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Migliora la qualità delle assunzioni post stage, più contratti a tempo indeterminato e meno precariato

In un solo anno gli stage extracurriculari sono aumentati +53,5%, anche per effetto del programma Garanzia Giovani: nel 2015 ne sono stati attivati ben 348mila. Ma quanti si trasformano in lavoro? E sopratutto: che tipo di occupazione offrono, stabile o precaria? Insomma lo stage può essere considerato come una anticamera non solo dell'assunzione, ma della agognata stabilità lavorativa?Alcuni dati importanti si possono desumere dalle Comunicazioni obbligatorie: il ministero del Lavoro pubblica ogni anno un Rapporto, ed ha accettato di condividere con la Repubblica degli Stagisti anche alcuni dati extra-rapporto. Ne emerge un quadro tutto sommato positivo, anche se con qualche zona d'ombra. La propensione delle aziende ad assumere i propri stagisti extracurriculari (si parla, è bene ricordarlo, esclusivamente di quelli che svolgono il tirocinio al di fuori dei percorsi di studio) negli ultimi tre anni risulta essere sostanzialmente stabile: più o meno viene assunto uno stagista su quattro. In particolare, nel 2013 la percentuale era 23,5%, mentre nel 2014 e 2015 è salita al 26,4%: curiosamente, stessa identica cifra, perfino stesso decimale, per entrambi gli anni. Una vera impennata però c'è stata, nel 2015, rispetto alla percentuale di contratti a tempo indeterminato per questi stagisti assunti: prima era di poco superiore al 10% (12,3% nel 2013, 11% nel 2014), invece nel 2015 ben il 40% di coloro che sono stati assunti dopo il tirocinio ha avuto direttamente questo tipo di contratto. Non serve un esperto per correlare questo aumento all'introduzione del nuovo contratto a tutele crescenti e sopratutto ai bonus assunzioni previsti dal governo Renzi, che in questo caso sembrano aver funzionato; tantopiù che si trattava di bonus compatibili (e cumulabili!) con quelli previsti da Garanzia Giovani.Dunque la probabilità di essere assunti dopo uno stage extracurriculare è rimasta invariata negli ultimi tre anni, ma è più che triplicata la possibilità di ottenere un contratto a tempo indeterminato subito dopo il tirocinio. In particolare nel 2015, su 348mila stage extracurriculari, «il numero dei rapporti di lavoro attivati a seguito di una precedente esperienza di tirocinio è stato pari a 92mila» – cioè una media del 26,4%. Come anticipato, circa il 40% di queste assunzioni – dunque poco meno di 37mila – è stato effettuato con contratti a tempo indeterminato. Il resto si suddivide tra apprendistato (28%) e tempo determinato (29%), mentre la quota di contratti precari (collaborazioni o altre tipologie) risulta molto ridotta, poco più del 3%. Ancor più nel dettaglio, dei 92mila contratti solo l'8% è durato meno di quattro mesi, un altro 10% è durato tra i 4 e i 12 mesi. L'occupazione generata sembra dunque poter essere considerata stabile. Inoltre ci sono anche «93mila rapporti di lavoro attivati nel 2015 che seguono un tirocinio con datore di lavoro differente dal soggetto promotore del tirocinio» specifica alla Repubblica degli Stagisti Grazia Strano, direttrice generale del settore Sistemi informativi, Innovazione tecnologica e comunicazione del ministero del Lavoro. Dunque le probabilità di assunzione dopo uno stage extracurriculare per il 2015 salgono al 53%, equamente suddivise tra un 26,4% (92mila) assunzioni presso un datore di lavoro che è il medesimo soggetto ospitante del precedente tirocinio, e un 26,7% (93mila) assunzioni presso un datore di lavoro differente. In quest'ultimo caso però la percentuale di contratti precari e di breve durata è molto più alta. I contratti a tempo determinato rappresentano quasi la metà del campione (49,6%), e quelli a tempo indeterminato sono solo il 27,2%; ancor meno significativa è l'incidenza dei contratti di apprendistato (13,8%). In compenso vi è quasi un 10% di contratti precari. Inoltre, di queste assunzioni oltre un quarto (27,1%) risulta essere durato meno di 4 mesi.Andando a ritroso nel tempo: nel 2014, sui 227mila stage extracurriculari attivati, per 60mila c'è stata assunzione – la media fa appunto 26,4%. Di queste assunzioni solo l'11% – dunque 6.600 – è stato effettuato con contratti a tempo indeterminato. Il resto si suddivide tra apprendistato (40,1%) e tempo determinato (39,2%), mentre la quota di contratti precari (collaborazioni o altre tipologie) sta poco sotto il 10%. In particolare, dei 60mila contratti circa il 12% è durato meno di quattro mesi, il 27,5% è durato tra i 4 e i 12 mesi. Anche qui inoltre ci sono 70mila rapporti di lavoro attivati nel 2014 che seguono un tirocinio con datore di lavoro differente: chiamiamole assunzioni “eterogenee”, per differenziarle da quelle “omogenee” in cui lo stagista viene assunto dalla stessa azienda presso cui ha svolto lo stage. Dunque il tasso di assunzione dopo un tirocinio extracurriculare registrato nel 2014 è pari al 57,2%, suddiviso tra un 26,4% (60mila) assunzioni presso un datore di lavoro che è il medesimo soggetto ospitante del precedente tirocinio, e un 30,8% (70mila) assunzioni presso un datore di lavoro differente. Studiando le caratteristiche delle 70mila assunzioni di ex stagisti in altre aziende si scopre che la percentuale di contratti a tempo indeterminato nelle “assunzioni eterogenee” è identica (11%) a quella rilevata in caso di “assunzioni omogenee”; aumenta invece moltissimo il tempo determinato (52,9%) a scapito dell'apprendistato (solo il 19%) e sopratutto è ben più elevata la quota di collaborazioni o altri contratti atipici (quasi 17%). Anche per durata le assunzioni “eterogenee” dimostrano di essere molto più instabili: oltre 10mila (quasi il 15% del totale) risultano essere durate solo un mese; se le si somma alle 12mila di durata inferiore a 4 mesi (pari al 17,3%), è evidente che la stabilità delle assunzioni dopo uno stage in un'azienda diversa è decisamente minore rispetto a chi viene assunto nella stessa azienda dove ha svolto lo stage.Il viaggio a ritroso nel tempo termina con il 2013: in quell'anno «sono stati registrati dal Sistema Informativo delle Comunicazioni Obbligatorie complessivamente 204mila tirocini extracurricolari». Con 48mila assunzioni post stage, per quell'anno la percentuale rilevata di assunzione post stage “omogenea” è stata pari al 23,5%. Focalizzando la stabilità delle assunzioni effettuate, la percentuale di contratti a tempo indeterminato è molto simile a quella del 2014 (12,3%), così come la suddivisione delle altre tipologie contrattuali utilizzate: il tempo determinato rappresenta il 40,3%, l'apprendistato il 36,4% e la quota di collaborazioni o altri contratti atipici poco più dell'11%.  Anche in questo caso viene rilevata attraverso le Comunicazioni obbligatorie la probabilità di trovare un lavoro, dopo lo stage, in un'azienda diversa rispetto a quella dove si è fatto il tirocinio: 61mila delle persone coinvolte in stage nel 2013 hanno avuto una assunzione “eterogenea”, pari quasi al 30% – il che porta per il 2013 il tasso complessivo di assunzione dopo un tirocinio extracurriculare a 53,5%. In particolare, delle 61mila assunzioni post stage “eterogenee” del 2013, la percentuale di contratti a tempo indeterminato è di nuovo identica (12%) a quella rilevata per le assunzioni “omogenee”; aumenta invece moltissimo il tempo determinato (51,8%) a fronte dell'apprendistato (solo il 17,6%) e la quota di collaborazioni o altri contratti atipici sfiora il 18%. Si conferma dunque ancora una volta la minore stabilità di questo tipo di assunzioni: quasi 10mila assunzioni (oltre il 15% del totale) risultano essere durate solo un mese e altre 12mila (pari al 19%) hanno avuto una durata inferiore a 4 mesi.In sintesi, se la probabilità di essere assunti dopo uno stage extracurriculare non è cambiata negli ultimi tre anni (il che è un aspetto critico, sopratutto considerando la quantità di denaro investita dallo Stato per sostenere le assunzioni), si può dire però che è migliorata la qualità dei contratti che vengono offerti agli ex stagisti: il combinato disposto della nuova disciplina dei contratti a tempo indeterminato, gli incentivi economici previsti dalla Finanziaria 2015 e dal programma Garanzia Giovani hanno fatto aumentare le assunzioni post stage a tempo indeterminato e ridotto la quota di contratti precari. Un risultato positivo che per consolidarsi però dovrà confermarsi, l'anno prossimo e sopratutto quello ancora successivo, anche in assenza di incentivi economici: dimostrando che gli stage possono essere un buon strumento di inserimento lavorativo anche senza “doping di incentivi”.Eleonora VoltolinaFoto quadrata: da Flickr in modalità Creative Commons (di Abhay Kumar)Foto rettangolare di apertura: da Flickr in modalità Creative Commons (di Ilo Arab States)Foto all'interno del testo: da Flickr in modalità Creative Commons (di Nicola Zingaretti)

