Categoria: Interviste

Ashoka Fellows, Francesca Fedeli di Fight the Stroke: "Portiamo in Italia il concetto di imprenditoria sociale"

Una mamma che ha fatto del suo vissuto personale un lavoro e quasi una missione: per la prima intervista del ciclo dedicato agli Ashoka Fellows la Repubblica degli Stagisti incontra Francesca Fedeli, fondatrice di Fight the Stroke, un'associazione che si propone di fornire un concreto supporto a tutti i bambini colpiti da ictus. Una malattia che spesso, erroneamente, si associa solo agli anziani e alle loro famiglie. Quarantasette anni, una formazione accademica che l’ha portata a conseguire la laurea in Economia agraria e vari master, Francesca aveva avviato la sua carriera in aziende multinazionali, ricoprendo in particolare ruoli legati al marketing e alle relazioni esterne. Fino all’evento che le ha cambiato la vita: la nascita, nel 2011, di suo figlio Mario, un bimbo che appena dieci giorni dopo la nascita è stato colpito da ictus perinatale. Questa esperienza durissima si è trasformata ben presto in un lavoro per Francesca, che qualche tempo dopo la nascita di Mario ha deciso di lanciare un’associazione che si occupasse proprio dei bambini colpiti da questa sindrome o da altri disturbi cerebrali in tenerissima età. E il prossimo 30 novembre, per il quinto anno consecutivo, Fight the stroke porta a Milano il TedMed, l’edizione della Ted Conference dedicata alle grandi sfide di medicina, innovazione e scienza: nell’appuntamento verrà proiettata una selezione di talk del TedMed americano (andato in scena in California la settimana scorsa) selezionati da un panel di curatori scientifici italiani, esperti in diverse discipline. Il tema di quest’anno sarà ‘Chaos + Clarity’: mentre il caos è spesso disordinato e può sembrare antiscientifico, è in realtà un grande amico del metodo scientifico. Dalle situazioni caotiche, infatti, spesso nascono le più grandi scoperte. Come l’intuizione alla base di Fight the Stroke.Come è nata Fight the Stroke?Al momento della diagnosi di ictus perinatale di Mario io e mio marito ci siamo resi conto di quanto fossero scarse le nostre conoscenze al riguardo. Dopo aver trascorso i primi due anni a elaborare il trauma e a cercare le cure migliori per il nostro bambino (qui il video della loro partecipazione al Ted 2013), nel 2014 abbiamo deciso di trovare un modo per “restituire” le conoscenze che avevamo sviluppato. Così è nata Fight the Stroke. Negli anni poi ci siamo “allargati” e ora ci occupiamo di tutti i bimbi con paralisi cerebrali infantili o traumi cerebrali insorti in una fase precoce della vita: si tratta di circa 17 milioni di bambini nel mondo.Un'esperienza così cambia la vita.L’esperienza con Mario mi ha fatto scoprire di avere abilità, skill, che non sapevo di possedere: come la resilienza e la facoltà di accettare che non sempre le cose vanno come ci aspettiamo. Essere madre di un bimbo con bisogni speciali attiva in modo particolare la capacità di resilienza.I vostri progetti?Il più importante è senza dubbio quello di Mirrorable, la nostra piattaforma di riabilitazione. Il progetto si basa su nozioni scientifiche come la scoperta dei neuroni specchio, quelli che si attivano quando vediamo la nostra immagine allo specchio – o un’altra persona – che svolge una certa attività, tipo bere un bicchiere d’acqua. Mostrare questa azione a un bambino colpito da ictus o da paralisi cerebrale infantile genera la costruzione di alcune sinapsi necessarie per reimparare questo movimento. Facendo esercizi i bambini recuperano parte delle abilità perse. Inoltre, attraverso la piattaforma è possibile collaborare con altre famiglie coinvolte dallo stesso problema: la riabilitazione tra pari ha dimostrato di essere molto efficace. Infine, organizziamo anche campi estivi in cui i bambini lavorano in un percorso intensivo. Come si inserisce il progetto Mirrorable nella struttura di Fight the Stroke?Fight the Stroke è attualmente un’associazione di promozione sociale che però sta virando verso il modello della fondazione: a gennaio cambieremo statuto. All’interno dell’associazione abbiamo costituito gruppi di lavoro che si attivano in maniera fluida e flessibile. Al progetto che ha portato alla realizzazione di Mirrorable hanno collaborato a vario titolo nove persone: la piattaforma è stata poi testata in un clinical trial che ha mostrato come il prodotto avesse un’efficacia superiore del 26% a quella della riabilitazione tradizionale sul fronte del recupero dell’attività motoria. Si tratta di un progetto dal respiro internazionale: il nostro obiettivo è lavorare alla diffusione della piattaforma nei Paesi di lingua inglese e spagnola, oltre che in quelli di lingua italiana. Com'è andato il percorso di selezione per diventare Ashoka fellow?Il percorso è iniziato nel 2014, nel momento in cui stavo rientrando dagli Usa, dove peraltro mi trovavo per un’altra fellowship, la Eisenhower Fellowship, un programma specifico sull’innovazione. Per me la fellowship di Ashoka ha rappresentato di un punto di arrivo: Ashoka ancora non esisteva in Italia, per cui il processo di valutazione è iniziato negli Usa e si è concluso nel 2015 in Olanda. Si è trattato di un percorso di valore, specie perché mi trovavo nel momento in cui dovevo decidere in che modo mandare avanti la mia idea imprenditoriale, ed entrare nella rete Ashoka mi ha senz’altro agevolato.Che significato ha essere nominati Fellow?A me la nomina ha dato consapevolezza di un ruolo: prima che esistesse Ashoka in Italia non era ancora chiaro il concetto, che ancora fa fatica a consolidarsi, di imprenditore sociale. Parliamo di chi nella sua attività non guarda esclusivamente al ritorno economico, ma pensa anche all’impatto sulle generazioni future. Entrare in questa rete per me è stato il valore più importante. Inoltre, in alcuni casi come il mio – all’epoca ero disoccupata – l’associazione garantisce uno stipendio minimo per continuare a operare come imprenditore sociale.In cosa Fight the Stroke è diverso... è speciale?Innanzitutto è l’unico progetto sull’health in Italia premiato da Ashoka, senza dubbio perché nel caso della salute si fa fatica a improvvisarsi imprenditori: occorrono un solido background e conoscenze specifiche. Un’altra caratteristica è il fatto che questo progetto parte da un problema che mi ha toccato personalmente: in questo modo vedono la luce molte imprese sociali, che nascono da un vissuto personale per poi espandere l’azione a raggio più ampio.Qual è l’impatto più forte sulla società?Noi esistiamo innanzitutto per creare consapevolezza, fare advocacy sul problema dell’ictus in età precoce e in generale dei bimbi colpiti da paralisi cerebrale infantile. Una questione ancora poco conosciuta: con Fight the Stroke siamo riusciti a coinvolgere mille famiglie colpite dal problema in Italia. Da qui ci siamo mossi per cercare di apportare quello che Ashoka definisce un “cambiamento sistemico”. Queste malattie presentano infatti varie difficoltà per quanto riguarda la diagnosi precoce e la riconoscibilità dei sintomi: per questo nel 2017 siamo riusciti a ottenere uno dei primi risultati, l’apertura del Centro Stroke specializzato presso l’ospedale pediatrico Gaslini di Genova. Un altro dei pilastri della nostra attività è poi la risoluzione del problema della riabilitazione motoria di questi bambini, che devono effettuarla per tutta la vita. Abbiamo constatato che nel mondo della riabilitazione esistevano dei “minus” a questo riguardo e quindi abbiamo creato la nostra piattaforma Mirrorable, attraverso la quale questi bambini possono eseguire gli esercizi di cui hanno bisogno. In sintesi, quindi, l’impatto della nostra attività sulla società si articola su tre aree: creare una consapevolezza e fare rete, aprire il primo centro specializzato, e avviare la piattaforma per la riabilitazione.In cosa consiste l'appuntamento di TedMed del prossimo 30 novembre?Portiamo in Italia questo appuntamento in maniera esclusiva da cinque anni. All’interno di Ted Global, un ciclo di conferenze internazionali dedicate all'innovazione, alla creatività e alle idee, c’è un appuntamento verticale dedicato a medicina, scienza e innovazione, con interventi brevi e di tipo divulgativo. Il 30 novembre a Milano, a partire dalle nove e mezza del mattino (qui il programma completo) vedremo tutti i talk dagli Usa; ci saranno poi due moderatori, sezioni in cui faremo workshop e attiveremo sinergie con un pubblico variegato, composto da medici, studenti di medicina e di ingegneria biomedica e altre professionalità. Il senso di questo appuntamento è imparare a costruire un’alleanza terapeutica tra tutti i soggetti portatori di interesse su questa materia.

