltre il vitto è interamente a carico dell’organizzazione. Quanto all’alloggio, la domanda lascia intendere che i partecipanti a un certo punto avranno bisogno di un letto per riposarsi» chiude Costa: «Ma questo non accadrà. In un vero hackathon non si dorme mai!»

Imparare a fare innovazione, Sanpellegrino lancia un “Innovation Campus” con H-Farm: candidature fino al 20 maggio

Avete già programmi per metà luglio? Se vi interessa, potreste essere tra i 18 partecipanti del primo “laboratorio esperienziale sull'innovazione” promosso da Sanpellegrino e HFarm.È possibile candidarsi fino a venerdì  20 maggio, mandando un cv ma sopratutto un “contenuto speciale” per raccontare attraverso una frase, un'immagine, un video la propria visione del concetto di innovazione. Requisiti essenziali: avere meno di trent'anni ed essere già laureati o studenti universitari. In cosa? In qualsiasi materia. Lasciare apertissima la competizione è stata una scelta strategica precisa: «Non abbiamo apposta identificato il profilo ideale, l’innovazione ha bisogno di diversità per essere nutrita» spiega alla Repubblica degli Stagisti Gabriella Carello, HR Director di Sanpellegrino: «Più che un percorso di studio quello che cerchiamo sono delle attitudini: guardare le cose diversamente, essere curiosi, aver voglia di mettere in gioco le proprie convinzioni». Il progetto si chiama “Sanpellegrino Innovation Campus” ed è pensato per permettere «di sviluppare nuove idee attraverso iniziative fuori dagli schemi e di esprimere la propria creatività nello sviluppo di idee innovative, in diverse aree tematiche e applicate a storici marchi del Made in Italy».Con queste premesse, la collaborazione con H-Farm è stata quasi naturale: «H-Farm è sinonimo di innovazione e startup, e vuole sostenere i giovani nel lancio di idee innovative» continua la Carello: «Noi eravamo alla ricerca di una location disruptive, di un modo di lavorare stimolante e fuori dal coro e la “Silicon Valley italiana” ci è sembrata la soluzione perfetta: una immersione totale in un contesto rurale per sperimentale l’innovazione».Sanpellegrino non é completamente nuova a iniziative di questo tipo: «In passato sono state organizzate delle sessioni di “digital inspiration” con il board di Nestlé», aggiunge la Carello. Ma questa è la prima volta che - grazie alla collaborazione di Sanpellegrino con il team della Digital Accademia di H-Farm, che da anni si occupa di diffusione della cultura digitale ed è ormai un punto di riferimento per studenti e professionisti - viene organizzato un vero e proprio Campus aperto ai giovani, per permettere loro di sviluppare competenze nel campo dell'innovazione e ad applicarle in project work creativi. I partecipanti seguiranno lezioni di materie come startup thinking, user reasearch & social network, design thinking, corporate storytelling, e-commerce & web marketing, presentation design. Focalizzeranno temi importanti come salute e benessere, responsabilità ambientale, qualità della vita, bambini in crescita. Le esperienze progettuali, grazie anche ad iniziative disruptive e fuori dagli schemi, saranno poi orientate alla generazione di idee per alcuni importanti brand dell’azienda tra cui Nestlé Vera, Levissima, Beltè, e naturalmente l'acqua e le bibite Sanpellegrino.Torna più volte il termine “disruptive”, ma in che senso? «Il metodo del Design Thinking richiede di seguire un percorso creativo che mette continuamente in discussione ciò che si sta ideando» risponde l'HR director di Sanpellegrino: «I ragazzi si troveranno ad affrontare attività diverse dalla semplice formazione, momenti per così dire “ispirazionali”: ma non vogliamo dare troppe informazioni, vogliamo mantenere la sorpresa!». L'appuntamento per i fortunati che verranno selezionati è dall’11 al 15 luglio nella suggestiva Ca’ Tron, la tenuta agricola di H-Farm a Roncade, in provincia di Treviso; Sanpellegrino offrirà ai partecipanti l’intero pacchetto formativo che includerà ogni spesa, viaggio compreso. «Da molti anni siamo impegnati, sia in azienda che fuori, nella valorizzazione del talento dei giovani e delle loro idee con progetti dedicati» chiude Stefano Agostini, presidente e amministratore delegato del Gruppo Sanpellegrino: «Con il Sanpellegrino Innovation Campus accompagniamo 18 ragazzi in un’esperienza formativa per aiutarli ad utilizzare due componenti fondamentali utili a emergere nella società attuale, ovvero creatività ed innovazione».

