Categoria: Lettere

Simoncini risponde: «Ecco perché noi Regioni chiediamo di eliminare l'articolo sugli stage»

Venerdì mattina l'assessore regionale toscano Gianfranco Simoncini, nella sua qualità di coordinatore degli assessori al Lavoro all'interno della Conferenza delle Regioni, durante un intervento alla Commissione Lavoro del Senato sul disegno di legge del governo in materia di lavoro ha chiesto che venga soppresso l'articolo 12. Cioè quello che riguarda il riordino della normativa sui tirocini e prevede tra le altre cose l'introduzione di un rimborso spese obbligatorio a favore degli stagisti e l'introduzione di sanzioni a carico di chi non rispetta le regole. Eleonora Voltolina, direttore della Repubblica degli Stagisti, ha commentato aspramente questa presa di posizione delle Regioni, giudicandola irragionevole e auspicando che una legge-quadro nazionale possa guidare le Regioni nel legiferare in materia, evitando che si arrivi tra qualche anno ad avere 20 leggi diverse sullo stage, e stagisti sottoposti a differenti diritti e doveri a seconda del luogo dove svolgono la loro esperienza formativa. Gianfranco Simoncini ha scritto alla Repubblica degli Stagisti per spiegare le ragioni della posizione delle Regioni su questo tema. Ecco di seguito la sua lettera. Solo per completezza di informazione, voglio dirvi che la proposta che ho avanzato l'altroieri nell'audizione al Senato è di eliminare l'articolo 12 dal disegno di legge, poiché lo riteniamo incostituzionale, ed il suo mantenimento porterebbe inevitabilmente ad una serie di ricorsi di fronte alla Corte da parte della grande maggioranza delle Regioni. Ho inoltre proposto di andare ad accompagnare l'approvazione del disegno di legge sul mercato del lavoro con un ordine dl giorno che impegni il governo ad aprire immediatamente un confronto in Conferenza Stato-Regioni per un accordo su linee guida condivise sui tirocini. Accordo che le Regioni da un anno propongono ai due governi che si sono succeduti.Non si tratta quindi di volere una situazione a macchia di leopardo, ma solo il rispetto di quelle che riteniamo le nostre competenze costituzionali, evitando un contenzioso di fronte alla Corte.Sulla competenza abbiamo pochi dubbi, perché sicuramente i non curricolari non rientrano nell'ambito dell'istruzione dove sarebbero di competenza statale e sulla quale allora non avrebbe alcun senso giuridico lo strumento dell'intesa. Mi  sembra che anche voi riteniate che non rientrino nella materia del lavoro, che sarebbe materia concorrente che giustificherebbe la proposta dell'intesa. Non essendo nè lavoro nè istruzione rimane la formazione che rientra tra le materie di esclusiva competenza regionale e per le quali non è previsto, dalla Costituzione, l'intervento prefigurato dall'articolo 12.Quindi se di follia si tratta, è una follia che nasce sulla base di un ragionamento istituzionale e dalla volontà di arrivare una volta per tutte a mettere un punto fermo sulla vicenda tirocini, che solo da un accordo Stato-Regioni può arrivare.D'altra parte se questo governo, ed in particolare il ministro del lavoro, fosse dotato della capacità di ascolto, il lavoro anche su questo tema poteva essere attivato da mesi. Ma ci sono voluti due mesi e un paio di articolacci sul Sole 24 Ore per avere un primo incontro col Ministro, senza che per altro la nostra disponibilità a collaborare, salvo sull'apprendistato, sia stata minimamente presa in considerazione. Gianfranco Simoncini Assessore alle Attività produttive, lavoro e formazioneRegione ToscanaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- L'assessore al lavoro della Regione Toscana: «La Corte costituzionale confermerà che i tirocini sono competenza nostra». E sulla circolare del ministero: «Non vale quanto la legge»-  Regioni e riforma del lavoro, è guerra al governo sull'articolo sui tirocini-  Tirocini, il costituzionalista: «Lo Stato potrebbe fare una legge quadro»