Artigiani con innovazione: oltre 1.800 stage con rimborso di 500 euro al mese con il progetto "Botteghe di Mestiere"

Le nuove generazioni, vuoi per fascino vuoi per necessità, rispolverano il lavoro “a bottega”. E lo fanno nella veste moderna – ma nemmeno tanto – del tirocinio. Italia Lavoro, promotrice del progetto, le ha chiamate le“Botteghe di Mestiere e dell’Innovazione”, in riferimento all’intento di reclutare artigiani 2.0, capaci di rinnovare il made in Italy raccogliendo le sfide del futuro. Cambia il nome, ma la formula è più o meno sempre la stessa. Per intenderci, quella dei Progetti Neet e Garanzia Giovani: in questo caso tirocinio semestrale rivolto a giovani disoccupati tra i 18 e i 35 anni (non compiuti), con un rimborso mensile di 500 euro.Gli aspiranti artigiani digitali hanno tempo fino al 27 luglio per candidarsi a un tirocinio. L’esperienza vedrà impegnati, entro il 31 marzo 2017, 1.815 tirocinanti in 183 botteghe di tutta Italia, concentrate soprattutto in Calabria, Puglia, Marche, Sicilia e Campania. Delle botteghe ammesse al progetto, ben 101 appartengono alla categoria agroalimentare - enogastronomia - ristorazione, in linea con l’exploit del food sulla scia dell’Expo; 31 al settore abbigliamento - moda e 29 a quello meccanico. Seguono legno - arredo casa; grande distribuzione organizzata; navale e artigianato artistico.  Ma le “Botteghe di mestiere e dell’innovazione” non sono una vera novità, se non per la parolina magica “innovazione”. Il Progetto “Spa”. (Sperimentazioni di politiche attive) attualmente in corso ha infatti come antenato il Programma Amva (Apprendistato e mestieri a vocazione artigianale), svoltosi tra il 2012 e il 2014, e chiuso con un anno di anticipo per “esaurimento risorse”, a fronte dell’esorbitante numero di domande (24.201).Una interruzione che fece scalpore, eppure dell’esito di quel piano si è detto poco o nulla. La Repubblica degli Stagisti ha chiesto allora a Italia Lavoro che fine abbiano fatto i beneficiari del Programma Amva. Ebbene, dei 3.226 tirocini attivati, secondo il monitoraggio della Società, 663 si sono conclusi con la stipula di un contratto di lavoro. In particolare, il 44% dei datori di lavoro ha scelto la formula dell’apprendistato e il 43% ha optato per contratti “a tempo determinato”, categoria comprendente i contratti di lavoro intermittente, i contratti d’agenzia, i contratti a scopo di somministrazione e i contratti di lavoro ripartito a tempo determinato. E ancora, il 7% ha scelto rapporti di lavoro “a tempo indeterminato” (sempre conteggiando i contratti di lavoro intermittente) e il restante 5% altre tipologie contrattuali, come contratti a progetto, prestazioni a partita IVA e lavoro occasionale. Il 18% dei tirocini si sono invece conclusi anticipatamente, per rinuncia del tirocinante o per decisione dell’azienda.Ma la vera notizia purtroppo è che 1.982, cioè il 61% del totale dei tirocini (non conteggiando nel computo l'alto numero di quelli non giunti a completamento) non hanno portato a nessun tipo di inserimento lavorativo: un bilancio molto magro per Amva, soprattutto a fronte dei 23,5 milioni di euro di investimento    statale – mediante fondi Spao (Sistemi di politiche attive per l’occupazione) e Pac (Piani di accumulo) - su quel progetto. A due anni di distanza, Italia Lavoro e il Ministero del lavoro e delle    politiche sociali hanno comunque deciso di ripetere l’esperienza, con alcuni aggiustamenti. Annamaria Cimino, project manager di Italia  Lavoro e responsabile del procedimento delle “Botteghe”, li ha  illustrati alla Repubblica degli Stagisti: «Nell’edizione precedente il  soggetto promotore era di Italia Lavoro, oggi lo sono - come capofila  dei raggruppamenti - soggetti del territorio, per favorire lo sviluppo di politiche sempre più vicine alle esigenze reali delle imprese e dei giovani».Ma la vera differenza dovrebbe farla la famosa parola jolly “innovazione”. In cosa si traduce concretamente, nel progetto, questo termine spesso abusato? «Si è dato spazio allo sviluppo di competenze legate al digitale e alle imprese innovative. Quindi non soltanto all’inserimento in azienda per la formazione sui mestieri tradizionali, ma anche per quelli che presentano caratteristiche più innovative, legati alle nuove tecnologie e strumentazioni, si pensi ad esempio allo studio delle materie prime usate in pasticceria per stampanti in 3D». Che cosa rappresenta dunque l’idea di “bottega” di Italia Lavoro? «Non è semplicemente il luogo dove si svolge un tirocinio, bensì un modello che riunisce al luogo di formazione l'opportunità per le imprese di fare rete, di consolidare i rapporti di aggregazione e di filiera». Inoltre il Programma ambisce a «stimolare e rendere centrale il ruolo del sistema della formazione e di rappresentanza delle imprese nel nuovo impianto delle politiche attive, e a implementare e sperimentare il vero percorso di formazione duale e di integrazione scuola/formazione e lavoro tanto auspicato dalla riforma». Resta però un punto di domanda sull'opportunità di ricomprendere in programmi come questo persone fino a 35 anni, un'età in cui sarebbe lecito aspirare a qualcosa di più che un tirocinio; e poi, data la scarsa efficacia a livello occupazionale del progetto precedente, c'è sopratutto da auspicare che queste nuove Botteghe di mestiere riescano a raggiungere migliori risultati. Rossella Nocca