I Love Mum e gli altri: i coworking a misura di genitore

Eva Barrera ha 37 anni, «vent'anni di esperienza nella gestione di progetti culturali e tre di gavetta come mamma», come lei racconta per presentarsi. Ma il curriculum non termina qui: «da cinque mesi sono in attesa di un nuovo cucciolo». E da qualche mese è anche è founder e project manager di I Love Mum, spazio di coworking nato a Roma, quartiere Trastevere. Non uno spazio qualsiasi: accanto alle 10 postazioni di lavoro, WiFi e stampante trovano spazio bollitori, forno a microonde, area giochi e relax ed è anche disponibile un servizio di babysitting. Non è difficile intuire che I Love Mum è nato per chi, oltre a lavorare, ha un impiego ancora più impegnativo: quello di genitore.«I Love Mum nasce da un’esigenza concreta. Una mamma che lavora inizia a capire quanto sia importante ottimizzare il tempo da dedicare al proprio bambino senza sacrificare quello per il lavoro e la realizzazione in ambito sociale. Ne ho parlato con altre donne e amiche con la stessa esigenza e siamo partite».Il supporto iniziale è arrivato da un bando della Regione Lazio, «Innovazione: sostantivo femminile», dedicato allo sviluppo di idee e progetti creativi da parte delle donne. Dalla nascita, pochi mesi fa, sono stati già fatti passi in avanti: «a oggi abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, ovvero coprire tutte le 10 postazioni di lavoro del nostro spazio con abbonamenti mensili. Intanto abbiamo anche ricevuto molte richieste di collaborazione per l’apertura di I Love Mum anche in altre città italiane, vedremo…». Gli abbonamenti sono di differenti tipologie: si va dall’ingresso giornaliero a 20 euro fino ad abbonamenti settimanali al costo di 80 (comprensivi di accesso illimitato dal lunedì al venerdì, postazioni, accesso WiFi, due ore di sale riunioni, armadietto) e mensili a 200 euro. Il cammino di I Love Mum non si ferma qui: «Dopo questi primi mesi di avviamento del progetto, stiamo lavorando all’individuazione di uno spazio più grande che ci consenta di crescere sia numericamente che a livello di offerta di servizi. Per farci conoscere abbiamo lavorato molto sui social, avvalendoci però anche della comunicazione offline e del passaparola». I bimbi ospitati da I Love Mum sono al momento sette, di età compresa tra i tre mesi e i tre anni, seguiti da due educatrici. «Le porte sono aperte ai genitori quindi i papà possono usufruire del nostro spazio come le mamme, considerato però che la nostra fascia di età riguarda bimbi che spesso vengono ancora allattati al seno è più facile che vengano accompagnati dalle mamme», racconta la Barrera. Il modello «I Love Mum» sembra quindi riscuotere successo anche perché risponde a una necessità fortemente diffusa tra le lavoratrici, ossia la conciliazione tra rientro a lavoro post maternità e la ricerca di un luogo in cui lasciare i propri bimbi durante la propria attività lavorativa: «Ammesso che la donna abbia un impiego, potrà accedere ai cinque mesi di maternità obbligatoria, al termine dei quali si troverà a dover scegliere tra il tornare sul posto di lavoro e trovare un asilo nido per il bimbo e qualcuno disponibile a tenerlo fino al rientro dal lavoro. Uno degli elementi principali che emerge da molte ricerche e analisi sui servizi per l’infanzia è la scarsità e difficoltà di accesso per alcune tipologie di persone a questi servizi per la fascia d’età 0-3 anni: un segno di come l’offerta pubblica, anche se affiancata da proposte private e dall’associazionismo, non si sia ancora adattata al cambiamento dei tempi, alla maggiore flessibilità e alla conseguente precarietà che caratterizza oggi il mondo del lavoro».Una realtà simile a I Love Mum è Piano C, spazio di coworking nato a Milano nel 2012 e al quale il progetto di Roma si ispira. 