Io, schiavo per tre anni in una piccola casa editrice

Dopo la pubblicazione dell'intervista a Federico Di Vita, autore di un libro-accusa contro le piccole case editrici che troppo spesso sopravvivono grazie allo sfruttamento di giovani laureati sottopagati e in nero, e la copertina dell'ultimo Emagazine della Repubblica degli Stagisti dedicato proprio a questo tema, alla redazione è arrivata la testimonianza di Tobia. Sotto questo pseudonimo si cela un professionista del settore che ha voluto condividere la sua esperienza, raccontando il suo percorso proprio all'interno di una piccola casa editrice dov'era impiegato prima in nero, e poi con un contratto finto part-time. Ecco la sua lettera aperta.Mi sono laureato nel 2001, in dicembre. Una laurea debole che più debole non si può, ma quanto interessante: Lettere. Era ancora da venire l'epoca degli stage durante gli studi: infatti al momento della proclamazione a dottore io avevo all'attivo, come esperienza pratica, solamente un corso di qualche mese nella redazione di una casa editrice. E siccome il settore mi affascinava moltissimo, la mia intenzione era quella di provare a entrare al master in editoria più prestigioso in quel momento. La selezione (centinaia di aspiranti editor) fu una farsa, sembravamo vacche al macello. Il primo test di cultura generale era fatto chiaramente per sfoltire il più possibile, con domande improbabili di fisica e programmazione informatica. In breve, non passai. Comunque non ebbi molto tempo per piangerci sopra perché un'amica di mia madre mi disse che conosceva un piccolo editore e che, se la cosa mi interessava, poteva fargli avere il mio curriculum vitae di fresco laureato. Naturalmente accettai. Correva l'anno 2002, io ero molto ingenuo e invero non molto preoccupato dalla prospettiva di diventare uno squattrinato precario; erano davvero altri tempi, seppur vicini. Niente crisi economica grave, né recessione. C'era appena stato l'11 settembre, erano ancora tutti concentrati lì. Intanto che aspettavo una chiamata dal piccolo editore suddetto mi barcamenavo con revisioni di traduzioni dall'inglese per una casa editrice medio grande, molto nota. Inciso doloroso anche questo: pagavano a ritenuta d'acconto - quindi, come si dice, "a babbo morto" - e dopo diverse telefonate di sollecito: fare la questua sui soldi guadagnati e che ti sono dovuti è un'esperienza faticosa e umiliante… Finalmente il colloquio, in una redazione polverosa e in mezzo a cataste di libri, fogli, carte. Una situazione estetica perfetta per un giovanotto innamorato dei libri. Il colloquio va bene e comincio a lavorare. Gratis. Nel senso che dopo un paio di mesi in cui faccio di tutto - letteralmente: dalla spesa per l'ufficio, ai giri in posta per la corrispondenza alle multe per il figlio del titolare, dalla correzione di bozze alla gestione del magazzino, dalla scannerizzazione di tutte le cover delle pubblicazioni al trasporto al distributore editoriale di tonnellate di libri, su un'auto sgangherata, spaccandomi la schiena - mi accorgo che non sto facendo uno "stage" in redazione, come pattuito, ma sto sgobbando come un asino, e pure gratis. Mi sovviene anche che lo sto facendo senza aver firmato alcun foglio, alcuna impegnativa di alcun genere, contratto o qualsivoglia scritto. In pratica, mi rendo conto che sto lavorando in nero. E con alcune mansioni potenzialmente pericolose, come il magazzino o gli spostamenti in automobile. Durante un evento in cui la casa editrice è presente con un piccolo stand, dopo una giornata di lavoro, l'editore di soppiatto e senza farsi vedere dai miei colleghi (per altro anche loro a nero, ma almeno pagati) mi mette in mano una mazzetta di soldi - tre-quattrocentomila lire, all'epoca non c'era ancora nemmeno l'euro - con l'espressione sul viso di chi sta pensando "non c'è bisogno che mi ringrazi". Io li prendo, imbarazzato ma almeno contento di guadagnare i primi spicci. Insomma: faccio cinque o sei mesi gratis, con qualche altra busta premio elargita in tutta segretezza. A un certo punto, con un diavolo per capello, faccio notare all'editore che sto lavorando a tutto tondo e non sto facendo alcuno stage, e che per giunta il mio lavoro non viene minimamente retribuito. Allora lui risponde che non può assumermi sennò fallisce, e lo dice colorando il discorso con una serie di piagnistei sulla condizione del mondo editoriale in crisi, e che lui, senza pubblicità alcuna, cerca di combattere la sua battaglia contro i grandi editori: la solita storia dei mulini a vento insomma. Io intanto penso: "però per tenere aperta la baracca sfrutti in nero la passione di giovani neolaureati...". Insomma, ci accordiamo per uno "stipendio". Per farla breve lavoro in nero per altri sei mesi e poi finalmente arriva l'assunzione reale. Ma, anche qui, col trucco: in pratica mi propone un'assunzione a tempo indeterminato part time. E il resto della giornata? In nero. Alè. Andiamo in pompa magna dal commercialista e, senza dare spiegazione alcuna, mi fanno firmare un contratto a tempo indeterminato e part time come pattuito, però al livello impiegatizio più basso possibile (C2) quando io in realtà svolgevo in autonomia mansioni per lo meno di tre livelli superiori (B1). Ma io questo non potevo saperlo, perché il contratto nazionale grafici editoriali era una pubblicazione di cui a 28 anni, lo ammetto, ignoravo l'esistenza.Conservo ricordi molto belli, e tremendi, di quegli anni. La casa editrice era molto piccola: c'erano l'editore, che era anche il direttore della testata; il suo braccio destro, una giornalista che fungeva da caporedattore della rivista e da correttrice di bozze; un redattore / editor per la narrativa. E poi io, factotum: web content dei due siti, redattore e correttore bozze per i libri e la rivista, ufficio stampa e schiavo per le varie. Intorno a noi quattro fissi gravitavano altri soggetti, collaboratori e squaletti vari. Scoprii tra l'altro, col tempo, che fino a più o meno un anno prima che arrivassi io vigeva il nero totale. Poi un paio di redattori si erano ribellati (uno aveva anche preso a sberle l'editore) e avevano denunciato l'andazzo: e così si era trovato l'escamotage dell'assunzione creativa, il finto part-time.Dopo tre anni così me ne andai. E al momento di riscuotere il tfr (la parte in nero) l'editore ebbe pure il coraggio di chiedermi un arrotondamento per difetto di 200 euro, adducendo i soliti piagnistei. La beffa finale, passati anni e per mia fortuna lavorando adesso a tempo indeterminato in una prestigiosa casa editrice, è stata quella di leggere su un quotidiano un'intervista al mio vecchio datore di lavoro. Lamentandosi al solito della crisi, il galantuomo elogiava chi per oltre vent'anni aveva lavorato con abnegazione e senza compensi (!) per la sua casa editrice. Per la gloria, evidentemente. Sua. Naturalmente omettendo di dire che tutti quei soggetti (io e tutti i miei ex colleghi) avevano lavorato sempre e solo in nero. Sono più di vent'anni che quest'uomo ha un'attività editoriale che sopravvive grazie all'evasione fiscale e al nero dei lavoratori. Possibile che nessuno se ne sia mai accorto?Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Stage gratuiti e lavoro nero, così sopravvive la microeditoria- Stage gratuiti, Caterina versus Flash Art: il botta e risposta con Giancarlo Politi. E il web si rivoltaE anche:- «Gratis non si lavora». Anche su Twitter monta la protesta contro il lavoro sottopagato- Lo scandalo dei giornalisti pagati cinquanta centesimi a pezzo. Il presidente degli editori a Firenze: «La Fieg non dà sanzioni. E poi, cos’è un pezzo?»