Food delivery, a Milano ora c'è uno sportello per i riders: “Il Comune vuole aiutarli”

Da metà luglio di quest'anno è attivo a Milano uno sportello di ascolto dedicato ai riders, i fattorini che consegnano pranzi a domicilio in bici o motorino per conto di diverse e popolari app come Deliveroo, Foodora e Just Eat. Lo sportello è stato inaugurato su iniziativa della giunta Sala e, per il momento, è aperto due giorni a settimana – il mercoledì e il giovedì dalle 9 alle 12.30. Dopo la «Carta di Bologna» si tratta della seconda iniziativa rilevante che, in pochi mesi, tenta di dare una risposta a livello locale alle richieste di una categoria diventata un simbolo del precariato giovanile. La Repubblica degli Stagisti ha incontrato Fiorella Imprenti, 40 anni, alle spalle un dottorato in Storia, oggi assessora alle politiche del lavoro a Rozzano – un comune di quasi 45mila abitanti alle porte di Milano – e esponente della Società italiana di Storia del lavoro, oltre che collaboratrice dell’assessora alle politiche del lavoro del Comune di Milano Cristina Tajani e responsabile dello sportello per l'assessorato.Che cosa vi ha spinto a creare uno sportello per i riders?Abbiamo provato ad impostare il discorso sui cosiddetti riders, i fattorini del food delivery, guardando a quello che stava succedendo a Bologna con l’approvazione della Carta. A Milano però la situazione è diversa. Se a Bologna sono attive molte start-up locali, da noi invece il settore è dominato dalle grandi multinazionali. Se a Bologna, città universitaria, i riders sono soprattutto studenti-lavoratori, la nostra sensazione è che a Milano si tratti molto anche di un lavoro di primo ingresso per gli stranieri. Abbiamo chiesto dei dati alle aziende in questo senso ma quelli che ci sono arrivati non ci hanno convinto. Non siamo certi, ad esempio, che si possano confermare per lo scenario milanese i dati di alcune piattaforme, come Deliveroo, che dicono di avere nel proprio organico l’80% di riders italiani. Abbiamo bisogno di intercettare il reale e avere un quadro completo sul profilo dei riders a Milano e sul mercato in cui operano per capire come poterli effettivamente sostenere in un percorso di miglioramento delle loro condizioni di lavoro. Per questo ci serviva e ci serve un modo per raccogliere dei dati per conto nostro. L’idea dello sportello nasce da qui.Concretamente come opera lo sportello?Innanzitutto come spazio di ascolto in cui i riders possono portare le loro istanze e sollevare i loro problemi in materie come la sicurezza stradale, l’igiene, le coperture assicurative. In parallelo ci sono i percorsi di formazione, ad esempio con corsi di lingua italiana per gli stranieri. Al momento, visto che siamo ancora in fase di lancio, non esistono percorsi strutturati appositamente per i riders ma quelli che stanno già usufruendo del servizio sono stati inseriti nei corsi ordinari organizzati dal Comune. L’obiettivo è partire al più presto anche con dei corsi su misura per loro, ma su questo non pensiamo certo di lavorare da soli: gli attori che a livello cittadino operano sui temi della formazione e della sicurezza - parti sociali, realtà associative e istituzioni, oltre alle aziende se lo vorranno - sono nostri partner fondamentali.Da quante persone è formato l’organico dello sportello? Oltre a me, che coordino per l'assessorato l’iniziativa, l’Area Economia Urbana è impegnata con la propria struttura e con due risorse dedicate – funzionari con solida esperienza e preparazione. Soprattutto, abbiamo usato come criterio la conoscenza di una o più lingue straniere. Questo perché, come detto, la nostra sensazione è che a Milano la gran parte dei riders siano stranieri. Al momento non sappiamo se sia un organico adeguato rispetto alla mole di lavoro perché siamo ancora in fase di avvio. Chiaro che, se dovessimo accorgerci che due persone sono poche, provvederemmo a potenziarlo.Che risultati vi aspettate da questo sportello?Come detto, innanzi tutto vogliamo tracciare l’identikit del rider milanese per poter intervenire con politiche mirate. Restano poi fondamentali gli interrogativi di base  a cui, con tutti gli attori territoriali coinvolti e le parti sociali, vogliamo provare a dare risposta. Qual è il modello di business delle piattaforme di food delivery che a oggi operano in perdita? Come inciderà ad esempio la presenza di queste piattaforme sugli affari dei nostri ristoranti? Si tratta di una crescita di volume o si determineranno trasformazioni magari legate alla formula del laboratorio di cucina che consegna a domicilio? Sono argomenti rilevanti per chi, come noi, attribuisca al commercio di vicinato un valore sociale ed aggregativo oltre che economico. Lo sportello si inserisce quindi all’interno di una serie di iniziative già attive nel Comune di Milano che tentano di dare una risposta a queste domande. Lo sportello è attivo da pochi mesi. Avete già qualche primo dato da sottolineare?Siamo appena in fase di lancio. Faremo il primo bilancio a brevissimo e nel frattempo abbiamo dato il via a un’indagine conoscitiva a cui stiamo lavorando con Paolo Natale, docente di Metodi e tecniche della ricerca sociale dell'università Statale.Ok, i riders così a Milano hanno uno spazio dedicato, ma le piattaforme per cui lavorano sono coinvolte? Il rischio è che senza di loro il tutto possa essere un po’ inefficace.Le aziende non sono coinvolte direttamente, al momento sembrano più interessate alle interlocuzioni col Governo sugli aspetti contrattuali e stanno lasciando in secondo piano quelli che sono i risvolti della questione sul territorio. Le abbiamo però invitate all’inaugurazione del 18 luglio poiché siamo perfettamente consapevoli che, a prescindere da quello che è il quadro nazionale, su alcune questioni come la sanità, la sicurezza stradale o l’organizzazione commerciale le aziende devono per forza rapportarsi con gli enti locali. Poi non ci tiriamo certo indietro sul tema contrattuale, diciamo chiaramente che il “buon lavoro” è parte integrante di un’idea di città e su questo saremo accanto ai lavoratori che faranno sentire la propria voce. Quali aziende erano presenti nel giorno dell’inaugurazione?All’inaugurazione sono venuti dei rappresentanti di MyMenu Sgnam Bacchette e Forchette, Foodora e Glovo, non erano presenti per motivi istituzionali invece Deliveroo e Just Eat ma, come gli altri, hanno dato la loro disponibilità a collaborare. Per quanto riguarda i sindacati, invece, hanno partecipato Cgil, Cisl, Uil mentre i ristoratori sono stati rappresentati da Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti, Unione artigiani e Cna. Erano poi presenti Deliverance e Usb. In quale forma vi hanno proposto di collaborare le piattaforme?Come Comune di Milano già da tempo ci confrontiamo periodicamente con le piattaforme di food delivery. È poi aperto un tavolo con i sindacati confederali, le categorie coinvolte, i rappresentanti di base e le associazioni di categoria dei ristoratori. L’ultima riunione del tavolo si è tenuta proprio il 18 luglio in coda all’inaugurazione dello sportello. Ci siamo lasciati dicendo che nel prossimo incontro ogni organizzazione arriverà avendo già maturato una proposta costruttiva che si possa mettere in sinergia con quanto messo in campo dal Comune.Oltre allo sportello e a questo tavolo informale, esistono altre iniziative istituzionali del Comune di Milano a favore dei riders?Sì, il tema dei riders è toccato anche dal tavolo istituzionale con la prefettura sulla sicurezza sul lavoro. Per citare un risultato concreto, i nostri vigili già da gennaio 2018 hanno incontrato e formato i responsabili delle piattaforme e, tra le altre cose, chiesto che fossero loro a fornire lucine, catarifrangenti e supporti per il cellulare ai riders. Di riders si parla anche nell’ambito del Ccp (Centro per la cultura della prevenzione). Si tratta del nostro centro per la sicurezza sul lavoro, che da alcuni mesi abbiamo acceso sui temi legati alla sicurezza sul lavoro dei lavoratori di piattaforma e ovviamente dei riders. Il Ccp è per noi uno strumento molto importante e il suo ruolo è stato riconosciuto anche dalla prefettura che, nell'ultimo protocollo firmato tra istituzioni per la sicurezza sul lavoro, lo ha individuato come luogo di ragionamento e proposte relative ai nuovi lavori.Con i sindacati dei riders e con i ristoratori com’è invece il rapporto?Con i sindacati c’è un confronto costante e un ottimo rapporto di collaborazione. Durante l’ultima riunione del tavolo di confronto ci hanno garantito il loro sostegno nel progetto dello sportello e stiamo aspettando che ci dicano, a breve, come intendono portare avanti questa collaborazione. La stessa cosa l’hanno fatta i ristoratori. Come Milano siamo molto orgogliosi di aver coinvolto anche loro, che invece sono una categoria praticamente ignorata dal dibattito nazionale sul tema. Ascoltare i ristoratori è utile, perché sanno regalarti molti spunti, come ad esempio la questione della mancanza di spazi nei locali per tenere da parte il cibo da consegnare ai riders.State pensando anche voi ad un documento come la Carta di Bologna?Dobbiamo capirne l’utilità. Oltre alla Carta di Bologna sono in corso in tutta Italia diverse elaborazioni politico-teoriche sulla questione, come ad esempio le iniziative della Regione Lazio, e con queste ha senso confrontarsi più che creare doppioni. Noi abbiamo a cuore tutta la questione della gig economy e dei lavori digitali, non solo quella dei riders. In questo momento non sentiamo il bisogno di una nuova Carta, ma sentiamo soprattutto la necessità di raccogliere informazioni e sperimentare modelli di governance territoriale. A questo proposito riteniamo ad esempio fondamentale il tema dei dati prodotti dalle piattaforme e dal lavoro dei fattorini, che avrebbe molto senso far diventare patrimonio comune. Barcellona è su questo un città a cui guardare. Chiaro che ci vorrebbe la disponibilità delle aziende a trattare.Giulio Monga