30 abbonamenti all'attivo, 250 metri quadri tra open space, uffici (quattro su sei sono attualmente occupati), sale multifunzione e aree per i bambini. Quelli che frequentano il Cobaby, seguiti dall'educatrice Francesca Boriosi, hanno un'età compresa tra zero e tre anni. Il Cobaby può ospitare fino a un massimo di otto bimbi. Se si conta anche la community online sono 5mila persone circa quelle che gravitano intorno a Piano C. Porte aperte ovviamente anche agli uomini, papà e non. Un modello di successo che ha dato vita a una vera e propria rete di partner in tutta Italia legati dagli stessi principi e che si è concretizzato anche in attività di consulenza aziendale legate al tema della conciliazione vita-lavoro, su tutte maam U, che punta a valorizzare il ruolo della donna durante e dopo la maternità.Un altro spazio di coworking a misura di genitore è l’Alveare, nato nel 2014 e primo coworking di Roma con spazio dedicato ai bambini. 25 postazioni, 13 bimbi, 130 persone che vi gravitano mediamente ogni settimana. Al suo interno è possibile anche usufruire fino alle 16 di un servizio di educatrici professioniste. Nei 200 metri quadri dello spazio di Centocelle  sono disponibili uffici e postazioni, ma anche una cucina e due giardini. Nel pomeriggio e durante i fine settimana lo spazio ospita attività di varia natura, come teatro, inglese, psicomotricità. «L'alveare non è solo uno spazio per mamme, ma per entrambi i genitori» precisa Serena Baldari, tra le promotrici de L'Alveare: «Inoltre si tratta di un esempio di rivitalizzazione di spazi pubblici inutilizzati. Lo spazio che ospita il coworking è stato dato in concessione da Roma Capitale e e dal V municipio».A Bologna c'è Kilowatt, nato nel 2012, caratterizzato dalla presenza di Kw-Baby, servizio educativo sperimentale per i più piccoli, che possono giocare e imparare attraverso una formula che prevede un forte legame con la natura e l’aria aperta, nello scenario delle Serre dei Giardini Margherita.Il Melo è infine una realtà presente a Napoli, che propone servizi di cobaby e salvatempo (tintoria, take away, spesa a domicilio) e nella quale sono organizzati presentazioni di libri, feste e riunioni di associazioni. Anche in questo caso vengono proposte diverse formule di abbonamento, dal costo per singolo servizio ad abbonamenti mensili e annuali. Per Eva Barrera quello del coworking è un modello di lavoro vincente, che «rappresenta una realtà produttiva sempre più significativa in termini di occupazione e creazione di ricchezza». Tuttavia a fronte del numero complessivo di spazi di coworking in Italia quelli dedicati alle mamma sembrano al momento un po’ pochini: secondo i dati pubblicati su mycowo.com, uno degli spazi più noti di coworking presenti in Italia, sono 280 quelli presenti nel nostro Paese, la maggior parte al nord (190), seguito da centro (55) e sud (40). La Lombardia è la regione con il maggior numero di spazi.Fare qualcosa per ampliare il numero di spazi destinati alle mamme risulta sempre più fondamentale: «In questo contesto, il tema della conciliazione vita-lavoro resta nodale. Un argomento complesso e contraddittorio che investe il processo di modernizzazione delle politiche relative a donna e famiglia e che in Italia registra un sostanziale ritardo rispetto ad altri paesi europei», conclude la Barrera.Chiara Del Priore

Dal colloquio subito al responso, un sogno per chi cerca lavoro? Con l'“exponential recruiting” di Bip è realtà