La RdS non si occupi solo di stagisti, tutti i giovani precari hanno bisogno di lei

Gentile redazionevolevo innanzitutto ringraziarvi per il lavoro che state svolgendo per le migliaia di stagisti italiani. È stato un appoggio prezioso anche per me, nel passaggio da uno stage all'altro. Ora, invece, sono passata da stagista a precaria e mi confronto, anche sul web, sui tanti giovani che sono nella mia stessa situazione.Per questo ho pensato: sarebbe interessante ampliare la vostra proposta anche ai precari. Per esempio sarebbe utile la rubrica sulle risposte degli avvocati o un forum.. ampliare quindi la proposta da "stagisti" a "precari"... Una sorta di Repubblica dei Precari insomma, visto che siamo in molti.Mi ritengo fortunata, infatti, ad avere un lavoro, tuttavia non vengono rispettati i contenuti che ho firmato nel mio contratto: ma a chi posso rivolgermi? Come cambiare dal basso queste situazioni? Ho molta difficoltà a trovare delle risposte, a sapere a chi rivolgermi e ritengo che uno strumento come il vostro potrebbe essere molto utile.Vi ringrazio per l'attenzione, sperando di aver fornito qualche utile (anche se penso ormai scontato) spunto.AgneseIl consiglio della lettrice Agnese è per noi prezioso, anche perchè ormai da tempo è proprio questo il nostro orizzonte. Siamo infatti consapevoli che i nostri lettori, sempre più numerosi anno dopo anno, non sono "solo" stagisti. Sono giovani (e meno giovani...) che compiono percorsi a ostacoli per trovare una collocazione nel mercato del lavoro, e talvolta il tragitto è a zig zag: stage e lavori temporanei si intersecano, e capita che sia gli uni sia gli altri scendano al di sotto della soglia della dignità. Proprio per questo la scorsa primavera abbiamo lanciato un'iniziativa che per la prima volta andava oltre il tirocinio: Milledodici, una pagina di annunci non di stage bensì di lavoro. Ma certamente, come è nostra tradizione, non annunci qualsiasi - bensì solo offerte che soddisfino le due esigenze più impellenti per giovani italiani, che sono a nostro avviso l'ammontare dello stipendio e la durata del contratto. Opportunità che garantiscano uno stipendio minimo "dignitoso", fissato in almeno mille euro netti al mese per un impegno full time, e che permettano di programmare il futuro almeno nel medio periodo, con contratti di almeno dodici mesi. Sintetizzati, questi due criteri (mille + dodici) formano il nome del progetto.Il nostro impegno vuole quindi essere, ormai da mesi, quello di indagare sull'intero mercato del lavoro, sui livelli retributivi e le modalità contrattuali più usate per i giovani, di vigilare sugli abusi, di denunciare all'opinione pubblica le condizioni drammatiche dei giovani precari. A livello giornalistico abbiamo già dato spazio a questi temi, per esempio con una bella intervista a Dario Banfi autore del libro Vita da freelance, o puntando il dito contro lo scandalo dei giornalisti sottopagati,. Stiamo poi preparando alcuni approfondimenti sui settori dove più frequente è l'abuso, per esempio con l'inquadramento come lavoratori autonomi (a progetto o a Partita Iva) anzichè lavoratori dipendenti. In questa fase le segnalazioni dei lettori, i racconti, le denunce sono più che mai indispensabili, quindi ad Agnese e a tutti gli altri noi chiediamo di non stancarsi di segnalarci situazioni di disagio o illegalità. Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- L'apartheid del lavoro italiano al vaglio della Commissione europea: le ragioni di una denuncia- Migliaia di precari scesi in piazza il 9 aprile: «Non vogliamo più essere sfruttati»E anche:- Sempre più numerosi i giovani che aprono la partita Iva: i consigli dell'esperto Dario Banfi a tutti gli aspiranti freelance- Articoli pagati 2,50 euro e collaborazioni mai retribuite. Ecco i dati della vergogna che emergono da una ricerca dell'Ordine dei giornalisti- Lo scandalo dei giornalisti pagati cinquanta centesimi a pezzo. Il presidente degli editori a Firenze: «La Fieg non dà sanzioni. E poi, cos’è un pezzo?»

Un laureato in giurisprudenza alla sua università: «Basta, interrompo lo stage. Non faccio altro che fotocopie, il progetto formativo non esiste»