1800 tirocini fasulli scovati dagli ispettori del lavoro l'anno scorso, «uno dei più frequenti fenomeni di violazione»

Quest'anno i lavori mascherati da tirocinio – leggi: l'utilizzo truffaldino e meschino dello strumento dello stage per risparmiare sul personale – sono una delle priorità degli ispettorati del lavoro. Ciò vuol dire che gli ispettori che quotidianamente visitano le imprese italiane per controllare che sia tutto in regola hanno adesso esplicitamente il mandato di verificare accuratamente il rispetto delle normative sugli stage: una circolare spiega nel dettaglio quali aspetti monitorare. Già senza che i tirocini fossero evidenziati come priorità, l'anno scorso gli ispettori avevano stanato circa 1.800 stage fasulli. La prospettiva è che quest'anno ne scovino ancora di più: «C'è una profonda differenza tra la prestazione del tirocinante e un rapporto di lavoro subordinato: abbiamo deciso di fare una circolare e dare indicazioni precise per ristabilire ordine sulla materia» spiega Paolo Pennesi, capo dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro. La Repubblica degli Stagisti lo ha intervistato.Per noi della RdS questa vostra decisione di inserire tra i settori prioritari di intervento per la vigilanza nel 2018 anche i tirocini è la notizia – l’abbiamo attesa per quasi un decennio. Come mai avete deciso di focalizzare questo tema?Le ragioni sono fondamentalmente due. La prima è che, nel filone di attività che svolgiamo sui temi della corretta qualificazione dei rapporti di lavoro abbiamo riscontrato che uno dei fenomeni più diffusi a livello statistico, insieme alle collaborazioni e le false partite Iva, è quello del falso tirocinio in funzione  sostitutiva di una normale assunzione. L’altro elemento è che abbiamo cominciato a vedere un orientamento della giurisprudenza di merito un po’ troppo confusionario e avventurista sulla identificazione dei presupposti del tirocinio, secondo me anche equivocando la disciplina statale e regionale in materia. Mi riferisco per esempio ad alcuni pronunciamenti del tribunale di Napoli, che sono quasi imbarazzanti: si finisce per dire che la piena fungibilità del tirocinante col lavoratore subordinato è una circostanza che di per sé non significa falso tirocinio. Oppure che sia un dato irrilevante, ai fini della corretta qualificazione, che il tirocinante svolga le stesse identiche e analoghe attività di quelle prestate dai dipendenti presso la società ospitante. O irrilevante anche il fatto che sia tenuto a fare lavoro straordinario o supplementare o che venga inserito nel piano ferie aziendale. Qui si finisce per non avere più chiaro quali sono le caratteristiche fondamentali del tirocinio e del tirocinante!Come se non ci fosse differenza con i lavoratori.Già. Ma siccome noi continuiamo a ritenere che nonostante queste “avanzate” letture giurisprudenziali ci sia una profonda differenza tra la prestazione del tirocinante e un rapporto di lavoro subordinato, abbiamo deciso di fare una circolare e dare indicazioni precise, per ristabilire un po’ d’ordine su tutta la materia.Approfondiamo allora la prima di queste ragioni. Lei dice: abbiamo riscontrato statisticamente la presenza di tirocini fasulli. Però nel vostro rapporto annuale 2017 e non emerge nessun dato specifico al riguardo.Perché non è un dato previsto dal nostro sistema di rilevazione; ma abbiamo fatto un’analisi di approfondimento provincia per provincia. Il dato sintetico è c’è un buon 25% della casistica di riqualificazioni che noi abbiamo fatto che afferisce al tirocinio.Se avete individuato 5.600 riqualificazioni nel 2017…Il 25% di queste 5.600 è riferibile a fenomeni di tirocini non corretti.Dunque ci sono stati all’incirca 1.800 casi scovati da voi di tirocini fasulli l'anno scorso. Ma ci sono abbastanza ispettori per svolgere questo lavoro di controllo? In forza all'Ispettorato ne risultano 2.100 sul territorio.Quei 2.100 sono quelli di provenienza ministeriale, poi ne abbiamo altri 1.200 di provenienza Inps e 290 di provenienza Inail. Complessivamente abbiamo un corpo ispettivo che ammonta a circa 3.600 ispettori attivi.Le faccio questa domanda perché nel corso di questi anni mi è stato detto che una delle ragioni principali per cui non si facevano controlli sui tirocini era che c’erano troppi pochi ispettori.Avendo gli ispettori il compito di controllare il mondo del lavoro tout-court – fenomeni lavoristici, previdenziali, assicurativi – dire che sono troppo pochi gli ispettori è una risposta che potrebbe valere per tutto, non solo per i tirocini. Noi abbiamo da riscontrare violazioni e fenomeni patologici che attengono chiaramente non solo al tirocinio: appalti illeciti, problemi di superamento dell’orario di lavoro, fenomeni legati alla tutela dei minori, delle donne in gestazione... Dobbiamo controllare tutto il diritto del lavoro: dunque di anno in anno selezioniamo delle priorità attraverso una commissione presieduta dal ministro in cui siedono tutti gli organi istituzionali, le parti sociali, datoriali e sindacali. Quest’anno il tirocinio, per le due ragioni che le ho detto, è tra questi elementi fondamentali. Non che negli anni scorsi non scoprissimo tirocini non corretti, diciamolo chiaramente; solo che non era una priorità di azione comune. L'ex ministro Poletti ha promesso l'assunzione di 150 nuovi ispettori.Sì, il decreto è stato approvato e definito, adesso è al vaglio della Corte dei conti. Ci prepariamo a fare un concorso per assumere 150 ispettori in più, che daranno una mano.Si può dire che entro la fine dell’anno entreranno in servizio?No. Con i tempi che corrono ci immaginiamo un oceano di domande: quando si bandisce un concorso pubblico per 150 posti arrivano 70-80mila candidature, quindi dovremo organizzare una procedura concorsuale per quella grande mole di candidati. Possiamo dire che entro l’anno lo bandiremo sicuramente, e nell’arco del 2019 le prove saranno ultimate. Quindi a fine 2019 potremmo avere l’ingresso dei 150 ispettori. Adesso due domande un po’ tecniche. Cosa succede se un vostro ispettore si reca in un’azienda per un controllo e si trova di fronte a un tirocinante straniero? L’azienda deve rispettare la normativa vigente in Italia e in particolare in quella Regione, oppure può essere applicata la normativa del Paese di provenienza dello stagista? Questo tipo di problema lo abbiamo avuto in particolare con la Francia, con dei gruppi francesi operanti in Italia che intendevano per stage qualcosa che non era assolutamente il tirocinio previsto dalla nostra regolamentazione. La risposta è no: nell’ambito dei nostri confini nazionali la normativa da applicare è quella italiana, senza questioni. I casi di “distacco” che si conoscono – transfrontalieri o di lavoratori stranieri – sono un fenomeno completamente diverso, che consente di applicare la disciplina del Paese di provenienza. Ma il meccanismo del distacco per il tirocinio non funziona.Seconda domanda tecnica. Cosa succede, d’ora in poi, se gli ispettori si imbattono in tirocini che hanno dei chiari profili di irregolarità, ma