L'iter di selezione, lo sa bene chi cerca lavoro, è sempre piuttosto lungo. Dall'invio del cv all'agognata proposta da parte dell'azienda di “salire a bordo”, in stage o direttamente con contratto, passano di solito diverse settimane, a volte addirittura mesi, costellati di colloqui e sopratutto di attese. Con l'inevitabile frustrazione di chi frigge per avere una risposta.Questa è la regola. Poi c'è l'eccezione. Si chiama “exponential recruiting” e a realizzarla in Italia per la prima volta è stata Bip, la più importante società di consulenza a matrice italiana. Bip, che fa parte dell'RdS network e si fregia del Bollino OK Stage per le ottime condizioni offerte ai suoi stagisti e per l'altissimo tasso di trasformazione da stage a lavoro, ha elaborato questa nuova metodologia di selezione rapida a partire dal concetto di “Design Thinking” e lo ha sperimentato poche settimane fa all'università di Trento.In un solo giorno 28 ragazzi hanno avuto l'opportunità di conoscere l'azienda, affrontare un colloquio, prove di gruppo, dimostrare il proprio valore, e per 9 di loro la giornata si è conclusa con una proposta concreta immediata. Il merito - o l'azzardo - di aver portato l'idea in Italia è dell'ingegnere informatico Angelo Proietti [nella foto a fianco], partner di Bip, che ha scoperto il “design thinking” lo scorso settembre durante un bootcamp alla d.School di Stanford dove era andato in missione per conto di uno degli amministratori delegati dell'azienda, Fabio Troiani, che gli aveva chiesto esplorare il metodo di David Kelley – il fondatore di Ideo nonché della d.School – e confrontarlo con gli approcci di progettazione maggiormente utilizzati in Bip.«Alla d-School hanno un mantra, “Show don’tell”» racconta Proietti alla Repubblica degli Stagisti: «ed è quello che stiamo cercando di fare applicando il Design Thinking ad ogni occasione di progettazione. Il recruiting è stata una ottima occasione di sperimentazione».Dal punto di vista delle risorse umane, quali sono i vantaggi dell' “exponential recruiting”? «Poter vedere direttamente al lavoro i ragazzi e in un’unica giornata farsi una idea più concreta, rispetto ad un colloquio standard, delle loro potenzialità» risponde Valeria Falconi dell'ufficio HR di Bip: «Una piccola perplessità, all'inizio, dal nostro punto di vista era quella di concentrare tutto il processo di selezione in così poche ore: temevamo che questo potesse stressare eccessivamente i candidati e quindi snaturare la loro performance in fase di colloquio»; ma alla fine i vantaggi sull'altro piatto della bilancia sono talmente numerosi che vale la pena di fronteggiare un po' di stress.  «L'“exponential recruiting” permette di esaminare canditati che lavorano in piccoli gruppi» continua Falconi, che da cinque anni lavora in Bip : «Così noi abbiamo modo di osservane dinamiche, attitudini personali e di relazione "naturali & spontanee" che durante un'intervista individuale non sono attivate o che possono essere – seppure in ottima fede – in qualche modo alterate o modificate. Quando lavori con altri non sentendoti osservato esprimi chi sei senza doverlo raccontare, come avviene invece in un'intervista one to one». La prima edizione, a Trento, è stata un successo: la blasonata università della città, che è legata a Bip da una collaborazione partita da oltre due anni - «abbiamo organizzato con loro diverse tappe intermedie per attività di recruiting che ci hanno permesso di stringere legami di fiducia e stima reciproca», racconta Falconi - aveva raccolto 45 candidature, che poi sono passate sotto lo screening degli addetti HR di Bip. 28 ragazzi sono stati selezionati e si sono presentati di fronte a un team di 5 persone: due addette HR di Bip (oltre a Valeria Falconi anche Michela Piazzolla), il director Claudio Bonacina, il partner Angelo Proietti e Alberto Gennari, che collabora con Bip in qualità in qualità di esperto di processi collaborativi sofisticati.Dei 28 partecipanti, ben 9 hanno ricevuto alla fine della giornata una proposta immediata: tutti e 9 hanno accettato e pochi giorni dopo hanno iniziato a Milano il loro stage in Bip.Già si pensa a nuove tappe: «Faremo una nuova tappa a giugno, di nuovo a Trento. Il format sarà migliorato anche sulla base dei feedback