Effetto Garanzia Giovani, lievita il numero dei tirocini extracurriculari

Il numero dei tirocini extracurriculari è aumentato del 53,5% dal 2014 al 2015: questa esplosione, che in numeri assoluti vuol dire 348mila stage extracurriculari attivati tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2015, deriva fortemente dall’entrata a regime dell’attuazione del programma Garanzia Giovani. In particolare, gli stage extracurriculari possono essere «di formazione e orientamento» se svolti entro i 12 mesi dal conseguimento dell'ultimo titolo di studio, oppure «di inserimento / reinserimento lavorativo» se svolti oltre quel termine.Il 47,5% del totale dei tirocini extracurriculari attivati in Italia nel 2015 sono stati svolti nelle regioni del Nord; al Centro le attivazioni sono diminuite leggermente rispetto all'anno scorso, raggiungendo una quota pari al 18,9%; al contrario al Sud si è compiuto un exploit incredibile, dato che la quota è aumentata fino al 33,7% (nel 2013 e 2014 era rimasta stabile sotto al 20%).In particolare in Sicilia l'incremento del numero dei tirocinanti è stato abnorme: +714,7%. Seguono Basilicata (+164,7%), Campania (+110,6%), Calabria (+92,1%), Umbria (+87,4%), Lazio (+79,3%), Molise (+75,8%), Abruzzo (+75,0%) e Valle d’Aosta (+64,1%). Ma si verificano anche fenomeni di riduzione dei tirocini, in particolare nelle Marche (-10,3%) e nelle Province Autonome di Trento e Bolzano (-7,9% e - 4,2%).Gli stagisti vanno prevalentemente in aziende che rientrano nel macrosettore di attività economiche denominato “Servizi” che, con più di 193mila attivazioni, rappresenta il 55,5% del totale. All'interno di questo gruppo vi sono sono due settori che fagocitano decine di migliaia di stagisti: in particolare, oltre 77mila hanno svolto nel 2015 tirocini extracurriculari nel “Commercio e riparazioni”, e 78mila in quello che unisce “Trasporti, comunicazioni, attività finanziarie e altri servizi alle imprese”.Al di là dei numeri assoluti, poi, è interessante osservare le tendenze: per esempio il settore dell'Agricoltura ha accolto solamente 6mila stagisti nel 2015, ma con un aumento molto rilevante (+59,9%) rispetto all'anno precedente. Idem per il settore delle Costruzioni (+89,6%) e quello degli Alberghi e ristoranti (+69,6%).Inoltre gli stage sono ricominciati ad aumentare anche nella pubblica amministrazione, dopo due anni di riduzione: l'aumento tra il 2014 e il 2015 è del 28,5%. Il che pone ineludibili questioni sull'utilità di svolgere periodi di formazione non curriculari in strutture che non sono in grado poi di assumere neanche una piccola parte di tirocinanti, e anzi dove spesso la presenza di questi ultimi serve a coprire buchi di organico…Tornando ai dati statistici: per gli stage extracurriculari non c'è una connotazione di genere, stagisti maschi e femmine sono sostanzialmente in equilibrio 50-50, con una lievissima prevalenza di donne che del resto si conferma di anno in anno.Seppur il tirocinio sia uno strumento di formazione e avvicinamento al mondo del lavoro pensato essenzialmente per persone prive di esperienza lavorativa, gli stagisti extracurriculari over 35 nel 2015 sono stati ben 37.500: di questi, per giunta, oltre 4.500 avevano più di 55 anni. I restanti risultano così suddivisi: 161mila under 25 (85mila maschi e 76mila femmine) e 132mila tra i 25 e i 34 anni (58mila maschi e 74mila femmine).La maggior parte degli stage extracurriculari (73,4%) ha avuto una durata tra i 3 e i 12 mesi. Vi è un 7,2% che è durato meno di un mese e un 1,7% con una durata superiore all’anno (presumibilmente stage attivati a favore di persone disabili). Per quanto riguarda l'esito, in un 12,7% dei casi gli stagisti richiedono di interrompere anzitempo il tirocinio; è raro invece (0,7%) che sia il datore di lavoro a farlo. La percentuale di assunzione post stage è 26,4%, identitica all'anno precedente: nel 2015, per la precisione, sono stati attivati 92mila rapporti di lavoro a seguito di una precedente esperienza di tirocinio.Abbiamo queste informazioni perché – purtroppo solo da un paio d'anni – il ministero del Lavoro offre uno spaccato di informazioni sull'utilizzo degli stage in Italia. Anzi, per essere precisi di una parte degli stage: quelli extracurriculari, svolti cioè al di fuori dei percorsi di studi. Lo fa attraverso un capitolo ad hoc del suo Rapporto annuale sulle comunicazioni obbligatorie, che traccia una panoramica del mercato del lavoro italiano basata su quei documenti che obbligatoriamente devono essere compilati ogni volta che si attiva o si interrompe un rapporto di lavoro o un tirocinio extracurriculare.Nel Rapporto 2014 si trattava solo di un boxino di un paio di pagine dedicato al tema, contenente esclusivamente un dato numerico sui tirocini dell'anno precedente e dell'anno ancora prima – senza informazioni relative poi alla trasformazione in contratti di lavoro: «Nel 2013 sono stati registrati complessivamente 204mila tirocini extracurricolari, a fronte dei 185mila del 2012». Stop.Un po' più dettagliato il Rapporto 2015: «Nel 2014 gli individui interessati da almeno un’attivazione di tirocinio sono stati circa 210mila (+10,6% rispetto al 2013). Nel 2014, infatti, il numero dei rapporti di lavoro attivati a seguito di una precedente esperienza di tirocinio è stato pari a 60mila». Dunque: 227mila tirocini attivati per 222mila stagisti (il piccolo scarto è relativo a qualche persona ne ha anche fatti più di uno nello stesso anno).Il 2016 vede la diffusione dello stage continuare la sua crescita - 348mila tirocini attivati, come si diceva, per 329mila stagisti - anche se i dati sono evidentemente “dopati” dalla promozione di questo strumento avvenuta attraverso il programma Garanzia Giovani. Sarebbe interessante poter fare un confronto con l'uso degli stage curriculari; ma questi non vengono indagati, e l'ufficio statistico del ministero dell'Istruzione non possiede dati in proposito. Si tratta di una grave lacuna che andrebbe al più presto colmata: per poter analizzare il fenomeno dello stage in Italia a tutto tondo, e non solamente in maniera parziale.

«Cerco un'azienda in cui usare il cervello e che investa su di me»: il dietro le quinte di Meet the future, l'evento di recruiting di EY