sono inquadrati come curriculari? Poniamo il caso di un ispettore che si accorga che il ragazzo è usato come un dipendente, oppure che fa un orario di lavoro esagerato, oppure che c’è un numero di stagisti che eccede il numero massimo; tutte violazioni più o meno gravi – però questo tirocinio è curriculare. Cosa può fare l’ispettore?In questo caso la ricostruzione di un rapporto di lavoro presenta delle criticità proprio perché non si tratta di un tirocinio extracurricolare. Quindi l’obbligo è di segnalarlo immediatamente alle autorità scolastiche: la segnalazione di patologie come queste potrebbe portare al fatto che quell’azienda non possa più ospitare stagisti in futuro. Quindi di fatto se voi troverete qualche tirocinante curriculare in una situazione non buona, non farete il rapporto però farete la segnalazione, per esempio, all’ufficio stage dell’università.Assolutamente. O anche agli uffici delle scuole medie superiori per i periodi di alternanza scuola-lavoro. Pensare di poter scambiare l’attività dell’alternanza con quella di un vero rapporto di lavoro di fatto va assolutamente stigmatizzato. Comportamenti come questo vanno riferiti alle autorità scolastiche: “Ci sono tante aziende più serie: sceglietele meglio”.Una volta, prima che ci fossero le normative regionali, c’era una sola legge che faceva fede per tutto, la 142/1998. Questa legge è stata parzialmente superata, a partire dal 2013, dalle linee guida e le varie leggi regionali. Per i curriculari è rimasta in vigore, però ormai è depotenziata. Voi, come ispettorato del lavoro, auspichereste che finalmente venisse proprio riformata, facendo una nuova normativa proprio ad hoc per i tirocini curriculari? Vi potrebbe essere utile?Secondo me non è un problema di normativa. Per individuare le violazioni eclatanti non c’è bisogno di una legge specifica. I tratti distintivi dei due istituti sono talmente evidenti, talmente chiari che non necessitano di essere un’altra volta ribaditi con previsioni di carattere regolatorio. Pensare che il tirocinante deve lavorare alla catena con i lavoratori dipendenti, o che debba presentare il piano ferie, o che abbia degli obiettivi di produttività individuale, sono cose che stridono in modo talmente evidente che andarle a ribadire sembrerebbe quasi inutile. Ultima domanda sull'argomento curricolari-extracurricolari. Poniamo il caso di un’azienda che, per il suo numero di addetti, potrebbe avere al massimo 10 stagisti. Però noi sappiamo che questa proporzione prima, con la vecchia normativa del 1998, si applicava sulla totalità degli stagisti, mentre adesso si applica solo sui tirocinanti extracurriculari. Mettiamo che i vostri ispettori trovino, in quest’azienda che ha 100 dipendenti, 10 stagisti extracurriculari e 10 curriculari provenienti da varie università. Quindi di fatto il numero è doppio rispetto al consentito, però in punta di diritto in realtà la proporzione con gli extracurriculari è rispettata. Voi cosa fate di quegli altri 10 in più curriculari?Questo è uno dei casi limite più complicati e complessi. Quel che posso ribadire è che la nostra circolare non si applica ai tirocini di carattere curricolare. Quindi bisogna vedere molto attentamente, anche sul discorso percentuali, quello che va esaminato di volta in volta. Però, sia per le violazioni dei massimi percentuali sia per altri aspetti, mi sembra difficile ricondurre a una disciplina del rapporto di lavoro tout-court anche le irregolarità riferite ai tirocini curriculari, così come invece viene fatto tranquillamente per gli extracurriculari.Nel corso degli anni abbiamo tante volte incrociato nel nostro cammino centri per l’impiego, università, sindacati che ci hanno detto: “Noi, se gli ispettorati lo volessero, avremmo una bella lista di aziende in gli ispettori potrebbero andare a colpo sicuro; solo che non è detto che gli ispettorati ci vogliano stare a sentire”. Come individuerete d’ora in poi le aziende da andare a verificare? Avete pensato a un modo per  cercare di andare là dove è più probabile trovare un abuso di tirocini?La risposta è scontata: certamente sì. Mi sembra curiosa l’obiezione “non sappiamo se gli ispettorati ci daranno retta…”. Noi abbiamo una linea di attività che è fatta su richiesta delle parti. Da sindacati, patronati, associazioni datoriali, da tutte le forze intermedie riceviamo qualcosa come 100mila richieste di interventi all’anno. Molti degli interventi che sono stati fatti in questi anni sono partiti proprio da segnalazioni. Quindi se ci arrivano spunti o indicazioni per noi sono solo benvenuti: ci aiutano a andare meglio a segno. Però già adesso, quando andiamo a mettere il naso sui tirocini, direi che la percentuale di regolarità – cioè che tutto vada liscio – è molto bassa. Se andiamo a fare un controllo su quello significa che già abbiamo avuto una indicazione, quella che in gergo tecnico si può chiamare una soffiata, che qualcosa non funziona. In particolare il classico fenomeno del licenziamento collettivo con sostituzione del personale con tirocinanti. Incrociando le comunicazioni obbligatorie sull’avvio dei tirocini con quelle sugli avvii successivi di contratti si potrebbero andare a verificare prima di tutto le aziende che prendono continuamente stagisti senza mai assumerne nessuno.Sì, certo. L’elemento di stabilizzazione per noi è un indicatore molto chiaro. O anche le attività stagionali, molto interessate dal fenomeno dei tirocini che, guarda caso, coincidono sempre coi periodi di punta.Tutti i tirocini che impazzano a dicembre nei negozi, proprio in occasione dei regali natalizi, dicono qualcosa sulla genuinità no?Come anche quelli attivati su diplomati delle scuole alberghiere. Siamo già pronti a fare un test, perché di questi fenomeni in passato ne abbiamo visti. Oppure le aziende di call center che fanno infornate di centinaia di tirocinanti. Conoscendo il ciclo produttivo del call center, qualche dubbio viene: dove una sola funzione e attività evidentemente puoi fare, quella di operatore telefonico, com'è possibile immaginare un percorso di tirocinio?Bisogna che le attività siano compatibili.Assolutamente sì. Per questo nella circolare abbiamo specificato il passaggio sulle attività semplici e ripetitive.Possiamo anche sperare in controlli più attenti sull’abuso di stagisti in tutto il settore del commercio e della piccola e grande distribuzione?È uno dei filoni sui quali c’è maggiore fenomeno di violazione, quindi chiaramente è uno degli obiettivi primari. Ultima domanda. Pubblicherete l'anno prossimo un report sulla vostra attività di controllo sui tirocini del 2018?Sì. Stiamo cercando di mettere a punto dei correttivi nelle nostre procedure informatiche che ci consentano di statisticare quei dati che  oggi non le so dare, perché non sono oggetto di una specifica evidenza, sul fenomeno del tirocinio. L’anno prossimo spingendo un bottone dovremmo avere dei dati più analitici in termini di percentuale: un focus dal punto di vista quantitativo e non solo, un piccolo dossier della campagna ispettiva fatta.Intervista di Eleonora Voltolina