Pubblichiamo qui di seguito la lettera che un neolaureato in Giurisprudenza ha scritto all'ufficio stage della propria università,  un importante ateneo milanese, dando un feedback molto negativo rispetto al tirocinio appena effettuato. Il giovane ne ha voluto mandare una copia per conoscenza alla Repubblica degli Stagisti.Vorrei raccontarvi la mia esperienza di stagista presso la xxxx xxxx, stage attivato con voi il 19 settembre 2011 e interrotto ieri [due settimane prima del previsto, ndr].In teoria lo stage di 4 mesi prevedeva l'assistenza del CEO (Dott.ssa xxxxxxxx xxxxx) nella gestione e archiviazione di pratiche legali, al colloquio con la stessa si prevedeva poi di allungare il periodo di stage ed eventualmente un'assunzione in quanto «qui abbiamo bisogno e di lavoro ne abbiamo tanto» (parole sue).Premetto subito che questo non è lo sfogo uno stagista a cui sono state fatte promesse non mantenute, tanto che ho deciso io di interrompere anticipatamente lo stage in quanto ho avuto un'offerta di lavoro da un' altra società.Premesso questo vi racconto la mia esperienza:  nella realtà quotidiana non esisteva nessun progetto formativo, la dott.ssa xxxxx semplicemente non aveva voglia di sistemare negli appositi raccoglitori tutta la corrispondenza degli ultimi due anni azienda / avvocati; per il primo mese circa il mio compito è stato «prendi i fogli e mettili nei raccoglitori», finito questo "altamente formativo" compito sono stato addetto alle fotocopie e allo scrivere qualche raccomandata e al sistemare la nuova corrispondenza tra l'azienda e l'avvocato che seguiva le varie pratiche di recupero crediti. Come capirete questi erano compiti che qualunque persona capace di leggere e scrivere poteva fare, non c'era bisogno di un laureato in giurisprudenza.Fin qui l'aspetto poco formativo, ma la cosa che mi ha davvero spinto a questa (credo) irrituale comunicazione è stato l'aspetto umano; la Dott.ssa xxxxx a stento si ricordava il mio nome, è capitato molte volte di sentirmi chiamare «coso» o «il mio stagista» o «il mio uomo» (grazie a dio non sono il suo uomo), altri esempi di estrema maleducazione verso di me (ma come ho potuto appurare quasi subito anche verso gli altri dipendenti dell'azienda) sono stati i numerosi discorsi interrotti a metà con un «Vada» mentre ancora stavamo parlando, o con «Io non ho voglia di spiegarglielo» oppure le numerosissime volte in cui davanti alle mie spiegazioni su aspetti legali di alcune pratiche la sua risposta era «Io non le credo» (e lì mi sono sempre chiesto: perchè assumere un laureato in legge  per poi non credere alle sue spiegazioni su temi legali visto che invece lei è laureata in ambito commerciale e di legale ne capisce poco o niente?).Molte volte inoltre davanti alle mie richieste di spiegazioni su ambiti di lavoro prettamenti aziendali la sua risposta è stata di una risata nel dirmi "Non ho voglia di spiegarglielo". Vi rendete conto? Un tutor aziendale non ha voglia di spiegare un problema aziendale al suo stagista! L'ultima cosa che mi viene ora in mente è la mancanza di una postazione pc e telefono, ho dovuto usare il mio pc personale per espletare alcuni lavori che mi erano stati assegnati, col pericolo di infettare la rete aziendale con il mio pc e il problema di un'usura aggiuntiva per il mio pc personale che veniva usato anche in azienda.Non mi vergogno a dirlo che l'unico motivo per cui sono rimasto fino ad ora in azienda è l'alto rimborso spese ricevuto, i soldi servono a tutti. Non voglio passare per quello che "sputa nel piatto dove ha mangiato", il mio non è stato nemmeno uno sfogo di un precario frustrato, né un tentativo di diffamare la società o la mia ormai ex tutor aziendale, come potete leggere ho cercato di usare toni pacati ma decisi, volevo solo raccontarvi la mia esperienza reale di stagista in area legale che nella pratica è stato un segretario / receptionist sottopagato.In un certo senso sono quasi contento di questa esperienza, primo perchè mi ha dato una bella svegliata sul mondo del lavoro, e secondo perchè dopo questa sarà difficile che mi vada peggio, almeno spero.Vi sconsiglio fortemente pertanto in base alla mia esperienza personale di attivare ulteriori stage con la xxxx xxxx, in quanto a mio parere sarebbero dequalificanti e umilianti anche per il prossimo eventuale stagista. Lascio a voi le eventuali iniziative da intraprendere del caso, e resto a disposizione per eventuali chiarimenti che vogliate ricevere.Faccio presente che copia di questa mail verrà inviata al sito "Repubblica degli Stagisti" ovviamente ripulita di nomi e denominazioni sociali per evitare problemi legali.Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Problemi con lo stage: vanno segnalati subito all'ente promotore- Vademecum per gli stagisti: ecco i campanelli d'allarme degli stage impropri - se suonano, bisogna tirare fuori la voceE anche:- Gli stage servono a farti lavorare gratis: lettera aperta al vetriolo di Nicola Zanella agli stagisti (o aspiranti stagisti) italiani

Caso Flash Art, l'indignazione di Caterina arriva al Quirinale: «Presidente Napolitano, non lasciateci soli»

Dopo un acceso botta e risposta con Giancarlo Politi, editore e direttore del magazine Flash Art, in cui la 28enne Caterina manifestava la sua indignazione per un annuncio di stage gratuito o quasi, la ragazza scrive anche una lettera aperta al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Eccola.Egregio signor Presidente della Repubblica,Mi chiamo Caterina, ho 28 anni e vivo e lavoro da anni all’estero.Il 12 Ottobre scorso mi sono imbattuta su internet in un’inserzione di lavoro pubblicata dall’editore di un noto periodico di settore, a cui mi riferirò d’ora in poi come X.Nell’inserzione si leggeva:«Siamo sempre alla ricerca di uno o più stagisti per Assistente di Redazione per XXX. Teniamo a precisare che, ahinoi, per almeno 8-10 mesi, il rimborso spese per uno stagista che deve imparare tutto, è minimo, quasi inesistente. Chiedete altrove quanto percepisce uno stagista. In alcuni casi, presso alcune importanti aziende, lo stage, assolutamente gratuito dura un anno [...]. Preghiamo dunque di rispondere al presente annuncio SOLO a chi possiede i requisiti richiesti e a chi può mantenersi per parecchi mesi a Milano».Seguiva un elenco di competenze richieste così nutrito da delineare una figura professionale già ben formata, non certo uno studente od un neolaureato alle prime armi.Dopo innumerevoli colloqui di lavoro sostenuti in cui mi è stato offerto di lavorare gratis, senza rimborso spese, senza contratto, senza garanzie, senza promesse di rimborsi spese futuri questo annuncio, così arrogante, mi ha indignata profondamente.Non fare nulla sarebbe stato come stare a guardare chi prende a calci un cane.Così ho scritto all’editore la seguente email:«Mi spiega perché i miei genitori o chi per essi dovrebbero pagare perché IO lavori PER lei? Solo persone ricche possono dunque lavorare da XXX? Mi dica una cosa: se potessimo non lavorare per vivere, secondo lei, lavoreremmo? Evidentemente lei non si è mai trovato nella spiacevole situazione di dover lavorare per vivere, fortunello lei. Le auguro una vita senza rimborso spese (Chieda altrove quanti ne percepiscono uno AHINOI)»«L’editore, X, mi risponde:Caterina, se tu fossi in grado di lavorare per noi ti offrirei subito, anzi, prima, due o tremila euro al mese. Prima impara a scrivere, a leggere dai siti e giornali del mondo, a fare una notizia in dieci righe, a fare l'editing di un testo, a impaginare con inDesign e poi potrai avanzare pretese. Lo sai cosa dice Tronchetti Provera? Lavorare oggi a buoni livelli è un lusso. Se uno non lo capisce vada a lavorare al Mac Donald. E' forse il tuo caso?  Auguri. XPS. Chiedi allo Stato di aiutarti. La mia azienda non è di beneficenza. E tu cerchi la beneficenza. X»La mia risposta a questa email è stata:«In tal caso sono lieta di farle sapere che non solo so scrivere ed impaginare con inDesign ma mi sono laureata in design col massimo dei voti  e di software tecnici ne conosco almeno 10 tra grafica, photo editing, disegno e 3D. Parlo correntemente 4 lingue e la mia conoscenza dell'arte contemporanea è ottima. Vivo e lavoro all'estero da anni e mi creda, dal suo annuncio la cosa che vorrei meno al mondo è lavorare per lei. meglio il Mac Donald's, quanto ha ragione! La beneficenza se la faccia fare lei, povero indigente che non può nemmeno pagare un povero stagista il minimo. Anzi, meglio: perché non chiede all'ufficio delle imposte? Saranno lieti di aiutare chi fa profitto sul lavoro non pagato. Avanti così, lei è UN EROE».Una volta fatto presente ciò al signor X, questi ha risposto:«Caterina, come vedi ora anche le mignotte debbono parlare 4 lingue, conoscere l'arte e inDesign. Il globalismo fa miracoli. Buon segno. Buon lavoro. X»Signor presidente, è vero quanto dice X?Io credevo che lo Stato Italiano garantisse i diritti dei cittadini e tutelasse la dignità ed il diritto al lavoro.Questo signore invece sostiene che lo Stato Italiano fa “beneficenza”.Dovrebbe quindi mantenere i ragazzi che non sono così fortunati da poter lavorare gratis, a vantaggio degli imprenditori disonesti, che pensano di essere così in alto da insultare chi osa far loro presente che è un’Italia diversa quella in cui dovremmo, e vorremmo, vivere.Sono emigrata per ottenere un vero contratto. Sono felice e soddisfatta del mio lavoro ma non dimentico che per ottenerlo ho dovuto lasciare la mia casa, i miei genitori , i miei amici e il mio Paese. Sono la più fortunata dei miei amici, che non hanno certo meriti o capacità inferiori ai miei, ma hanno scelto di rimanere in Italia.Loro, che sono rimasti, sono i più coraggiosi.I miei amici fanno 3 lavori per mantenersi, buttano giù rospi incredibili, e continuano a rimboccarsi le maniche nonostante centinaia di porte in faccia.Li vedo giorno dopo giorno reinventarsi una carriera, farsi venire nuove idee, trovare chissà dove la motivazione a ricominciare a crederci, ad andare avanti, nonostante gli sfruttamenti dei milioni di X che popolano questo paese.“Ladri di speranze” li hanno definiti.Signor Presidente, ci aiuti a ritrovare le nostre speranze.Non lasciateci soli.Caterina De ManuelePer saperne di più su questo argomento, leggi anche: - Stage gratuiti, Caterina versus Flash Art: il botta e risposta con Giancarlo Politi. Ed è ribellione sul web- Mai più rassegnati e indifferenti, i giovani devono cambiare l'Italia: è l'appello di un 95enne nel libro «Ribellarsi è giusto»- La lettera di una lettrice: «Ho rifiutato uno stage gratuito, ma ora me ne pento»- La richiesta di aiuto di Alessandro: «Da Globalpress vaghe promesse e la certezza di dover pagare per un lavoro»