La giornata si apre a fine mattinata: invece del solito iter di selezione, inizia un mega evento per mettere i candidati direttamente sul banco di prova. Lo ha fatto EY con 'Meet the future' a Roma qualche giorno fa (e c'è stata anche una data milanese). Così, nel giorno del match Italia-Spagna gli studenti e neolaureati che si sono distinti per la miglior performance online preliminare hanno riempito gli ex magazzini del Foro Italico, oggi Officine Farneto. Un enorme capannone immerso nel verde e circondato da una terrazza. Stile industriale e avanguardista, perfetta cornice per i meeting dedicati all'innovazione.Bandendo le formalità che caratterizzano di solito il primo contatto tra candidati e aziende, la multinazionale ha convocato circa 70 ragazzi (altrettanti la volta precedente a Milano) filtrati attraverso un quiz online sui temi del marketing e del digitale. «Parallemente abbiamo chiesto loro di registrarsi sul sito e di mandarci il cv» spiega Annalisa Lucarelli, responsabile recruiting ed employer branding di EY. «E la sorpresa è stata scoprire al momento dello screening finale che i profili erano coincidenti con quello che cercavamo: laurea in economia, ingegneria, informatica, matematica e statistica e interesse per il digital». Il primo impatto smentisce subito l'idea di chi non avverte nelle nuove generazioni sufficiente energia. Si respira anzi voglia di fare, dinamismo, concentrazione. Con un clima, nonostante di mezzo ci sia una corsa verso posti di lavoro, tutto fuorché di tensione, ma più simile a una festa: ragazzi vestiti di tutto punto, aperitivo, musica, chiacchiere (immancabile maxischermo per godersi insieme la partita). E nel frattempo un business case da risolvere. Sotto la guida dei mentor i partecipanti vengono divisi in gruppi, e viene chiesto loro di lanciare un progetto di e-commerce per costumi da bagno con un budget di 125mila euro. Obiettivo: studiare il target, strutturare la campagna, trovare i canali social per diffonderla, creare un video di presentazione per il cliente.Le riprese sono poi proiettate davanti a tutti, tra commenti divertiti, entusiasmo e un po' di inevitabile timidezza. Alla valutazione da parte dei recruiter segue anche qualche bonaria tirata di orecchie: «Dovete presentare il vostro team al cliente, è la prima cosa». E ancora: «Il lavoro va suddiviso in fasi, servono degli step, dovete spiegare come vi muoverete». «Bisogna cercare informazioni sul mercato di riferimento». Poi la proclamazione del vincitore, il team giallo. Tra i gialli c'è Fabiola Tammaro [nella foto sopra], 26enne di Avellino. È spigliata e ha uno sguardo determinato: ha archiviato la sua laurea in geologia per un amore improvviso per la consulenza scoppiato a seguito di un master in economia a Londra: «Lì per il marketing non conta niente la provenienza accademica. Ci sono manager che hanno studiato chimica». Viene dal liceo scientifico, è un po' pentita della scelta universitaria fatta («a 19 anni idee dettate più dalla passione che dall'esperienza»), ma non di aver optato per il campo scientifico: «Con il senno di poi sceglierei però un percorso che dia più sbocchi come economia o ingegneria». Adesso per lei e decine di coetanei impegnati nel business game si prospetta l'inserimento in una delle big four della consulenza, tramite stage o contratti di lavoro. «Una ragazza che aveva un paio di anni di esperienza è stata già assunta a Milano» specifica Lucarelli. «Abbiamo posizioni aperte già da subito, altre che si apriranno dopo l'estate: l'obiettivo è arrivare a immettere quasi tutti  coloro che abbiamo incontrato agli eventi di Roma e Milano».Non un «vi faremo sapere» insomma, ma una vera e propria call. Un sogno per tanti dei partecipanti. Una è Antonella Di Luca, romana, 23 anni, studentessa di Business Administration a Tor Vergata con aria sognante, che vorrebbe «un'azienda in cui usare il cervello, applicare le conoscenze teoriche dell'università e che investa su di me: in EY si imparano in due anni cose che altrove si assimilano in molto più tempo». «È come un ciclo continuo di apprendimento» le fa eco Giorgia Pannimiglio, coetanea all'ultimo anno della magistrale in Corporate Finance alla Luiss [con Antonella Di Luca nella foto a destra], look informale: «Mi piace molto studiare ed è importante per me che ci sia formazione». E continui stimoli: «Nella consulenza si cambia di continuo progetto e team di lavoro, si va avanti per obiettivi, che è come io organizzo la mia stessa vita. Mi sento affine per personalità a questo mestiere».Pierpaolo Paoloni [a destra nella foto sotto insieme ai compagni], timido e brillante 24enne di Fermo (a lui il primo posto nella competizione online), specialistica in Bocconi in Marketing Management, è attirato dal settore della consulenza «perché si può lavorare in diversi campi e business, espandere la propria conoscenza su diversi mercati». Anche l'ambiente di lavoro fa la sua parte: «So che si può contare su un clima di serenità, per questo mi attrae il modo in cui lavorano» dice con piglio sicuro Massimiliano Scarpa, 25 anni, laureato alla Federico II di Napoli. «L'ambiente è giovanile e innovativo, in più vogliono fare digital branding, che è quello che un giovane di oggi cerca». Massimiliano, che ha alle spalle stage come business analist, riflette anche sull'importanza di questi incontri, che «insegnano soft skills, tra cui fare public relation». «Non ho idea di come finirà», ammette Renzo Tarantino, 25 anni e laureato a pieni voti in management aziendale all'università di Lecce [al centro nella foto]. Parla disinvolto e si dice soddisfatto perché «abbiamo lavorato su come organizzare al meglio la campagna, anche se in modo improvvisato».Tra i partecipanti insomma poca rassegnazione, tantomeno voglia di scappare dall'Italia temendo di non avere un futuro. Per Fabiola «se una persona è tenace e si impegna le viene data la possibilità di dimostrare quanto vale». Alla condizione però di «coltivare interessi, essere diversi dagli altri. Fare la differenza aiuta». Un capitale umano che non è sfuggito a EY, che fa parte del circuito di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti. E non a caso premiata quest'anno con un AwaRDS per la «miglior performance di assunzioni dirette di giovani» con il  71% di assunzioni post stage e  477 giovani assunti direttamente, lo scorso anno, senza nemmno passare per lo stage. Ilaria Mariotti 

L'università italiana si apre al digitale: grazie a EduOpen formazione e aggiornamento alla portata di tutti

Con un ritardo non indifferente rispetto a quanto accade oltreoceano, l’università italiana può finalmente festeggiare la prima piattaforma mooc che potrebbe rivoluzionare il modo di fare aggiornamento e alta formazione. Si tratta di Eduopen, una piattaforma creata da 14 atenei pubblici italiani in collaborazione con il ministero dell’istruzione, che ne ha sostenuto e finanziato la creazione con i consorzi Cineca e Garr.L’università di Foggia svolge il ruolo di ateneo capofila e coordina il network insieme al consorzio EduNova, il centro interateneo che aggrega le università di Modena e Reggio Emilia, di Ferrara e di Parma nato a febbraio 2012. Oltre a queste quattro università, fanno parte del progetto gli atenei di Genova, di Perugia, del Salento, di Catania oltre alla Bicocca di Milano, la Libera università di Bolzano, Ca’ Foscari di Venezia, l’università Politecnica delle Marche, l’Aldo Moro e il Politecnico di Bari. L’obiettivo è quello di offrire a tutti gratuitamente l’opportunità di seguire percorsi formativi digitali di alta qualità. Nel resto del mondo le più importanti università lo fanno già dal 2008, grazie proprio ai mooc, cioè ai massive open online courses (i corsi online aperti a tutti). Da noi si raggiunge questo traguardo così tardi probabilmente per la grande diffidenza che gli atenei pubblici hanno sempre avuto nei confronti dei corsi online, in Italia erogati dalle università telematiche private. Che in questo senso si sono sviluppate rispondendo a una domanda del mercato, l’apprendimento online, con costi spesso molto elevati per gli studenti. E invece EduOpen (nella foto sotto il team) è proprio qui che farà la differenza. Perché consentirà una formazione superiore e long life senza far spendere soldi agli iscritti, o facendone spendere pochissimi. La frequenza, quindi, è aperta e gratuita per tutti e al termine del corso si possono ottenere vari livelli di certificati: dall’attestato di partecipazione (sempre disponibile) ai crediti formativi universitari. Se l’attestato viene rilasciato gratuitamente, per ottenere i crediti universitari o un certificato verificato bisogna, invece, fare un esame o una prova al termine del corso e un versamento di un contributo di 50 euro. La piattaforma offre due tipi di corsi: quelli più essenziali, che hanno una durata media tra le tre e le cinque settimane e i “pathways”, ovvero dei percorsi più lunghi che possono portare all’acquisizione di crediti formativi universitari. Inizialmente il catalogo comprendeva una settantina di corsi, adesso, vista anche la pausa estiva delle università, quelli che si possono seguire sono 36, mentre altri quattro sono in partenza a settembre e di questi è possibile fare la preiscrizione. Si va dai corsi di matematica per principianti al corso di data mining, dalle lezioni per imparare l’inglese ai fondamenti di informatica.    Tutti i corsi sono distribuiti in creative commons, il che significa che non hanno diritti d’autore e possono essere riprodotti con il solo obbligo di citare la fonte. E i potenziali destinatari non sono solo le persone desiderose di avere un’informazione universitaria o i professionisti che vogliono aggiornarsi su alcune tematiche. Perché come ha spiegato il professor Pierpaolo Limone, delegato alla didattica e all’e-learning dell’università di Foggia durante la conferenza stampa nazionale di presentazione del progetto «Via via copriremo tutte le discipline di base insegnate nei nostri dipartimenti e quindi i mooc svolgeranno anche una funzione di orientamento alla scelta universitaria. Sarà possibile frequentare dei corsi mentre si è ancora iscritti agli ultimi anni della scuola superiore, sostenere un esame e acquisire dei crediti formativi da spendere poi nella carriera universitaria». EduOpen «mira a creare una rete nazionale e internazionale di creatività e innovazione nel settore didattico e tecnologico e ritiene l’open education una sfida per la formazione universale delle università nel contemporaneo contesto culturale». Per seguire i corsi basta registrarsi al portale o accedere con le proprie credenziali, se si è già uno studente universitario, consultare il catalogo e seguire il corso che più si adatta alle proprie esigenze.Il progetto è stato finanziato dal ministero dell’istruzione con 100mila euro attraverso il decreto ministeriale del novembre 2014 ed è stato lanciato nell’aprile 2016, grazie anche a investimenti di cofinanziamento degli atenei che aderiscono al piano. La sfida, quindi, è appena all’inizio e con l’avvio del nuovo anno accademico, dopo l’estate, si avrà il vero banco di prova. Anche se al momento già si possono festeggiare gli oltre 7mila iscritti.C'è sicuramente ancora molta strada per aumentare l’accesso alla formazione per gli italiani; ma questo progetto sembra essere un buon inizio verso l’apertura della conoscenza a tutti e l’interattività degli atenei.Marianna Lepore