ricevuti dai candidati della prima edizione» aggiunge Falconi: «Ad esempio ci piacerebbe dedicare un giorno e mezzo all’iniziativa in modo tale da approfondire ancor di più la conoscenza dei candidati». E l'“exponential recruiting” diventerà probabilmente una pratica consueta nelle procedure HR di Bip: al momento i profili reclutati attraverso questa metodologia sono il 10% del totale di ingressi annuali (intorno ai 150) in azienda, ma «ci aspettiamo di aumentare questa percentuale a seguito di nuovi eventi di questo tipo». Si tratta certamente una buona notizia per chi cerca lavoro: questa modalità veloce di recruiting va a vantaggio dei candidati perché riduce a zero tutta la parte di "ansia dell'attesa", cioè il tempo successivo tra un colloquio e l'eventuale colloquio successivo, e per il verdetto finale, che mette molta ansia. Ma dal punto di vista dell'azienda invece fare tutto velocemente non impedisce agli HR di riflettere bene su ciascuna candidatura? Proietti è sicuro di no: «Le decisioni di recruiting devono essere prese in modo razionale e sulla base del massimo di informazioni possibili sul candidato» afferma: «Tali informazioni derivano principalmente dall’esposizione che il candidato ha con noi, sia HR sia manager, e questa esposizione nell’“exponential recruiting” è di 4 ore verso 5 persone, noi recruiter, quindi  l’equivalente di 20 colloqui tradizionali a due». “Exponential recruiting”, appunto.

Tirocini da 1200 euro al mese al Parlamento europeo, il primo bando del 2016 è aperto fino al 15 maggio

L’Unione europea offre molte opportunità di formazione ai laureati: tra Consiglio, Commissione europea, Banca centrale europea e altre istituzioni si contano una dozzina di oppportunità di tirocini all’Unione.Tra le varie opzioni spicca con oltre 1200 posti disponibili (600 per ogni "tornata") la possibilità di svolgere un periodo di formazione – con un compenso di 1220 euro al mese – al Parlamento europeo, che ha recentemente aperto il bando per la prossima selezione di giovani laureati. Per cogliere quest’occasione nel prossimo periodo disponibile, da ottobre a febbraio, c’è tempo fino alla mezzanotte del 15 maggio. Ma di cosa si tratta? Vivere per alcuni mesi a Bruxelles, Strasburgo, Lussemburgo o in altre città europee, poter osservare e prendere parte attivamente al funzionamento di un organizzazione sovranazionale. Ma anche continuare la propria formazione in un ambito internazionale, con un ruolo amministrativo, come giornalista o come interprete.Per essere selezionati a fare questa esperienza i requisiti sono chiari: il candidato ideale è un cittadino europeo, con una laurea triennale, conosce una lingua dell’Unione e non ha precedentemente fatto stage o lavorato in attività finanziate dalla comunità per più di quattro settimane (qui il regolamento).I tirocini sono di tipi diversi: si distinguono tra quelli Robert Schuman e quelli specifici per i traduttori. I primi hanno come scopo quello di «consolidare la conoscenza acquisita nei propri studi e familiarizzare con le attività dell’Unione Europea». A loro volta i tirocini Schuman possono seguire tre tipologie. Oltre a un'opzione più ampia per ogni tipo di impiego, all'interno del parlamento ci sono anche le possibilità «Giornalismo», per chi è laureato o ha esperienza nel settore, e un’opzione legata ai diritti umani, denominata «premio Sakharov» come il famoso fisico russo. I tre tipi seguono le differenti aspirazioni dei candidati, e devono essere specificati in fase di domanda.I tirocini per i traduttori sono abbastanza simili: oltre al compito del tirocinante, a cui sono legati requisiti più approfonditi di conoscenza della lingua, hanno la caratteristica di durare di meno (3 mesi invece che 5, infatti ci sono tre tornate di selezione) e di svolgersi in un’unica sede: Lussemburgo.L’iter della domanda, online