Per la prima volta lo stage va in prima serata: domenica 2 ottobre su RaiTre va in onda una puntata di Presa Diretta dedicata alla «generazione sfruttata»

In occasione della messa in onda su RaiTre della puntata «Generazione Sfruttata» della trasmissione Presa Diretta, domenica 2 ottobre su alle 21:30, uno degli autori del reportage scrive alla Repubblica degli Stagisti.Cari lettori della Repubblica degli Stagisti, abbiamo dedicato una puntata di Presadiretta a voi. Domenica su RaiTre Presadiretta manderà in onda in prima serata «Generazione Sfruttata»: abbiamo deciso di dar voce alle migliaia e migliaia di persone che hanno perso il diritto al futuro, ai giovani che sono costretti a piegarsi ai contratti atipici di cui esistono infinite tipologie. E poi gli stage appunto, che non sono nemmeno un contratto di lavoro. Ed è la prima volta che si parla di stage raggiungendo il vasto pubblico della prima serata. Come sapete molto bene questo è un vero e proprio scandalo. Tutti, nessuno escluso, enti pubblici e aziende private, fanno ricorso agli stage che è la più recente forma di sfruttamento. E a raccontarci le loro terribili esperienze saranno in prima persona proprio quelli che, sperando di imparare qualcosa o di arricchire il proprio cv, si sono trovati a fare un vero e proprio lavoro subordinato. Abbiamo cominciato a lavorare a questa puntata diversi mesi fa e grazie alla collaborazione della redazione della Repubblica degli Stagisti e di tutti i singoli lettori che hanno voluto aiutarci abbiamo scoperto un mondo, un mercato enorme fatto di 500 mila stagisti ogni anno, tanti ragazzi che si sottopongono a ripetuti tirocini che non danno alcun reale accesso al mercato del lavoro. Solo 1 su 10 diventa un contratto vero, di qualsiasi tipo. E abbiamo visto che lo stage in Italia è uno strumento ancora troppo facile da utilizzare, tanto è vero che ora il Governo sta cercando di correre ai ripari; ma i controlli sono scarsi e i limiti troppo generici, non in linea con gli altri Paesi dell'Unione Europea dove per esempio è prevista un'età massima, per legge c'è un dignitoso rimborso spese, si impedisce alle aziende in crisi di utilizzare stagisti. Faremo vedere come tutto questo in Italia invece è un vero e proprio far west: anche la pubblica amministrazione si avvale di molti stagisti per coprire carenze d'organico e assenze di concorsi, mentre le aziende private possono nascondere sotto questa forma dei veri e propri lavori utilizzando manodopera a basso costo e senza diritti.C'è anche però il modo di sottrarsi allo sfruttamento, l'abbiamo visto con i nostri occhi: selezionate molto bene gli annunci e lasciate perdere quelli troppo generici e imprecisi. Chiedete subito se ci sono concrete possibilità di assunzione, cioè se l’azienda ha delle posizioni di lavoro aperte. E se vi rendete conto che vi stanno sfruttando, non abbiate paura a denunciare l'abuso alle istituzioni competenti: università, ispettorati del lavoro, sindacati. Eviterete ad altri di fare la stessa brutta esperienza che avete fatto voi. E sfatiamo un mito: non è vero che le aziende si parlano tra di loro e che chi fa valere i propri diritti viene etichettato come "rompiscatole" al quale non dare più opportunità di lavoro. Per la prima volta negli ultimi mesi in molte città d’Italia rabbia e malcontento sono usciti dai blog e dai siti internet per trovare forma politica. La rassegnazione sembra finita per sempre, ma questo è solo l'inizio di una battaglia giusta per cambiare questo assurdo mercato del lavoro. Come può ripartire un Paese che tratta così i suoi giovani? A domenica. Un saluto da tutta la redazione di PresaDiretta. Alessandro MacinaPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Il nostro tempo è adesso: quasi cento associazioni, siti web, sezioni di partito, giornali, collettivi aderiscono alla manifestazione del 9   aprile- Il nostro tempo è domani, l'editoriale di Eleonora Voltolina su Lo spazio della Politica alla vigilia del 9 aprile- «Non è un paese per giovani», fotografia di una generazione (e appello all'audacia)- Stage gratuiti o malpagati, ciascuno può fare la rivoluzione: con un semplice «no»