Garanzia Giovani, l'Unione europea rifinanzierà il programma malgrado i risultati deludenti?

Così non va, ma abbandonare sarebbe peggio. Questa, in sintesi, la posizione europea sulla Garanzia Giovani. Il merito di aver rimesso al centro del dibattito la questione dell'iniziativa europea da 6 miliardi avviata tra il 2013 e il 2014 per contrastare la disoccupazione giovanile - attualmente in corso praticamente in tutti gli stati europei - è di uno dei più giovani eurodeputati, l'italiano Brando Benifei, che ha presentato nei giorni scorsi una interrogazione orale sul tema. Risultato: un vivace dibattito e due notizie. La prima è che la Commissione europea sembra intenzionata a rifinanziare la Youth Employment Initiative, anche se ancora non è sicuro, né é chiaro eventualmente con quanti soldi e a quali condizioni. La seconda è che quasi tutti gli europarlamentari raccontano, per il proprio Paese d'origine, la stessa storia: Garanzia Giovani implementata in maniera deludente, ci vorrebbe più coordinamento europeo e un occhio più severo nel controllo dei risultati raggiunti. «Sebbene la relazione comune sull'occupazione per il 2016 sottolinei che la Garanzia per i giovani è divenuta un motore di miglioramento della transizione dall'istruzione al mondo del lavoro e di riduzione della disoccupazione giovanile» scrive Benifei nella sua interrogazione «le percentuali sono ancora molto elevate». L'Ue ne è consapevole: «Il 7 marzo 2016 il Consiglio "Occupazione, politica sociale, salute e consumatori" (EPSCO) ha approvato dei messaggi essenziali sul futuro orientamento della Garanzia per i giovani nel periodo successivo al 2016» ricorda Benifei: «La Commissione intende presentare una relazione di attuazione a ottobre». Fino ad allora, il documento ufficiale di ricognizione sull'andamento della Garanzia Giovani resta quello emesso a marzo 2015 dalla la Corte dei conti europea.Su queste basi, Benifei ricorda che «gli Stati membri erano tenuti a completare la prima valutazione dell'Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile entro dicembre 2015», chiedendo alla Commissione di «informare il Parlamento circa i principali risultati di tali valutazioni, anche per quanto riguarda la corretta attuazione dei sistemi di Garanzia per i giovani, la qualità delle offerte e la sostenibilità dei risultati». Queste informazioni saranno «indispensabili» quando - tra poco - verrà avviata la «discussione sulla revisione del quadro finanziario pluriennale».Inoltre l'interrogazione pone esplicitamente alla Commissione il tema di un giudizio sulla «implementazione dei sistemi di Garanzia per i giovani e l'utilizzo dei finanziamenti» e una domanda secca: la Commissione vorrà ri-«finanziare la Garanzia per i giovani, anche attraverso un ampliamento dell'Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile»? Non altrettanto secca è la risposta di Marianne Thyssen, 61 anni, europarlamentare belga del Partito popolare da un quarto di secolo e oggi Commissaria europea al Lavoro: «Combattere la disoccupazione giovanile resta una priorità assoluta per la Commissione. La Garanzia Giovani è un driver per una vera riforma: è l'elemento centrale nei nostri sforzi per facilitare la transizione dalla scuola al mercato del lavoro, e ha già iniziato a portare risultati. Nel 2014 tutti gli Stati membri hanno presentato i loro piani di attuazione, identificando con precisione le misure da adottare: l'attuazione dei piani nazionali è ora in corso. Gli Stati stanno compiendo notevoli sforzi, rafforzando i loro servizi per l'impiego pubblici per migliorare l'apertura verso le persone più lontane dal mercato del lavoro e costruendo partenariati più stretti con il settore privato per aumentare il numero e migliorare la qualità delle offerte di lavoro e le opportunità di tirocinio». Ma non è detto che l'UE ci metterà altri soldi: «La prossima relazione sui progressi compiuti nell'attuazione e la revisione intermedia del QFP forniranno l'occasione per riflettere su come ulteriormente fornire un sostegno finanziario». Anche se su questo punto Benifei è moderatamente ottimista: «Dispiace leggere nei documenti preparatori del bilancio 2017 che la Commissione non preveda di includere nuovi stanziamenti per l'Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile per i prossimi anni, ma credo che la valutazione di medio periodo sulla Garanzia giovani, insieme alle parole anche dette oggi dalla Commissaria, dimostreranno che questo strumento è essenziale per far funzionare i programmi», anche per «superare la logica emergenziale nella gestione del problema». Resta ferma «l'intenzione della Commissione di guidare l'Unione europea verso l'equità sociale» assicura comunque la Thyssen: «Questo significa che nessuno deve essere lasciato indietro, in particolare i nostri giovani. L'Europa non può permettersi di lasciare che il capitale umano che i nostri giovani rappresentano vada sprecato».     Sprecati, per ora, sembrano però essere molti dei fondi di Garanzia Giovani, finiti a finanziare meccanismi poco efficienti. E infatti è pressoché univoco il rimprovero degli eurodeputati alle modalità poco efficaci di implementazione delle azioni di Garanzia Giovani nei singoli Stati: «La Garanzia Giovani è uno strumento essenziale ma l'effetto è ancora modesto» dice Thomas Händel, 64enne eurodeputato del Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea  e oggi presidente della  Commissione per l'occupazione e gli affari sociali: «L'eliminazione della disoccupazione giovanile è in primo luogo di competenza degli Stati membri. E' chiaro che i livelli europei possono avviare, accompagnare finanziariamente e coordinare: ma sono gli Stati membri a dover reagire: e questa è ovviamente la debolezza. Abbiamo perso un'intera generazione, una generazione che sta perdendo la fiducia nell'Europa». Anche Benifei sostiene la «necessità del coordinamento istituzionale. La Garanzia giovani non può funzionare senza un lavoro efficace che parta dal livello europeo, vada agli Stati membri e arrivi alle autorità locali e regionali». Varie organizzazioni che operano sul territorio – tra cui il Forum europeo dei giovani, Age Platform, Coface, il Forum europeo delle disabilità, ISPD, Eurocities, la Confederazione europea dei sindacati – sono firmatarie, ricorda Benifei, di una dichiarazione congiunta sulla Garanzia giovani che invoca l'immediata proroga dell'Iniziativa, un continuato impegno finanziario e un deciso passo in avanti nel verificare che le offerte siano di qualità, unico vero percorso per assicurare la sua sostenibilità di lungo periodo, insieme a una riduzione del carico burocratico per le imprese partecipanti.Tre i temi specifici emersi grazie agli interventi di altrettante eurodeputate. Elisabeth Morin-Chartier, 69enne eurodeputata francese del Partito Popolare, pone «la questione della fascia di età 25-30 anni: che è successo a questi giovani?». Marian Harkin, 63enne del Gruppo dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa, è indignata perché nel suo Paese la Garanzia Giovani non è aperta ai disabili: «Ho segnalato alla Commissione che i giovani con disabilità in Irlanda non sono in grado di accedere alla Garanzia Giovani; ma la Commissione ha dato per buona la risposta del governo irlandese, e cioè che i giovani con disabilità abbiano accesso ad altri programmi. Eppure il punto della Garanzia Giovani è che è una garanzia per tutti i giovani: non ci devono essere eccezioni. Dobbiamo agire affinché questa discriminazione sia immediatamente interrotta».La 38enne grillina Laura Agea, che nell'Europarlamento fa parte del  Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia diretta, è invece convinta che Garanzia Giovani «non è la strada: a fronte dell'impegno economico stanziato per questa misura, i risultati sono estremamente deludenti». E denuncia: «Tanti giovani mi scrivono che, a un anno di ingresso nel percorso Garanzia Giovani, non sono stati ancora pagati e mi chiedono perché e se è normale. No, non è normale!». Certamente non è accettabile che, a causa di intoppi burocratici, a farne le spese siano i giovani beneficiari della misura. (In effetti, la Repubblica degli Stagisti da mesi segue la questione dei ritardi che si stanno verificando in alcune Regioni).In linea generale però i sostenitori del proseguimento dell'iniziativa sembrano più numerosi dei detrattori. «La disoccupazione giovanile non è un tema che riguarda solo l'Italia meridionale. Anche in un paese abbastanza ricco e integro come la Svezia abbiamo grossi problemi» dice per esempio Marita Ulvskog, 65enne eurodeputata svedese del Gruppo dell'Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici: «Penso che sia molto importante che si continui a investire su questo tipo di programma».Terry Reintke, eurodeputata tedesca del Gruppo Verde, 29 anni, cita il caso Brexit ricordando che «i giovani in schiacciante maggioranza hanno votato per rimanere nell'Unione europea. Vogliono dare forma al futuro dell'Europa insieme; vogliono l'Ue per risolvere i problemi politici di oggi e lottare per il loro futuro» ma anche che «purtroppo molti giovani, soprattutto quelli che sono disoccupati, non sono andati a votare: si sentono staccati dai processi politici. Proprio a questi giovani dobbiamo fornire risposte. La Garanzia Giovani è una delle aree concrete in cui dobbiamo impegnarci per creare prospettive per coloro che si sentono lasciati indietro».     «In Spagna abbiamo più di un milione di giovani disoccupati e la Garanzia Giovani ne ha raggiunti appena 60mila. Dov'è la garanzia? Si tratta di una promessa che abbiamo fatto e abbiamo disatteso. Da difensori del programma diciamo però che abbiamo bisogno di cambiarlo da cima a fondo, anche obbligando gli Stati membri a rispettare i requisiti minimi delle linee guida sull'occupazione di qualità» tuona Sergio Gutiérrez Prieto, 34enne spagnolo del Gruppo dell'Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici. E la sua connazionale e collega di partito Clara Eugenia Aguilera García rincara la dose: «Questa iniziativa è importante ma non funziona. La misura scelta dal governo spagnolo - un bonus di 300 euro agli imprenditori per contributo alla sicurezza sociale - è assolutamente inefficace, com'è già dimostrato in altri programmi. Per conto dei giovani disoccupati spagnola noi chiediamo di cambiare questo programma perché esso abbia un futuro».«Vi sono Stati membri dell'Unione in cui la disoccupazione giovanile è inferiore al 10% e altri Stati in cui è superiore al 30-40%: dovremmo fare di più per migliorare lo scambio di migliori prassi tra gli Stati membri dell'Unione, al fine di dare ai giovani europei l'opportunità di far parte dei migliori programmi che esistono in Europa, nel loro Stato membro o in un altro» suggerisce Siegfried Mureşan, eurodeputato romeno 35enne del Gruppo del Partito Popolare Europeo (Democratici-Cristiani): «Ma cosa sta facendo la Commissione al fine di migliorare lo scambio di migliori pratiche tra gli Stati membri dell'Unione?» Altro tema interessante sollevato da Mureşan, e ripreso anche dalla portoghese Sofia Ribeiro, è quello della necessità di una valutazione non solo quantitativa ma anche qualitativa dei risultati: «Verificare quanti posti di lavoro stabili e ben pagati sono stati creati».        «Nel mese di maggio di quest'anno rispetto a maggio dello scorso anno ci sono stati 503mila meno giovani senza lavoro. Questo è il tasso di disoccupazione più basso per i giovani dal marzo del 2009: penso che sia qualcosa di positivo» commenta la commissaria Thyssen. Rigettando al mittente le critiche sui ritardi nella presentazione dei documenti di monitoraggio: «Siamo nei tempi» chiude: «Gli Stati membri sono stati invitati a consegnare a fine maggio i dati, che sono dunque già stati raccolti o in corso di consegna. Ora verranno elaborati e su questa base prepareremo una relazione, che ci permetterà di capire come sta andando la Garanzia Giovani e se sarà il caso di dedicarvi ancora fondi specifici. Non sono felice, perché c'è ancora il 18% di disoccupazione giovanile. Ma sono soddisfatta che si vada avanti. Vediamo i progressi di mese in mese e il coinvolgimento di un gran numero di giovani che alla fine trovano lavoro».Tutto rimandato dunque a ottobre, per sapere se l'esperienza di Garanzia Giovani si chiuderà o no.Eleonora Voltolina