Colloquio in Bricocenter, istruzioni per l'uso

Bricocenter Italia, una delle più importanti catene di bricolage nel nostro Paese e parte del network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti, è oggi protagonista della nuova puntata della rubrica “Colloquio, istruzioni per l’uso”, che ai giovani candidati racconta il processo di selezione nelle aziende dell’RdS network. Parte di Adeo, tra i leader del settore Habitat e Bricolage, Bricocenter offre ai suoi stagisti 500 euro di rimborso spese mensile, con possibilità di inserimento anche direttamente con contratto a tempo indeterminato. A parlare del recruiting in azienda è Sara Cicognani, psicologa del lavoro e delle organizzazioni e incaricata delle funzioni di Talent Acquisition e Employer Branding. È in Bricocenter Italia dal 2007.Quali sono i profili che ricercate maggiormente nella vostra azienda?Dato che cerchiamo soprattutto persone da inserire nei nostri negozi nei ruoli di venditori, allievi capo settore, capi settore e direttori di negozio, nella ricerca di talenti siamo interessati ad incontrare sia neolaureati e laureati in tutte le discipline, sia diplomati e studenti universitari disponibili a contratti part-time. Prendiamo quindi in considerazione sia persone con esperienza che giovani alla ricerca della loro prima esperienza in azienda. Le possibili opportunità di placement o stage nella nostra sede, invece, riguardano le differenti funzioni aziendali, come per esempio gli acquisti, che noi chiamiamo “offerta”, il marketing, l’amministrazione e finanza, l’IT.Come funziona in generale il vostro iter di selezione?Per diventare uno di noi basta fare domanda sul nostro sito dedicato, compilando un breve questionario ed allegando il proprio curriculum: vanno bene sia quelli in formato europass sia quelli più personalizzati. Da qui la candidatura viene presa in carico ed entra nel processo di selezione. Dopo un primo screening, se risulta in linea con il profilo che stiamo cercando, contattiamo il candidato al telefono o via mail per scambiare le prime informazioni. Per alcune posizioni il primo step è un videointervista online attraverso una piattaforma dedicata oppure un primo colloquio con le Risorse umane, che in genere dura circa un’ora. Gli step successivi dipendono dai ruoli che stiamo cercando e prevedono assessment di gruppo, test online psicoattitudinali di ragionamento logico e critico/statistico, un inventario di personalità, con cui cerchiamo di capire le qualità del candidato, e un colloquio individuale, sempre conoscitivo, con i responsabili di funzione. Tendenzialmente non si tratta di colloqui molto tecnici, più che altro ci si confronta sulle esperienze e sul proprio percorso. Al di là dell’iter di selezione e degli aspetti relativi al percorso formativo e professionale, quello che siamo sempre interessati a scoprire del candidato sono le sue passioni, i suoi valori, le motivazioni che lo spingono a proporsi e le sue ambizioni. A nostra volta ci impegniamo a far conoscere Bricocenter, il mondo Adeo e ad approfondire i contenuti dell'opportunità attraverso una modalità di relazione che cerca di trasmettere la nostra passione per le persone e i nostri valori. Com'è organizzato il vostro ufficio HR per la parte di recruiting?Gestiamo il processo di recruiting principalmente dall'interno, progettando e pianificando tutte le attività di Talent acquisition ed Employer branding. La nostra struttura organizzativa prevede un servizio centrale che supporta i manager delle funzioni di sede e le cinque regioni commerciali attraverso l’individuazione e l’attivazione dei canali di recruiting più adatti per acquisire candidature, la scelta di strumenti coerenti per sondare le competenze, la definizione e l’organizzazione dei processi di selezione e degli eventi delicati, tra i quali i career day universitari. I nostri negozi portano avanti in autonomia le selezioni locali di talenti per l’area vendita. Collaboriamo talvolta con società esterne che individuiamo a seconda di esigenze specifiche prevalentemente per posizioni di negozio, come capi settore o direttori di negozio.Quanto peso ha la conoscenza delle lingue?I colloqui sono principalmente in italiano, tuttavia, per alcune posizioni che prevedono un contatto frequente con la casa madre, ci accertiamo della conoscenza del francese o dell’inglese, le due attuali lingue parlate in Adeo a livello internazionale. Anche qui, il livello di conoscenza della lingua dipende dai ruoli, per un assistente ad amministratore delegato, ad esempio, bisogna essere fluenti; in generale, dipende da quanto il ruolo prevede contatti con l’estero.Come funziona l’assessment?Organizziamo molte giornate di assessment dedicate a venditori e allievi, sia per le nuove aperture che per individuare i manager di domani, e a posizioni di stage per le funzioni di sede. Durante queste giornate proponiamo attività individuali e di gruppo coinvolgendo circa 6/8 candidati. A seconda delle posizioni possono cambiare le prove, ci sono test di organizzazione, dinamiche di gruppo e altri test psicoattitudinali. In genere gli assessment durano al massimo una giornata e ci servono per indagare quanto le capacità relazionali, cognitive e realizzative dei candidati siano in linea con il dna Bricocenter Italia, ovvero passione per le persone e per il fare, permeabilità verso gli altri e verso l'apprendimento, imprenditorialità, autonomia e responsabilità, e per osservare anche eventuali competenze richieste da uno specifico ruolo. Se, per esempio, siamo alla ricerca di una persona per uno stage nel web marketing, andremo ad osservare anche le sue competenze/attitudini digital.Quanti colloqui in totale, individuali ed eventualmente di gruppo, di solito deve sostenere un candidato per arrivare alla meta?Durante il processo di selezione prevediamo che il candidato incontri, in diversi momenti, alcune delle persone che saranno nel suo network professionale, che siano manager o i pari. Siamo convinti che dare l’opportunità al candidato di fare più incontri, con persone diverse per competenza e ruolo, gli consenta di scoprire elementi sempre nuovi che gli permettano di valutare con maggior consapevolezza la sua motivazione, il suo fit con l’azienda e con il percorso che gli stiamo proponendo. Per noi di Bricocenter, inoltre, avere viste comuni e condivise sullo stesso candidato ci permette di supportare con la giusta convinzione il suo inserimento e il suo percorso di sviluppo. L'unica differenza tra i diversi percorsi di selezione per stagisti e candidati da inserire direttamente con contratto riguarda la durata; quando cerchiamo tirocinanti tendiamo a semplificare l’iter di selezione. Il  candidato, in questi casi, incontrerà le risorse umane, svolgerà dei test online e farà, infine, un colloquio con quello che sarà il suo tutor. Se la posizione ha da subito, invece, la finalità di un futuro inserimento, il percorso sarà più corposo – simile a quello di tutte le altre ricerche.Apprezzate anche le autocandidature, o preferite che ci si candidi soltanto ai vostri annunci?E' possibile candidarsi spontaneamente, se in quel momento non si trova un’opportunità coerente con le proprie ambizioni. Oltre al sito "Lavora con noi", i nostri principali canali di reclutamento comprendono anche i principali portali dedicati alle offerte di lavoro e alcuni social network. Tuttavia, per prendere meglio in carico le domande, invitiamo la persona a passare attraverso il nostro sito, perché così può iniziare a conoscere la nostra realtà, le nostre professioni, i nostri percorsi di sviluppo e scoprire quelle che sono attualmente le posizioni aperte, orientando in maniera più efficace la candidatura. I profili che riceviamo tramite questa piattaforma confluiscono infatti in un database dal quale attingiamo ogni qualvolta si apre una posizione.Come usate i canali dei social network?Ci teniamo aggiornati e ci impegniamo ad essere attenti e reattivi rispetto ai canali che i giovani candidati, ma non solo, preferiscono ed utilizzano per raccogliere informazioni sul mondo del lavoro, sulle migliori aziende e le relative opportunità professionali ma anche sui canali e sugli strumenti attraverso i quali fanno la loro application. E’ per questo che attualmente siamo presenti su due dei principali social network: LinkedIn e Facebook. Attraverso questi due canali  trasmettiamo la nostra strategia di prossimità e i nostri valori, condividendo anche opportunità professionali e i nostri eventi di recruiting.Vi sono delle competenze che faticate a trovare?Più che altro cerchiamo candidati con forti qualità soprattutto sotto l’aspetto relazionale. Essendo un’attività di prossimità, è importante che i nostri collaboratori abbiano come qualità fondamentali l’empatia e il sapersi relazionare.Qual è l'errore che non vorreste mai veder fare durante un colloquio?Quando incontriamo un candidato non vorremmo che risponda alle nostre domande in base a cosa pensa vorremmo sentirci dire: apprezziamo la genuinità ed è bene presentarsi per come si è, evitando le frasi fatte. Non serve venire in giacca e cravatta! Da parte nostra, invece, ci impegniamo per fare in modo che il candidato si senta accolto e libero di esprimere se stesso, valorizzare le sue caratteristiche e il suo interesse per la posizione e per l’azienda. Riteniamo importante essere trasparenti da entrambe le parti per una soddisfazione comune.Come date i vostri feedback? Dopo aver dedicato il giusto tempo ad ogni candidato ci impegniamo a dargli un feedback entro 15 giorni dal colloquio, sia in caso positivo sia nel caso in cui non sia andato a buon fine. Di solito i feedback vengono dati per email, mentre se il candidato ha già affrontato diversi colloqui tendiamo a darlo per telefono. Siamo anche disponibili, se la persona ce lo richiede, ad approfondire la motivazione attraverso ulteriori elementi concreti, fissando una telefonata. Vogliamo che il feedback sia anche orientativo, in modo da aiutare a gestirsi meglio nei colloqui futuri.Se lo stage viene attivato e dà esito positivo, qual è poi l'iter contrattuale che solitamente proponete?Dipende dalle opportunità, ma attualmente il maggior numero di inserimenti di giovani li abbiamo fatti proponendo assunzioni a tempo determinato, principalmente per i ruoli di venditore nei nostri negozi, o indeterminato – come per esempio per gli allievi capo settore, che normalmente vengono inseriti con questo inquadramento.Intervista raccolta da Irene Dominioni