La lettera di un addetto ai lavori: «Le nuove norme impediscono di utilizzare il tirocinio per i disoccupati in situazione di svantaggio ed emarginazione»

Sulla questione delle nuove norme in materia di tirocini contenute nella manovra di Ferragosto, alla redazione della Repubblica degli Stagisti è arrivata nei giorni scorsi la lettera di un addetto ai lavori. Volentieri la pubblichiamo.«Ho letto con attenzione i vostri commenti sull’art.11 della finanziaria e mi sento di condividere in buona parte le vostre analisi, ma vorrei porre alla vostra attenzione il caso particolare delle persone disoccupate in condizione di svantaggio.Mi chiamo Marco e da anni lavoro nel campo dell'inserimento lavorativo di persone svantaggiate che fanno fatica ad inserirsi nel mercato del lavoro. All’interno dei vari progetti e servizi per l’inserimento lavorativo che seguo non ci sono solo le categorie tradizionali delle persone in difficoltà (disabili, alcolisti, tossicodipendenti, malati psichici e carcerati), ma anche persone che fino a poco fa erano inserite nel mondo lavorativo e che ora si trovano disoccupate, con situazioni personali problematiche (cosiddetti “adulti in difficoltà” con scarsissime risorse personali, persone seguite dai servizi sociali, persone che hanno alle spalle situazioni famigliari difficili, ecc.).Rientrano in quest’area del disagio “non certificato” anche le persone rimaste disoccupate a causa di crisi aziendali che vivono in luoghi in cui la concorrenza è alta e si trovano, magari a 50 anni a doversi re-inventare un lavoro.Negli ultimi anni i programmi che più sono risultati efficaci sono stati quelli che hanno permesso alle aziende di conoscere lavoratori poco appetibili (perchè con bassa scolarità, poca conoscenza informatica, età avanzata, lunghi periodi di disoccupazione...) attraverso lo strumento del tirocinio. Strumento che permette anche al lavoratore di imparare mansioni e tecniche nuove, diverse da quelle che venivano richieste in un mondo lavorativo che oggi non esiste più.L’art. 11 del decreto legge del 13 agosto mette fine alla possibilità di utilizzare il tirocinio per i disoccupati e quindi anche per i disoccupati in situazione di svantaggio ed emarginazione. In questo modo se da una parte si limita giustamente l’uso indiscriminato del tirocinio a danno di giovani che si trovano costretti a lavorare gratis, dall’altra si mette la parola fine ai percorsi rivolti a disoccupati, persone in mobilità e tutta quella galassia di persone che vengono classificate nella variegata categoria dello svantaggio sociale.L'articolo 11, che da una parta limita lo stage di neo-diplomati/laureati da 12 mesi a 6, e quindi, in qualche modo migliora la tutela, andrebbe però riscritto comprendendo anche le categorie escluse: disoccupati, ivi comprese le persone in mobilità e minori affidati ai servizi sociali (categoria compresa nella legge 381 sulle cooperative sociali e maldestramente dimenticata). Magari si potrebbe specificare "disoccupati in situazione di disagio sociale" facendo riferimento all'art. 2 del Regolamento CE n. 2204/2002 che fornisce una definizione di “fasce deboli”. Ciò darebbe l'adeguata copertura legale per continuare ad aiutare ad uscire dalla situazione di indigenza le persone più deboli che sono in cerca di un lavoro. Marco Forlani».Un intervento lucido e argomentato, che riflette la competenza di chi svolge il difficile mestiere di collocare i disoccupati "problematici". Il regolamento comunitario cui si fa riferimento ricomprende sotto il cappello di «lavoratori svantaggiati» una lunga serie di categorie. Eccole: 1) qualsiasi giovane che abbia meno di 25 anni o che abbia completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e che non abbia ancora ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente; 2) qualsiasi lavoratore migrante che si sposti o si sia spostato all'interno della Comunità o divenga residente nella Comunità per assumervi un lavoro; 3) qualsiasi persona appartenente ad una minoranza etnica di uno Stato membro che debba migliorare le sue conoscenze linguistiche, la sua formazione professionale o la sua esperienza lavorativa per incrementare le possibilità di ottenere un'occupazione stabile; 4) qualsiasi persona che desideri intraprendere o riprendere un'attività lavorativa e che non abbia lavorato, né seguito corsi di formazione, per almeno due anni, in particolare qualsiasi persona che abbia lasciato il lavoro per la difficoltà di conciliare vita lavorativa e vita familiare; 5) qualsiasi persona adulta che viva sola con uno o più figli a carico;6) qualsiasi persona priva di un titolo di studio di livello secondario superiore o equivalente, priva di un posto di lavoro o in procinto di perderlo; 7) qualsiasi persona di più di 50 anni priva di un posto di lavoro o in procinto di perderlo; 8) qualsiasi disoccupato di lungo periodo, ossia una persona senza lavoro per 12 dei 16 mesi precedenti, o per 6 degli 8 mesi precedenti nel caso di persone di meno di 25 anni; 9) qualsiasi persona riconosciuta come affetta, al momento o in passato, da una dipendenza ai sensi della legislazione nazionale; 10) qualsiasi persona che non abbia ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente da quando è stata sottoposta a una pena detentiva o a un'altra sanzione penale; 11) qualsiasi donna di un'area geografica al livello NUTS II nella quale il tasso medio di disoccupazione superi il 100 % della media comunitaria da almeno due anni civili e nella quale la disoccupazione femminile abbia superato il 150 % del tasso di disoccupazione maschile dell'area considerata per almeno due dei tre anni civili precedenti.Due di questi criteri (il nono e il decimo) sono già di fatto compresi nell'art. 11 del decreto 138/2011.L'ipotesi di applicare tutti e nove i criteri esclusi permetterebbe a molte persone in difficoltà di poter accedere a tirocini, ma al contempo rischierebbe di vanificare l'obiettivo dei nuovi paletti, e cioè quello di ridurre la platea di potenziali stagisti, facendo sì che la situazione tornasse simile a quella pre-decreto, in cui sostanzialmente chiunque poteva sentirsi proporre uno stage, e questo inquadramento era spesso preferito a quello di un contratto "vero" perchè meno oneroso. Cosa ne pensano i lettori della Repubblica degli Stagisti? Quali sono le categorie che andrebbero ripescate, tra quelle elencate dal regolamento qui sopra? Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Nuova normativa sui tirocini nella manovra di Ferragosto, il diario di bordo: tutti gli articoli, gli approfondimenti e le interviste della Repubblica degli StagistiE in particolare:- Nuove norme sui tirocini, per applicarle bisogna capirle: ecco i punti ancora oscuri- Nuova normativa sui tirocini, non ci si capisce niente e si rischia la paralisi: le rimostranze di lettori e aziende sui punti oscuri e sul silenzio del ministero- Manovra, la riforma della normativa sugli stage getta gli enti promotori nel caos: e scatta l'anarchia interpretativa- Anche gli stage finiscono nella manovra del Governo: da oggi solo per neodiplomati e neolaureati, e per un massimo di sei mesi- Manovra, Michele Tiraboschi: «I nuovi paletti per i tirocini potranno essere modificati dalle Regioni»