Best Stage 2016, pronta per i lettori della Repubblica degli Stagisti la guida per orientarsi nel mondo del lavoro

È pronta la nostra guida Best Stage 2016. Da oggi la potete scaricare qui, sul nostro sito, gratuitamente come sempre. L'anno scorso sono stati oltre 30mila i nostri lettori che hanno scelto di consultarla.Anche quest'anno troverete informazioni sintetiche e precise su come orientarvi nel mondo dello stage e del lavoro; così come l'anno scorso avevamo dedicato un approfondimento sulle opportunità di stage all'estero, in agenzie europee ed organismi internazionali, quest'anno ci sono due focus specifici sul mestiere della consulenza e sull'alternanza scuola-lavoro.La sezione delle aziende virtuose che fanno parte dell'RdS network è stata aggiornata e conta quest'anno 35 aziende, contro le 31 dell'anno scorso: come di consueto queste aziende si rendono completamente trasparenti, raccontando come usano lo strumento dello stage, quali sono le condizioni economiche che offrono ai giovani, qual è la percentuale di assunzione post stage che hanno raggiunto nel 2016, e se hanno effettuato assunzioni di under 30 anche al di là del canale dello stage. Inoltre, da quest'anno alcune aziende segnalano anche il loro impegno sul tema dell'alternanza scuola lavoro (cioè dell'ospitalità a studenti di scuole superiori per brevi stage).Per ogni azienda troverete dunque una pagina con una breve descrizione e i dettagli della policy sugli stage; inoltre per alcune vedrete il "Bollino OK Stage", il riconoscimento che la Repubblica degli Stagisti attribuisce alle aziende che rispettano in toto la Carta dei diritti degli stagisti (e in particolare che sono riuscite a raggiungere, nel 2015, un tasso di assunzione post stage pari almeno al 30%). In alcune pagine azienda vedrete segnalato anche il simbolo di uno o più AwaRDS, i premi speciali che conferiamo ogni anno ad alcune aziende che si sono particolarmente distinte (qui l'elenco completo delle vincitrici 2016).La consueta sezione delle Regioni contiene le informazioni più aggiornate sulle normative regionali e sui numeri del fenomeno stage regione per regione. Qui il dato più importante è un aumento del numero dei tirocini rispetto agli anni passati, dovuto a una impennata di quelli extracurriculari per effetto dell'iniziativa Garanzia Giovani.Infine torna la sezione FAQ, con le domande che più frequentemente ci arrivano da voi lettori attraverso il Forum. Con questa serie di domande/risposte cerchiamo di chiarire i dubbi più comuni, e anche di affrontare alcune questioni particolari; le FAQ di quest'anno sono aggiornate e contengono nuovi temi, come per esempio la risposta alle domande "C’è bisogno di certificati medici o di permessi speciali per le assenze?" oppure "Uno stagista è obbligato a presentarsi in giorni festivi se gli viene chiesto di farlo?".Potete scaricare a vostra scelta la versione in bassa definizione (che pesa più o meno 3 megabyte e si scarica velocemente) oppure quella in alta definizione (che pesa 30 megabyte): la differenza sostanzialmente sta solo nella minore o maggior definizione delle immagini. Buona lettura!E per un po' di amarcord...qui la guida Best Stage 2014e qui quella 2015!