Colloquio in EY, istruzioni per l'uso

Oltre ad essere una delle “Big Four” delle società di consulenza mondiali, il Gruppo EY è da diversi anni anche parte del network della Repubblica degli Stagisti. Con un fatturato di 29,6 miliardi di dollari, sedi in oltre 150 Paesi e 231mila impiegati nel mondo, EY in Italia si contraddistingue per l'ottimo rimborso spese che riserva ai suoi stagisti (850 euro) e un tasso di assunzione post stage del 90%, che le è valso diversi AwaRdS. Protagonista di questa nuova puntata della rubrica “Colloquio, istruzioni per l’uso”, a raccontarne il percorso di recruiting è Giulia Martini, recruiting manager con otto anni di esperienza nell’ambito della consulenza e delle risorse umane e una particolare specializzazione nel diversity management.In EY da qualche tempo avete rivoluzionato il vostro modo di fare recruiting: ora più che al cv guardate alle competenze che i candidati dimostrano. Che riflessione c'è dietro questo cambiamento?I cv non raccontano più la vera storia delle persone e non riescono ad evidenziare in modo chiaro le competenze distintive dei candidati. Per questo motivo abbiamo deciso di cambiare il paradigma del recruiting, focalizzandoci sulle storie delle persone e sui loro interessi, valutandoli sul campo mentre esprimono le loro competenze ed il loro valore. “From cv to story” è il nuovo claim che meglio sintetizza questo cambio di paradigma.Da circa un anno avete cominciato a realizzare eventi “Meet the future”, che abbiamo a più riprese raccontato su Repubblica degli Stagisti. Cosa è cambiato per voi, con questi eventi? Meet the future è la causa o la conseguenza del cambiamento di cui parlavamo sopra?Meet the Future è l’evento che ci permette di mettere in atto il nostro nuovo claim. Attraverso il Meet the Future gli studenti e i neolaureati hanno l’opportunità di conoscere la specifica area, chiamata service line, incontrando direttamente il service line leader e possono lavorare su un caso pratico reale, in team, per simulare una delle attività del nostro business. Durante la giornata di assessment i candidati vengono osservati da un mentor di service line e da un recruiter che non hanno accesso ai cv dei candidati e basano le loro valutazioni solo ed esclusivamente su quanto emerge dalla dinamica di gruppo in termini di efficacia personale e relazionale, incisività delle proposte, problem solving, capacità di ragionamento e dinamica/interazione con gli altri membri del team.Quali profili ricercate maggiormente nella vostra azienda?In un’ottica di digital transformation del mercato, ci rivolgiamo a giovani brillanti con forte passione per l’innovazione, pronti a cogliere le sfide per trasformarle in opportunità. I corsi di laurea a cui tradizionalmente guardiamo con maggiore interesse sono sicuramente economia, ingegneria e giurisprudenza, ma i profili tecnici in area Stem (Science, Technology, Engineering, Mathematics) stanno acquistando un’importanza sempre maggiore.Come funziona in generale il vostro iter di selezione?Una volta ricevuto il cv – su cui non ci formalizziamo, vanno bene sia i cv in formato “europass” che quelli personalizzati, purché siano chiari, strutturati e coerenti – il nostro iter di selezione prevede come primo step dei test online logico numerici, di inglese e attitudinali. Superati questi primi test, invitiamo i candidati a partecipare alla nostra giornata di assessment che prevede una presentazione aziendale, la dinamica di gruppo, colloqui HR della durata tra i 30 e i 45 minuti ed infine colloqui con i manager della linea. Talvolta il percorso si conclude anche con un colloquio con un partner. Non ci sono differenze tra l’iter di selezione e le modalità di colloquio per selezionare uno stagista e quello per selezionare invece una persona da inserire direttamente con contratto e, anche a livello di mansioni, per noi lo stage si avvicina molto a chi inizia come staff con contratto di apprendistato.Com'è organizzato il vostro ufficio HR per la parte recruiting?Siamo un team giovane e dinamico, basato tra Milano e Roma. La gestione delle assunzioni di neolaureati è tutta svolta internamente, con la collaborazione di alcune startup che ci aiutano ad introdurre elementi di gamification nel nostro processo di recruiting, e lavoriamo anche con qualche società di selezione, ma solo per i profili con esperienza. Svolgete parte dei colloqui anche in una lingua straniera?I colloqui sono in italiano, ma tutti i nostri candidati devono sostenere un test di lingua inglese come parte integrante dell’iter di selezione. EY è una realtà internazionale, l’inglese è la lingua con cui comunichiamo e scriviamo e quindi è fondamentale per il nostro lavoro. La conoscenza di una seconda lingua, inoltre, è sicuramente un valore aggiunto per il candidato: lo spagnolo, per esempio, sta sicuramente acquisendo sempre più rilevanza.Apprezzate le autocandidature? Usate anche i canali dei social network per entrare in contatto con giovani candidati?Abbiamo una sezione “careers” dove pubblichiamo tutte le posizioni aperte, ma ovviamente apprezziamo le autocandidature. Sono tante le ricerche attive durante l’anno, quindi avere un database aggiornato di candidati è importante per soddisfare i bisogni del business. Molti candidati ci scrivono via mail, e in quel caso riteniamo sia importante inviare una presentazione insieme al cv, perché già dice qualcosa del candidato e dell’interesse che nutre nei nostri confronti. Riceviamo cv anche attraverso i social network, su cui siamo molto attivi: la nostra pagina EY Careers su Facebook conta più di 16mila “mi piace” e da pochi mesi abbiamo aperto anche l’account su Instagram. Attraverso i social network entriamo in contatto con i giovani candidati, raccontando cosa facciamo e come lo facciamo. Cerchiamo di avvicinare il più possibile i giovani alla nostra realtà e consigliamo sempre di venirci a trovare nei Career Day o negli eventi di employer branding. Su Instagram in particolare vogliamo far conoscere il lato più umano di EY, postando foto o video che ritraggono i nostri colleghi in momenti particolari della giornata, in un meeting oppure in una colazione di lavoro.Ricercate anche giovani donne con profili tecnico scientifici? Vorreste ricevere più candidature di questo tipo da parte di ragazze?Sicuramente sì. EY si impegna a mantenere un equilibrio nelle presenze di candidati donne e uomini, e a livello globale ci impegniamo a rispettare i target di diversity e inclusion. Data la scarsa disponibilità di profili sul mercato, però, facciamo sicuramente più fatica a reperire giovani donne con profili tecnici scientifici. Per esempio, ad un evento organizzato di recente sulla cybersecurity avevamo circa 20 studenti, di cui solo 4 donne.Vi sono delle qualifiche o competenze che ricercate nei candidati ma che faticate a trovare?Le competenze che facciamo più fatica a trovare al momento sono competenze tecniche nel campo informatico. Per esempio, siamo sempre alla ricerca di informatici, ingegneri informatici o matematici che vogliano cimentarsi nell’ambito di RPA (Robotic Process Automation) o cybersecurity.Qual è l'errore che non vorreste mai veder fare a un candidato durante un colloquio?Non parlerei di errori in particolare, ma piuttosto di atteggiamenti. La motivazione e l’entusiasmo sono fondamentali. Se un candidato non riesce a trasmetterli durante il colloquio, è venuto meno ad una parte molto importante nel processo di selezione. Un altro punto importante è essere coerenti e non contraddirsi.Come date i vostri feedback?Teniamo molto a darne uno al candidato, positivo o negativo che sia. La candidate experience è un aspetto molto importante del nostro processo di recruiting e generalmente non lasciamo passare più di una settimana dal colloquio per dare un riscontro, che forniamo sia via mail che per telefono.Se lo stage viene attivato e dà esito positivo, qual è poi l'iter contrattuale che solitamente proponete al giovane?Di solito proponiamo un contratto di apprendistato di due anni, finalizzato all’inserimento, in cui ci impegniamo ad assolvere gli obblighi di formazione previsti dalla legge con una serie di programmi di formazione ad hoc, disegnati dal nostro settore learning per ciascuna service line. Teniamo molto all’aspetto della formazione ed infatti quest’anno siamo stati premiati da Universum, l’organizzazione che studia i profili dei migliori employer, per i nostri investimenti in questo ambito.Intervista raccolta da Irene Dominioni