La richiesta d'aiuto di Carla: «Dato che i tirocini Mae-Crui non prevedono rimborso spese, come accedere ai contributi dell'università di Cagliari?»

Gentile redazionemi chiamo Carla e scrivo per avere delle informazioni sui tirocini Mae. In particolare vorrei sapere se ci sono dei sussidi economici che aiutino i tirocinanti a sostenere le spese del viaggio e di sostentamento. Sul vostro sito ho letto che l'università di Cagliari e la Regione Sardegna mettono insieme un finanziamento pari a 1000 euro mensili...potreste, per favore, farmi sapere dove e quando dovrei consegnare la domanda per avere tale contributo? Qui a Cagliari nessuno sa dirmi niente...In attesa di una vostra risposta, vi ringrazio per l'attenzione e vi saluto cordialmente,Carla Per rispondere alla domanda della lettrice, la Repubblica degli Stagisti ha interpellato direttamente l'università di Cagliari, già coinvolta nel sondaggio sugli atenei "virtuosi" che offrono rimborsi spese ai tirocinanti. Dall'ufficio Erasmus rispondono così: «Dovremmo pubblicare oggi il nostro bando, in cui si stabilisce che verranno inoltrate al Mae fino a un massimo di 6 candidature». Sono le università, infatti, a effettuare il primo processo di selezione dei candidati, che poi devono essere approvati in via definitiva dal ministero. Quindi, su tutti gli studenti che parteciperanno al bando, l'ateneo ne preselezionerà sei.Come accedere ai contributi? «Tutti gli studenti selezionati beneficeranno di un contributo complessivo massimo di 3.900 euro, di cui 1.000 euro al mese per le spese di mobilità, più un rimborso di viaggio andata e ritorno che va da un minimo di 250 euro per le destinazioni comunitarie a un massimo di 900 euro per le sedi estere più lontane», spiegano dall'università. Il contributo agli studenti grava in parte sui fondi di bilancio e in parte sui fondi regionali. Per ulteriori chiarimenti e informazioni, è possibile scrivere all'indirizzo erasmus [chiocciola] unica.it.Uno dei grandi limiti del progetto Mae-Crui consiste proprio nell'assenza di rimborsi spese per i tirocinanti. In occasione del precedente bando di settembre, la Repubblica degli Stagisti aveva lanciato un appello al ministro Frattini per destinare lo 0,2% del bilancio annuale a finanziare i partecipanti. Purtroppo l'appello è rimasto senza risposta, almeno fino ad ora. Ogni anno circa 1.800 giovani prendono parte a questa esperienza; un budget complessivo di 3,6 milioni di euro sarebbe sufficiente a garantire un rimborso forfettario di 500 euro al mese per gli stage in Europa (il 65% del totale) e di 1.000 euro per gli stage in Paesi extraeuropei (il restante 35%).Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- Mae-Crui, la vergogna degli stage gratuiti presso il ministero degli Esteri: ministro Frattini, davvero non riesce a trovare 3 milioni e mezzo di euro per i rimborsi spese?;- Le università «virtuose» del Mae-Crui: tutti i dettagli sui rimborsi spese e le borse di studio per i tirocini in ambasciate, consolati e istituti di cultura;- Rimborso spese per gli stage Mae-Crui, a chi sì e a chi no. La protesta di una lettrice: «Non è giusto: tutti dovrebbero ricevere un sostegno»

La lettera di una lettrice: «Ho rifiutato uno stage gratuito, ma ora me ne pento»