La Scuola di politiche al servizio dei giovani: nuovo bando aperto fino al 3 luglio, quattro ottimi motivi per candidarsi

Un paio di mesi fa sono stata invitata a parlare alla Scuola di politiche dell'Arel, il progetto voluto da Enrico Letta per offrire una formazione politica ai più giovani e diretto dal deputato Marco Meloni. È aperto in questi giorni il bando per la seconda edizione della Scuola, c'è tempo ancora fino al 3 luglio per candidarsi; nelle righe che seguono voglio spiegare perché se avessi vent'anni correrei a candidarmi, e perché sto suggerendo a tutti i ventenni alla mia portata di farlo.Primo, perché si imparano tantissime cose interessanti. La scuola offre l'opportunità di seguire seminari di eccezionale valore didattico; in alcuni casi i docenti sono studiosi eminenti, personaggi che hanno ricoperto e ricoprono incarichi-chiave nelle amministrazioni pubbliche e nei governi. Solo per fare qualche nome:  Emma Bonino, Pascal Lamy, Herman Van Rompuy, Marc Lazar, Sabino Cassese, Giorgio Napolitano. Sì, persone così.Secondo, perché è una scuola di respiro internazionale, che insegna e pungola a guardare al di là dei confini italiani, imparando come funzionano le amministrazioni, le competizioni elettorali, i dibattiti dell'opinione pubblica in altri Paesi. Una modalità di studio e approfondimento che apre la mente.Terzo, perché è divertente e appassionante. Negli occhi dei 100 ragazzi che ho incontrato durante il mio seminario ho visto energia, intelligenza, curiosità; non solo per le tante cose apprese, ma anche per la modalità. La possibilità di incontrare giovani al di fuori del proprio cerchio e della propria comfort zone: lontani per geografia, indirizzo di studi, inclinazioni, gli allievi della scuola di politiche si trovano a fare questo percorso insieme e imparano l'uno dall'altro, alcuni diventano amici; sicuramente faranno network, negli anni a venire, si scambieranno informazioni e sostegno, e questo li renderà più forti.Ultimo punto, perché la scuola di politiche dell'Arel  é economicamente sostenibile. Non significa che sia gratuita: a ciascun allievo corrisponde una retta, il cui valore è stabilito in 1000 euro. Ma questi soldi non sono chiesti agli allievi; per il primo anno se ne é fatta interamente carico l'Arel; per i prossimi venturi si cercherà di coinvolgere sempre più sponsor pubblici e privati che, con donazioni, contribuiscano con piccole o grandi quote a coprire l'ammontare delle rette, permettendo che questa scuola resti non onerosa per i ragazzi. Per quest'anno, anche se non si dovessero raggiungere i 100mila euro di contributi, comunque l'Arel garantirà la copertura.E dunque, consiglio spassionato: controllate se avete i requisiti per candidarvi (c'è tempo fino a domenica 3 luglio), e se non li avete, diffondete la voce ai giovani che conoscete che potrebbero essere in linea: questa scuola é un'occasione importante, e non certo soltanto per chi sogna di lavorare nella pubblica amministrazione.Eleonora Voltolina

Alternanza scuola-lavoro, quest'anno mezzo milione di studenti coinvolti: il prossimo si raddoppia

Per la Repubblica degli Stagisti è l'evento più importante dell'anno: si tratta di Best stage, giunto alla terza edizione e pensato per «fare il punto sulla situazione sul tema dell'occupazione giovanile in Italia, fulcro dell'attività giornalistica della testata» ha spiegato la direttrice Eleonora Voltolina. Per il 2016, dopo Garanzia giovani e Jobs Act, protagonisti della precedente rassegna, il tema al centro del dibattito è stata la formazione, in particolare l'alternanza scuola lavoro. Che non è una novità: esiste da anni ma con la Buona Scuola entrata in vigore quest'anno si è istituzionalizzata diventando obbligatoria (per ora in fase sperimentale), sia per i licei – con 200 ore all'anno – che per gli istituti professionali – che dovranno 400 ore. Si tratta per entrambi di un tetto minimo da spalmare negli ultimi anni scolastici.«I ragazzi ne sono entusiasti, tornano motivati perché si rendono conto delle potenzialità» ha raccontato la preside dell'Istituto milanese Galileo Galilei Annamaria Borando. In atto c'è un «cambiamento radicale, non si concepisce più come un qualcosa per dopo le lezioni, ma come un contatto necessario per riempire il percorso scolastico». E «per i professori è stato lo stesso, si sono resi conto della presenza di contenuti talvolta obsoleti». Bilancio positivo anche per Fiammetta Magugliani di Sic [nella foto a destra], piccola azienda membro ormai storico dell'RdS network. Agli studenti si dà la possibiltà di «conoscere situazioni che a scuola vengono raccontate ma che non sono vissute». In più c'è una parte educativa: si prende confidenza con temi come il «rispetto delle regole e dell'orario, la collaborazione tra colleghi», che arricchiscono la preparazione.Una delle criticità principali è modificare la forma mentis, specie per i licei orientati per definizione più alla teoria che alla pratica. Il rischio da sventare è quello di pensare di «progettare l'alternanza scuola lavoro solo per le aziende dal grande fatturato e non per le piccole e medie imprese, che sono la spina dorsale del sistema italiano» ha sottolineato Voltolina: «La grande impresa non potrà mai assorbire tutta la mole di studenti». Effettivamente, ha spiegato la preside Borando, ci sono «difficoltà a costruire una progettazione di questo tipo, che deve essere personalizzata, e a individuare aziende disponibili». Su questo sono arrivate le rassicurazioni di Luigi Bobba, sottosegretario al Lavoro [nella foto a sinistra], che ha garantito che è in corso la messa a punto dell'istituzione di un registro delle imprese per l'alternanza e l'apprendistato, unico e senza costi, così come stanno chiedendo le scuole. Il sottosegretario ha ribadito anche l'impegno dell'ultimo anno nel settore, con «politiche per lo sviluppo del sistema duale anche sulla base del ridisegno dell'apprendistato di primo e terzo livello a opera dei decreti 81 e 150 attuativi del Jobs Act, e per la selezione di enti che facciano da battistrada per l'avvio dei progetti di formazione».Uno scoglio non da poco perché «orientare giovani e far capire come muoversi alle aziende non è come bere un bicchiere d'acqua». Concorda anche Oscar Pasquali, responsabile della segreteria tecnica del Miur: «Bisogna dare a quelle scuole non ancora attrezzate per l'alternanza scuola-lavoro le competenze di project management necessarie, fornire esempi come quelli di Sic e Bosch a cui possano ispirarsi». Anche perché il progetto è ambizioso: «Se i ragazzi interessati dall'alternanza sono stati in passato circa 170mila, con la riforma della Buona Scuola si è passati allo stato attuale che vede circa mezzo milione di studenti coinvolti» ha ricordato Pasquali. A regime, «nel 2017-2018 la previsione è di un milione e mezzo di giovani avviati al percorso ogni anno».   Altro organismo in perenne mobilitazione per l'acquisizione di competenze non formali («tutto quello che non si impara a scuola») da parte dei giovani dai 13 ai 30 anni è Agenzia giovani, presieduta da Giacomo D'Arrigo: «Con Erasmus+ gestiamo 130 milioni, la quota assegnata all'Italia su 14,5 miliardi di stanziamenti globali» ha spiegato D'Arrigo. All'interno confluiscono progetti provenienti da tutta Italia: «Per il 2015 sono stati 2100 e ne abbiamo finanziati circa 800: ma tutti quelli che tornano indietro ricevono un feedback per sapere dove hanno sbagliato e come ripresentarsi». Particolarmente orientate alla formazione anche le politiche adottate di recente dal comune di Milano, rappresentato all'incontro dall'assessore al Lavoro Cristina Tajani [nella foto sotto]. «In un territorio come Milano con grandi potenzialità abbiamo attuato politiche difensive di salvaguardia dalle conseguenze della crisi». Ma questo non ha impedito di portare avanti parallelamente anche politiche innovative: «il sostegno a startup e incubatori di impresa di nuova generazione, anche con vocazione verso la social innovation e non solo la tecnologia, il finanziamento di progetti di coworking, il programma 'Open badge' per la certificazione delle competenze», basato sull'idea di rilancio del capoluogo come 'City of learning'.  Qualche azienda sta mostrando attenzione a questi temi. Roberto Zecchino, vicepresidente e direttore risorse umane di Bosch, che fa parte del network RdS e della lista Bollino OK Stage, ha illustrato il progetto 'Allenarsi per il futuro', indirizzato alla formazione di giovani in ambito alternanza scuola lavoro. Finora ha interessato 40mila studenti e 200 scuole. «Con le regioni stiamo stipulando convenzioni finalizzate a coinvolgere altre aziende, con l'aiuto di Confindustria». La metafora scelta è lo sport: «Vogliamo portare esperienze di modelli olimpici perché tutti devono avere un sogno, fa male vedere che i ragazzi che incontriamo raramente dicano 'io vorrei fare questo'», ammette Zecchino. Non a caso Daniela Masseroni, campionessa olimpica di ginnastica ritimica, è stata special guest dell'evento. Nel suo intervento ha fatto luce «sull'importanza della grinta che viene fuori quando si desidera ardentemente qualcosa». Indispensabile per gli atleti che «dietro un sorriso nascondono allenamenti sfiancanti di otto ore al giorno, per sei giorni a settimana, per poi andarsi a giocare tutto in due minuti di competizione». Per tutti i dettagli sullo stato attuale dell'alternanza scuola lavoro sarà pubblicata domani la guida Best stage 2016, un vademecum che i lettori RdS hanno dimostrato di apprezzare con più di 85mila download complessivi delle passate edizioni. Ilaria Mariotti 