Colloquio in Magneti Marelli, istruzioni per l'uso

Tra le aziende parte del network della Repubblica degli Stagisti c'è anche Magneti Marelli, produttrice di sistemi e componenti avanzati per l'industria dell'auto a livello internazionale, con un fatturato di 7,9 miliardi di euro nel 2016. L'azienda riserva ai propri stagisti un rimborso spese mensile da 250 a 1000 euro al mese a seconda del titolo di studio, con vari ulteriori benefit, ed oggi è protagonista di una nuova puntata della rubrica "Colloquio, istruzioni per l'uso" che racconta agli aspiranti candidati come funziona il processo di selezione al suo interno. A parlarne è Donatella Callerio: laureata in Scienze politiche con master in Diritto del lavoro erelazioni sindacali, in Magneti Marelli ormai da dieci anni, oggi ricopre il ruolo strategico di staffing e recruiting manager.Quali sono i profili che ricercate maggiormente nella vostra azienda?Magneti Marelli è un Gruppo internazionale leader nella progettazione e produzione di sistemi e componenti ad alta tecnologia per autoveicoli. Le lauree più richieste sono quelle in Ingegneria – elettronica, meccanica, elettrica, dell'autoveicolo, gestionale, dei materiali – quelle tecnico-scientifiche come informatica, ottica e statistica, e infine economiche. Eventuali altre tipologie di lauree sono definite in base a specifiche esigenze.Come funziona in generale il vostro iter di selezione?I cv possono pervenire da diverse fonti: all’interno dell’area Career presente sul nostro sito, ci si può candidare rispondendo agli annunci sulle posizioni aperte, oppure compilando il form online e inserendo il cv nella banca dati nella sezione “Lavora con noi”. In entrambi i casi la candidatura sarà recepita con possibilità di aggiornamento da parte del candidato in qualsiasi momento. Se il cv è ritenuto interessante, il candidato sarà contattato per procedere con l’iter di selezione. Generalmente il primo step avviene mediante un contatto telefonico. A seguire, il processo di selezione si articola in diversi modi in base alla complessità del profilo ricercato: vengono utilizzati sia assessment basati su dinamiche di gruppo, sia colloqui individuali conoscitivi e di approfondimento condotti direttamente con il manager di linea e dalla funzione Risorse umane. In alcuni casi vengono sottoposti questionari tecnici, sia per mostrare direttamente alcune delle tematiche che saranno oggetto dell’attività lavorativa, sia per testare meglio il know-how tecnico del candidato. Una parte dell’intervista si svolge in inglese, che è fondamentale conoscere sia a livello scritto sia parlato, dato il contesto internazionale della nostra realtà.Preferite i cv nel formato standard “europass” o apprezzate i cv personalizzati?Entrambe le tipologie sono apprezzate: i cv formato standard “Europass” permettono uniformità e ordine delle informazioni e sono quindi più idonei e di semplice lettura per posizioni molto tecniche; quelli personalizzati li apprezziamo molto in tutte le altre aree, in quanto possono già esprimere alcune caratteristiche personali del candidato e mostrare l’attenzione che ha rivolto alla nostra realtà.Per la parte recruiting vi avvalete di società di selezione?La forza che ci contraddistingue è la presenza all’interno del Gruppo Magneti Marelli di otto linee di business. Ognuna di esse ha una propria struttura HR dedicata a gestire tutti i processi relativi al mondo delle risorse umane: dalla selezione alla formazione e allo sviluppo dei nostri dipendenti, in modo da garantire sempre presenza e vicinanza ai nostri colleghi. Negli headquarter è presente una struttura centrale che si occupa di definire i processi e le linee guida sul reclutamento che vengono applicate a livello mondiale in tutte le nostre società, così come le partnership con gli enti universitari Italiani e tutte le attività di employer branding nel mondo. Per alcune posizioni senior vengono utilizzate società di selezione per riuscire a soddisfare le esigenze del business in modo ancora più efficiente.Apprezzate le autocandidature oppure preferite che ci si candidi solamente ai vostri annunci?Stiamo lavorando molto con i colleghi HR di tutto il mondo affinché la nostra area “Careers” rispecchi quanto più possibile tutte le opportunità che Magneti Marelli offre e per evidenziare l’internazionalità del Gruppo e il know–how tecnologico che ci contraddistinguono. Per questi motivi le candidature mirate permettono ai nostri HR di effettuare uno screening più veloce ed efficace e, durante gli eventi, consigliamo prima di tutto di guardare attentamente le posizioni aperte per verificare se il proprio profilo rispecchia le skills richieste e candidarsi quindi direttamente. Nel caso di neolaureati in cerca della prima esperienza, invece, il suggerimento che diamo è l’autocandidatura in quanto in fase di selezione, il nostro database diventa uno degli strumenti primari di consultazione.Usate i canali dei social network?Per riuscire a raggiungere tutti i potenziali candidati, in questo mondo così digitalizzato è importante utilizzare tutti gli strumenti di reclutamento disponibili, rilevanti anche in termini di employer branding. Per questo, per le posizioni di stage o junior, oltre a inserire gli annunci sulla nostra pagina Careers, utilizziamo anche le piattaforme Universitarie pubblicando sui diversi siti di Job Placement e sulla Repubblica degli Stagisti. Per i profili senior vengono utilizzati alcuni social network, tra cui principalmente Linkedin, e in alcuni casi anche società di head hunting.Apprezzate anche i cv inviati tramite posta elettronica, magari con una mail di presentazione, oppure considerate solamente le candidature che vi arrivano tramite il vostro sito?Essendo un’azienda improntata alla Ricerca & Sviluppo e alla produzione di componenti per l’automotive, riceviamo cv in qualsiasi formato, dal cartaceo, al curriculum tramite posta elettronica, al contatto proattivo tramite Linkedin o passaparola e tramite l’area Career del sito, che rimane sempre la principale fonte di reclutamento e database per coprire le posizioni aperte. I cv che non pervengono tramite il nostro sito ma attraverso le altre modalità, vengono comunque inseriti a completamento del nostro database ed inviati mensilmente ai colleghi HR tramite e-mail, con una breve descrizione del profilo per una lettura più immediata.Vi sono delle competenze che ricercate nei candidati ma che faticate a trovare?Il concetto di “openness”, ovvero di apertura professionale e culturale, costituisce uno dei cardini della nostra filosofia aziendale, insieme alla curiosità, sia personale che professionale. Curiosità intesa come voglia di confrontarsi e non avere paura di mettersi in gioco sono soft-skill chiave che ricerchiamo nei candidati, insieme alle competenze tecniche e ad una buona conoscenza della lingua inglese e/o di una seconda lingua. Mix di competenze non semplice da trovare nei più giovani, ma che cerchiamo di esplorare in modo approfondito durante le interviste con i candidati.Qual è l'errore che non vorreste mai veder fare a un candidato durante un colloquio?Guardando in positivo, preferiremmo dare un consiglio su quello che apprezziamo nei candidati durante i colloqui: essere preparati sull’azienda e sulla posizione a cui ci si è candidati rappresenta sempre un segno di interesse e impegno, che valutiamo positivamente.Come date i vostri feedback?Tutte le persone incontrate in colloquio ricevono, alla fine dell’iter di selezione, un feedback telefonico o via e-mail, cercando di motivare il più possibile soprattutto l’eventuale esito negativo. Spesso diamo anche suggerimenti su come il candidato ha gestito la sua intervista, perché soprattutto se si tratta di giovani neolaureati, al primo colloquio, riteniamo molto utile dare i nostri consigli per prepararli meglio alle loro esperienze future. Le nostre tempistiche? Cerchiamo di essere il più veloci possibili per riuscire a soddisfare le richieste dei nostri manager, assicurandoci i migliori candidati.Se lo stage viene attivato e dà esito positivo, qual è poi l'iter contrattuale che solitamente proponete al giovane?Quando presentiamo ai candidati la nostra offerta di stage, tendenzialmente comunichiamo in anticipo se è uno stage finalizzato ad una possibile assunzione – a fronte di feedback positivi interni – oppure se lo scopo è puramente formativo nei confronti del candidato. Cerchiamo quindi di garantire massima trasparenza. Durante lo stage attiviamo due momenti di follow-up con il candidato: uno a distanza di qualche mese per accertare se l’inserimento è avvenuto in modo corretto facendo capire il contesto aziendale, il secondo ad un mese circa dal termine dello stage per verificare anche l’interesse ad un eventuale inserimento del candidato, a fronte di un feedback positivo ricevuto anticipatamente dal tutor. Generalmente offriamo un’assunzione a tempo determinato e/o indeterminato secondo le policy in uso in azienda. Cerchiamo di motivare sin dall’inizio con un contratto importante tutti i giovani neo assunti, valorizzandoli attraverso i nostri percorsi di sviluppo che vengono definiti ad hoc con il manager di riferimento.Ci sono differenze tra l'iter di selezione e le modalità di colloquio per selezionare uno stagista e l'iter per selezionare invece una persona da inserire direttamente con contratto?Il nostro approccio è molto simile sia per stagisti che per profili più senior. Ai colloqui partecipano sempre i nostri manager, con cui facciamo un momento di debriefing alla fine di ogni colloquio, mettendo in evidenza per ciascun candidato i punti di forza e le aree di miglioramento. Poniamo sin dall’inizio e per tutti la massima attenzione, considerando i giovani come il nostro futuro potenziale aziendale. Eventuali differenze sono rappresentate dall’assessment di gruppo, solitamente utilizzato per i neolaureati e dalla tipologia di approccio con cui impostiamo il colloquio: con i junior è più friendly ma sempre molto professionale, perché ci piace instaurare immediatamente una relazione semplice che li faccia sentire a proprio agio durante il colloquio. Spesso è la loro prima esperienza, quindi cerchiamo di creare un il clima “disteso”, facendo capire il contesto internazionale e organizzativamente complesso con cui si troveranno a contatto.Intervista raccolta da Irene Dominioni

Legge sugli stage, in Lombardia la Cisl propone di usare il Quadro regionale degli standard professionali