per tutti i tipi di tirocini, va seguito alla lettera: è consigliabile compilare il testo con molta attenzione, perché non potrà essere modificato successivamente (prima si consiglia la lettura delle domande frequenti). Durante la compilazione non viene chiesto nessun documento o attestato: questi verranno verificati in un secondo momento. I funzionari di Bruxelles raccomandano ai candidati che la domanda venga completata in tutte le sue parti, altrimenti verrà scartata.Oltre alle esperienze di studio viene richiesta una lettera di motivazione e in quali due aree di competenza ("domain") il tirocinante voglia misurarsi (per esempio chi vuole fare il giornalista può scrivere "giornalismo". Bisogna anche scegliere tra le possibili destinazioni: oltre a Strasburgo, Bruxelles e Lussemburgo infatti ci sono gli uffici di informazione del parlamento, presenti in tutta Europa (anche in Italia). La domanda va svolta in breve tempo, il sito avvisa che dopo 30 minuti di inattività i dati vanno persi, quindi è utile raccogliere le proprie idee prima di cominciare.Una volta completata la domanda il Parlamento informa, dopo circa due mesi, dell’esito della selezione. Il candidato può essere messo in lista di attesa (ma solo il 10% di questi verrà chiamato per un tirocinio secondo il sito), ottenere un posto o ricevere una risposta negativa. In caso di offerta si verrà contattati dai responsabili dell'ufficio interessato per definire le modalità di lavoro (le date non possono essere cambiate).Il tirocinio ha regole ben definite e un rimborso spese mensile fisso, oltre a un contributo per le spese di viaggio fino alla delegazione del Parlamento. A questo si aggiungono agevolazioni specifiche per  condizioni lavorative particolari o disabilità.Ormai da anni i giovani italiani vanno all'assalto di questi tirocini: «Nel 2015 abbiamo avuto 21.185 candidati», spiega Costanze Beckerhoff dell'ufficio stampa del Parlamento, «gli Italiani sono stati il 30%, come al solito la nazionalità più rappresentata». In generale bisogna sapere che il numero di posizione aperte è determinato dai bisogni dei differenti uffici dell’organo.Visto il numero di competenze possibili, le  agevolazioni, le differenti possibili sedi e l’entità del rimborso non stupisce il numero importante dei candidati: l’ampia gamma di possibilità di apprendimento all’interno dei ruoli amministrativi attira molto!Matteo Moschella

1° maggio, nel dossier “Sempre meglio che lavorare” su Linkiesta l'identikit dei giovani italiani “refrattari al lavoro”

Al 1° maggio, la Festa dei lavoratori, la testata online Linkiesta dedica un dossier: “Sempre meglio che lavorare”. Tra gli articoli c'è anche quello di Eleonora Voltolina, direttore della Repubblica degli Stagisti, che traccia un identikit dei giovani “refrattari al lavoro”: sono circa 600mila in Italia, non sono impegnati in attività di istruzione o formazione, e dichiarano che non sarebbero disponibili a iniziare a lavorare nemmeno se venisse loro offerto un posto. Un segmento poco conosciuto che Eleonora Voltolina descrive e prova a comprendere con l'aiuto di due esperti, il demografo Alessandro Rosina e la psicologa Sara Alfieri.Gli altri articoli del dossier:La sinistra non l’ha capito: bisogna abolire il lavoro! → di Fulvio AbbateMario Draghi al concertone del primo maggio → di Maurizio MilaniI migliori Paesi per cercare un lavoro → di Lidia BarattaChiamateli nerd se volete, ma fanno i milioni coi videogiochi → di Nicola GrollaLa fabbrica del futuro e il mito del super-operaio → di Fabrizio PattiLa morte non va in crisi, ma anche per le agenzie funebri sono tempi difficili → di Marco Sarti“New Craft”: artigiani, i robot sono qui per salvarviAlle origini del workaholism → di Giovanni Maria RuggieroLa meritocrazia è pericolosa, il futuro è la raccomandazione → di Andrea Coccia