Oltre 35mila opportunità per il bando 2016 del servizio civile: ecco le novità

Tra i reggimenti che marciavano alla sfilata del 2 giugno scorso a Roma è comparso un gruppo di ragazzi molto diversi dal resto della parata. Indossavano una giacca impermeabile bianca, pratici pantaloni blu con ampie tasche e scarpe da ginnastica bianche, tutte diverse tra loro. Più che una divisa militare si trattava di una vera e propria divisa da lavoro – ma non un lavoro qualsiasi, bensì un impiego speciale, garantito dall’articolo 52 della Costituzione: erano infatti i giovani selezionati per rappresentare il Servizio civile nazionale. Parlare dei giovani impegnati in questo tipo di volontariato è importante, visto che il Servizio civile nazionale ha recentemente riaperto i suoi bandi per finanziare 35.203 progetti in Italia e all’estero nel 2016: chi volesse candidarsi a uno dei progetti offerti dagli oltre 40mila enti accreditati tra Italia e estero ha ancora tempo fino alle ore 14 di giovedì 30 giugno.Il 2016 è sicuramente un anno significativo per il servizio civile: dopo il bando straordinario a marzo, per un totale di 3.184 posti, infatti ci si aspettava il bando ordinario, annunciato in primavera dal sottosegretario del ministero del Lavoro e delle politiche sociali Luigi Bobba. E appena prima della pubblicazione del bando, una novità ha finalmente visto la luce: il 6 giugno infatti è stata promulgata dal governo la legge 106 che riforma il terzo settore e in particolare il Servizio Civile (legge che però, attenzione, non ha effetto retroattivo per i 30mila ragazzi che stanno correntemente svolgendo i propri progetti). La  legge infatti ha stabilito importanti novità, definendo meglio chi può partecipare: giovani tra i 18 e i 28 anni, residenti in Italia da cinque anni (aprendo così di fatto a tutte le categorie di stranieri residenti in Italia), cambiando la durata complessiva  – da 8 a 12 mesi contro il periodo non negoziabile di dodici mesi precedentemente previsto – e in particolare la possibilità, durante il periodo, di trascorrere alcuni mesi all’estero, per arricchire ulteriormente la propria esperienza (e il rimborso per spese di trasferimento, da aggiungere ai 433 euro percepiti mensilmente dai volontari).Il governo ha spesso citato il servizio civile come area cardine del proprio operato. Già l’anno scorso la Repubblica degli Stagisti aveva raccontato come l’obbiettivo della attuale amministrazione fosse quello di arrivare a 100mila volontari annuali. Rimane da valutare come verrà realizzato l’ambizioso progetto, visto che per vedere superata la cifra di 50mila volontari bisogna tornare indietro di dieci anni (i 57mila volontari del 2006): da quell'anno il numero di posti a disposizione è progressivamente diminuito, fino ad arrivare all'annus horribilis 2012, in cui il bando ordinario non vide proprio la luce per mancanza di fondi. Da lì, non si poteva che migliorare: è partita infatti una fase crescente che gli ultimi anni, con i 15mila partecipanti del 2013, i 42mila nel 2014 e i 45mila del 2015 (di cui oltre 30mila nel bando ordinario e 15mila tra bandi speciali e Garanzia Giovani), ha fatto ben sperare.I bandi ordinari, nazionali e regionali, del 2016 offrono l’opportunità di partire a 35.203 volontari, soprattutto per progetti in Italia (oltre 10mila realtà contro le 144 all’estero). Tra le regioni italiane spiccano per il numero di progetti Campania, Sicilia e Lombardia (i cui progetti approvati permettono di partire, rispettivamente, a 2514, 1962 e 1641 volontari) mentre le regioni che offrono meno opportunità sono Val d’Aosta (17 posti), Umbria (116) e Basilicata (161).Le tipologie di progetto sono le più disparate ma tutte unite da un filo comune, la solidarietà: dai servizi sociali agli enti di promozione culturale e passando per organismi che si impegnano nel settore dell’educazione. Ogni candidato può, basandosi sulla lista della regione e determinate parole chiave, trovare il progetto che più gli interessa, spesso indicato direttamente sui siti degli enti stessi. Sul sito del Servizio Civile Nazionale si leggono le tipologie generali: «I progetti, presentati da Enti pubblici e da Enti privati no profit, possono aver luogo sia in Italia che all’estero. Essi consistono in attività inerenti i settori: assistenza, protezione civile, ambiente, patrimonio artistico e culturale, educazione e promozione culturale, servizio civile all'estero». La procedura – così come il rimborso di 433 euro –  non è cambiata negli anni: dopo la prima fase di selezione dei progetti, i volontari possono inoltrare le proprie candidature – una sola per ogni volontario, anche se l’ufficio informa che possono avanzare le proprie candidature anche coloro che hanno partecipato al bando straordinario – presentandola direttamente all’ente presso il quale hanno intenzione di svolgere il servizio. La domanda è scaricabile online e spesso va unita a allegati contenenti documenti specifici richiesti dai singoli bandi, che cambiano di regione in regione. Dopo la chiusura dei bandi gli enti compongono le proprie graduatorie – pubblicate online sul portale del ministero – e come riporta il sito del Servizio Civile Nazionale “comincia l’avventura!”Matteo MoschellaLe foto sono tratte dalla pagina Facebook del Servizio civile nazionale