«Seguo il sito Repubblica degli Stagisti, ho letto che secondo voi è giusto rifiutare gli stage senza rimborso e così ho fatto - però me ne sono pentita. Poteva essere l'occasione per conoscere gente e inserirmi dentro. Gli stage con rimborso il più delle volte sono proposti da multinazionali che prendono solo laureati in economia e dopo innumerevoli colloqui di gruppo, individuali, test e magari qualche conoscenza... Come sempre chi ha una laurea umanistica è penalizzato. il prossimo stage gratuito lo accetterò volente o nolente, come mi è stato consigliato addirittura dal tutor dell'università, piuttosto che stare a casa».Il tema che pone la lettrice, che preferisce restare anonima, è lo stesso sollevato recentemente sul Forum da Luke, 30enne laureato in Scienze della comunicazione, che dopo aver rifiutato tre stage gratuiti e aver trovato lavoro in un ambito diverso si trova a chiedersi: ma non sarebbe stato meglio forse accettare questi stage gratuiti, pur di entrare nel settore?La risposta giusta non esiste: la scelta sta sempre a ciascuno di noi. Nel suo libro Eleonora Voltolina, direttore della Repubblica degli Stagisti, ha cercato di spiegare perchè ritiene che gli stage che non prevedono rimborso spese siano ingiusti, e ha sottolineato come in realtà le imprese che non offrono un emolumento ai propri stagisti costringano questi ultimi a fare un secondo lavoro (spesso i baristi o camerieri la sera) per mantenersi, o a continuare a 25-30 anni ancora a farsi mantenere dai propri genitori.Ma poi è chiaro che se la proposta di stage è talmente interessante, i contenuti formativi talmente significativi, le prospettive di crescita professionale talmente irrinunciabili, una persona può decidere di infischiarsene del rimborso (o meglio, dell'assenza di rimborso) e accettare quella proposta, facendo un investimento sulla sua formazione.Un breve inciso rispetto ai consigli del tutor: il loro valore dipende molto da chi è il tutor in questione, quanti anni ha, quale conoscenza ha del mondo del lavoro e delle dinamiche aziendali. Spesso a consigliare di accettare stage gratuiti sono persone che non hanno mai fatto nemmeno uno stage, e che hanno un contratto a tempo indeterminato e uno stipendio sicuro... Facile in quelle condizioni dare al giovane di turno il consiglio di «chinare la testa e accettare qualsiasi condizione pur di non stare a casa», ma è davvero meglio? La Repubblica degli Stagisti attraverso il suo lavoro giornalistico cerca sempre di dare visibilità alle opportunità di stage all'estero, magari in organismi UE, che prevedano un buon rimborso spese e l'apertura anche a chi ha lauree non prettamente economiche. Andare all'estero anzichè stare a casa parrebbe un consiglio più sensato, piuttosto che accettare stage a qualsiasi condizione, rischiando pure di rimetterci!Ma è un punto di vista: nessuno pretende che tutti i lettori siano d'accordo, è una posizione della Repubblica degli Stagisti che ciascuno può decidere di non condividere o anzi di avversare. Sempre però tenendo a mente che non si vive di aria: e che quindi uno stage gratuito comporterà sempre il bisogno di reperire altrove i soldi per mangiare, dormire, spostarsi e vivere.Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:- 180 tirocini da oltre mille euro al mese al Parlamento europeo: ultimi giorni per candidarsi- Tirocini a Bruxelles e Strasburgo nell'ufficio dell'Ombudsman dell'Unione europea, rimborso spese da 1100 a 1300 euro al mese- Stage, ti voglio in tutte le lingue dell'Ue: 60 tirocini da 1200 euro per traduttori al Parlamento

«Caro Gesù Bambino, ti chiediamo una pensione per i precari»: il direttore della Repubblica degli Stagisti e altri quattro giovani scrittori lanciano una proposta

Caro Gesù Bambino,ciò che vorremmo quest’anno per Natale noi giovani lavoratori precari è di avere più tutele e più garanzie sul lavoro. E quindi poter metter su famiglia, magari dei figli, comprare una casa o quanto meno affittarla e poi, con calma, diventare vecchi. Ma forse nemmeno tu questo ce lo puoi regalare subito. Allora abbiamo pensato di chiederti per quest’anno una cosa che richiede più tempo: una pensione. Negli ultimi tempi i giornali hanno raccontato di come chi ha contratti di lavoro a progetto e discontinuo avrà accumulato alla fine della sua carriera lavorativa contributi talmente bassi da prendere un terzo dell’ultimo già basso stipendio. Al presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua tempo fa è scappata una battuta, che poi ha dovuto smentire: «Se si conoscessero le stime sulle pensioni dei giovani precari ci sarebbe una rivolta sociale». E la stessa Banca d’Italia ha detto che la metà degli italiani si prepara ad andare in pensione con meno del 60% dell’ultimo stipendio; a parità di requisiti tra lavoratori, noi percepiremo tra 30 anni il 52% degli ultimi stipendi mentre chi va in pensione ora prende il 70%. È giusto? No. Allora, Gesù Bambino, ci è venuta in mente l’idea di uno scambio che può essere utile a noi e a tutta la collettività: ma abbiamo bisogno di te per convincere i ministri Tremonti e Sacconi a realizzarla.Lo scambio è questo. I precari si impegnano ad aumentare quanto ricava lo stato dalla lotta dall’evasione fiscale: ogni volta che consumiamo chiediamo lo scontrino fiscale o una fattura o in ogni caso una ricevuta che consenta la tracciabilità fiscale del denaro, sottraendolo all’economia in nero. E in cambio lo Stato accantoni un quarto di quanto ricavato dalla lotta all’evasione fiscale ripartito nella posizione previdenziale di ciascuno di noi. Proprio qualche giorno fa l’Agenzia delle Entrate ha fatto sapere che nel 2010 saranno recuperati 10 miliardi dalla lotta all’evasione. Siamo certi che precari ben motivati a migliorare la propria posizione, possano aumentare di ben oltre il 25% questo gettito nei prossimi anni. Vogliamo provare?Per noi, caro Gesù Bambino, questo scambio è un modo di contribuire a realizzare un’Italia migliore, meno inquinata da vecchi lassismi e iniquità, con i ricchi evasori che se la spassano alle spalle degli onesti sempre più poveri; in cambio noi otterremo una pensione un pochino più decorosa: forse non tanto quanto percepisce chi va in pensione ora, ma qualcosa di più decente. Per ottenere una pensione analoga a chi ha invece un lavoro a tempo indeterminato e non discontinuo, caro Gesù Bambino, ci devi pensare tu.Eleonora Bianchini, giornalista e bloggerBenedetta Cosmi, autrice di “Non siamo figli contro-figure”Antonio Incorvaia e Alessandro Rimassa, autori di “Generazione Mille Euro”Eleonora Voltolina, direttore della Repubblica degli StagistiPer saperne di più su questo argomento, leggi anche:- «Le mie pensioni»: quanto prenderanno domani i precari di oggi?- Un esercito immobile: l'editoriale di Alessandro Rosina su giovani disoccupati e precari