Nei giorni immediatamente prima di Natale la Commissione attività produttive della Regione Lombardia discuterà la bozza di nuova legge regionale sui tirocini (qui le anticipazioni sui contenuti). La Repubblica degli Stagisti ha raccolto la valutazione del sindacalista Mirko Dolzadelli, dal febbraio di quest'anno nella segreteria della Cisl Lombardia. Dolzadelli, 43 anni, nell'ambito del suo incarico di segretario regionale ha anche la delega al mercato del lavoro; ha esperienza sindacale nel settore agroalimentare, edile e metalmeccanico. Dal 2016 è anche consigliere di nomina governativa come rappresentante dei lavoratori frontalieri nel Consiglio generale degli italiani all'estero (Cgie). Complessivamente come Cisl siete soddisfatti della nuova normativa sui tirocini?Anche se non ha ancora concluso il suo iter legislativo, e a oggi non abbiamo a disposizione un testo definitivo, Come Cisl ci riteniamo abbastanza soddisfatti del testo che è stato condiviso da Regione Lombardia con le parti sociali. Siamo soddisfatti soprattutto del recepimento della nostra proposta che vincola la durata del tirocinio alla complessità delle competenze da acquisire durante il periodo di stage, attraverso il Quadro regionale degli standard professionali di Regione Lombardia. Questo strumento permette una valutazione oggettiva delle competenze. Non siamo invece  riusciti ad ottenere un rimborso spese maggiore di 500 euro e una sua modulazione legata alla durata del periodo di tirocinio così come avremmo voluto.Come sono stati i lavori al tavolo convocato dalla Regione con le parti sociali? Avete trovato orecchie attente e voglia di collaborazione tra i vostri interlocutori – le altre sigle sindacali, le associazioni datoriali, la Regione?La discussione è iniziata la scorsa estate ed è stata interrotta dalla pausa estiva. Avremmo voluto maggiori occasioni di discussione, ma sappiamo bene che spesso i tempi della politica non coincidono con i tempi necessari nella realtà. Partendo da una condivisione unitaria con Cgil e Uil, abbiamo comunque avuto modo di confrontarci con le controparti datoriali che hanno mostrato una grande attenzione allo strumento. In particolare Confindustria Lombardia ha mostrato una sensibilità maggiore, orientata ad aumentare la qualità dei tirocini offerti ai giovani. Regione Lombardia invece stupisce perché nonostante dichiari da anni, in ogni occasione pubblica, tramite il suo assessore all’Istruzione e lavoro di essere radicalmente contraria ai tirocini di lunga durata che “cannibalizzano” l’apprendistato, durante tutta la discussione non ha mai preso una posizione in tal senso. Anzi, spesso abbiamo avuto l’impressione che avallasse la proposta di alcune parti datoriali di allungare lo strumento a 12 mesi senza alcuna discriminante.Una novità rilevante è che la nuova normativa prevede che non potranno più essere attivati tirocini extracurriculari per tipologie di attività lavorative elementari, con un riferimento allo "European Qualification Framework – EQF – livello 1". In concreto ci fa qualche esempio concreto di attività lavorative che non potranno più essere inquadrate come tirocinio?Nell’attuale repertorio lombardo non ci sono singole competenze di livello EQF 1 perché, come indicato nei criteri metodologici del Quadro regionale degli standard professionali di Regione Lombardia, tale livello si riferisce a conoscenze generali di base, corrispondenti a profili di “bassa qualificazione” che non sono necessariamente legate né a un ambito di lavoro né di studio.  Questa scelta la trovo coerente. A mio avviso, non è possibile effettuare un tirocinio quando non ci sono competenze professionali da apprendere. Un esempio emblematico è il manovale: le competenze del manovale generico sono essenzialmente elementari e ripetitive, quindi riconducibili alla referenziazione EQF 1.  Un manovale non ha bisogno di alcuna formazione: esegue, senza competenze di carattere tecnico. Voi come Cisl avete portato al tavolo una proposta innovativa: usare i valori EQF del Quadro regionale degli standard professionali per suddividere gli stage in due sottocategorie, differenziando la durata massima. Per mansioni semplici la durata massima sarà 6 mesi, mentre per mansioni più complesse sarà di 12 mesi. E la Regione ha accolto la vostra proposta. Ci fa qualche esempio? Quali saranno d'ora in poi gli stage che non potranno durare più di 6 mesi? Gli stage come cassiera in un supermercato? Come magazziniere?L’European Qualification Framework, “EQF” appunto, ci permette di avere una valutazione oggettiva del livello di complessità, del grado di autonomia e responsabilità delle competenze che vanno a configurare il piano formativo del tirocinante. Come Cisl abbiamo pensato fosse coerente e qualificante legare il Quadro regionale degli standard professionali di Regione Lombardia alla qualificazione e alla modulazione del tirocinio. In particolare abbiamo proposto appunto un metodo oggettivo per legare la durata del tirocinio alla reale necessità formativa. Concretamente questo significa che non potranno essere proposti tirocini di durata superiore ai sei mesi per le competenze riferite all’EQF 2 e 3, quelle competenze in sostanza semplici. Qualche esempio di competenze EQF 2, per i quali dunque gli stage saranno possibili ma con durata massima di 6 mesi? Effettuare la cottura in forno (panificatore); il confezionamento dei prodotti alimentari; la pulizia delle attrezzature da cucina (addetto di cucina); il riordino dei camere e spazi alberghieri; la gelatura (gelatiere); condurre i macchinai delle linee di imbottigliamento (manovale di linea – imbottigliamento e confezionamento).Esempi di competenze EQF 3?Effettuare la manutenzione del verde (giardiniere); l’impasto degli ingredienti da forno (pasticcere); attrezzaggio di macchine utensili (attrezzista meccanico); l’impaginazione dei testi e la fotocomposizione di immagini (operatore grafico prestampa); le operazioni di stoccaggio, imballaggio e movimentazione merci (operatore di magazzino della logistica e della spedizione); la gestione di cassa di esercizi commerciali (cassiere – commercio); la vendita al cliente in esercizi commerciali; il servizio bar (barista – barman); procedure su check-in e check-out alberghiero (portiere d’albergo); il servizio pasti ai banconi self-service (operatore servizi mensa); eseguire le registrazioni contabili (operatore di contabilità); redigere testi lettere commerciali (operatore d’ufficio); realizzare lo smistamento delle telefonate (centralinista); fornire informazioni tramite servizio di call center.Le imprese che vorranno trovare scappatoie per allungare il periodo di tirocinio a 12 mesi solo per convenienza potranno però comunque farlo... È vero, inserendo una qualunque altra competenza di livello superiore a 3. Sarà però altrettanto facile capire quali sono le reali intenzioni dell’azienda e del soggetto promotore. Quindi sarà agevolato il giovane che vorrà fare una valutazione prima di accettare lo stage e ugualmente saranno facilitati i compiti di chi è incaricato della verifica e del controllo.  Voi proponevate che gli EQF servissero non solo a determinare più segmenti di "durata massima", ma anche a determinare indennità minime differenziate, che arrivassero fino a 800 euro, come in Lazio. Su questo la Regione non vi ha seguiti. Il rimborso spese minimo è stato alzato, ma poco. Eppure… avevate il sostegno di Assolombarda! Cos'è successo?La nostra proposta, nostra nel senso di Cgil Cisl e Uil, prevedeva un rimborso spese massimo che si fermava un po' sotto quella approvata in Lazio, a 700 euro lordi mensili per i mesi successivi a 6 e fino a 12 per i tirocini di durata massima di 12 mesi, e 600 euro lordi mensili invece per i primi 6 mesi. Su questo punto però non ci ha seguiti nessuno. La convergenza con Confidustria si è realizzata esclusivamente sulla modulazione della durata legata agli EQF. La Regione ha deciso peraltro di lasciare l'indennità minima per gli stage negli enti pubblici a 300 euro. Non è discriminante per gli stagisti che andranno a fare tirocini negli enti pubblici, e avranno una garanzia economica quasi dimezzata rispetto ai colleghi nelle imprese private?Su questo punto siamo molto critici e in disaccordo con quanto ha deciso Regione Lombardia. Pensiamo, e con noi lo hanno dichiarato tutte le parti sociali presenti al tavolo, sia sindacali che datoriali, che sia una discriminazione inaccettabile. Nella nuova normativa, coerentemente con quanto previsto dalle linee guida, vi è un riferimento a controlli e sanzioni. A voi è chiaro chi dovrà effettuare questi controlli, e come? Gli ispettorati del lavoro hanno le forze per svolgere un monitoraggio accurato delle condizioni dei tirocinanti?Questa è una materia nuova che dovrà essere verificata nella sua attuazione. Sarà senz'altro nostro impegno esigere un monitoraggio e verificare la strumentazione operativa di controllo.  Il nostro impegno inoltre sarà quello di promuovere una corretta informazione rivolta ai giovani e ai delegati sindacali nelle aziende che a loro volta avranno la possibilità di vigilare. Quali sono i "punti caldi" su cui non volete abbassare la guardia nei prossimi mesi?Cercheremo di presidiare la valutazione dei risultati del monitoraggio qualitativo che Regione Lombardia ha proposto tramite il suo portale. Dagli esiti di queste attività dipenderà la nostra azione. Tra le cose da verificare fin da subito riteniamo importante quella relativa all'esclusione dal tirocinio di persone che hanno l’abilitazione alla professione o la qualifica all’esercizio di una professione. Un esempio? Gli estetisti. Quando si parla di giovani estetisti, di parrucchieri, e di giovani che hanno raggiunto una “qualifica” non dobbiamo dimenticare che questa è il risultato formale di un processo di valutazione e convalida, acquisito quando l’autorità competente stabilisce che i risultati dell’apprendimento di una persona corrispondono a standard definiti. Anche qui è ovvio che non occorre alcuna formazione aggiuntiva. Questi giovani devono entrare in azienda con il contratto di apprendistato – non con il tirocinio. Ragionevolmente vi sono margini per migliorare la normativa a breve?Sì, i margini di miglioramento ci sono. Le nuove linee guida non hanno concluso l’iter legislativo: aspettiamo e auspichiamo che la IV commissione consigliare Attività produttive e occupazione di Regione Lombardia si riunisca per esprimere un parere sul testo e che eventuali migliorie vengano poi recepite dalla Giunta. A normativa fatta, sarà preziosa la collaborazione della Repubblica degli Stagisti per informare il maggior numero possibile di giovani.  Intervista di Eleonora Voltolina

Tornano i tirocini in ambasciate e consolati, Quartapelle: ora lavoriamo per riaprirli ai laureati e aumentare l'indennità

Nell'aprile 2015 la giovane deputata Pd Lia Quartapelle aveva anticipato alla Repubblica degli Stagisti la notizia dell'imminente riattivazione del programma di stage presso il ministero degli Esteri (un tempo Mae, adesso Maeci), in particolare nelle sue sedi all'estero: ambasciate, consolati, rappresentanze permanenti, istituti di cultura. Un'opportunità molto ambita, specialmente dagli studenti di Scienze politiche e in generale da tutti i giovani interessati al mondo della diplomazia, delle relazioni internazionali e della cooperazione. Oggi, a pochi giorni dalla chiusura del nuovo bando (348 opportunità disponibili, la finestra per le candidature chiuderà lunedì 23 ottobre alle 17), Lia Quartapelle torna a fare il punto sui tirocini Maeci-Crui. Il programma Mae-Crui era stato interrotto nel 2012 e poi sostituito nel 2015 da un nuovo Maeci-Crui sperimentale, con tre mini-bandi: il primo da 82 posti uscito a luglio 2015, il secondo da 77 posti a ottobre 2015, e il terzo da 82 posti a gennaio 2016. Per un totale di (soli) 241 posti. Chi erano stati, allora, gli interlocutori? Quando sono stata eletta nel 2013, una delle tante questioni che mi venivano segnalate dai giovani e che mi parevano meritevoli di attenzione e lavoro riguardava proprio l’interruzione dei tirocini Mae-Crui. Infatti mi occupo di politica estera e la mia esperienza mi ha insegnato in prima persona quanto sia importante poter fare esperienze all’estero, sul campo, per sperimentarsi in questa dimensione e capire se si vuole proseguire con quel tipo di carriera. Un’opportunità che centinaia di ragazze e ragazzi non avevano più, a causa di un groviglio normativo che aveva portato alla sospensione brutale e poi all’interruzione. Nessuno sembrava avere il tempo e la pazienza per districarlo. Con atti parlamentari abbiamo sollecitato il governo e, finalmente, siamo riusciti a fare sedere attorno al tavolo i ministeri interessati, Miur e Farnesina, e la Conferenza dei Rettori per trovare delle soluzioni. Servivano delle risorse. Con un emendamento alla Camera le abbiamo trovate e inserite nella legge di bilancio. E infatti dopo qualche mese, con la firma degli allora ministri Gentiloni e Giannini, il programma è ripartito, anche se ancora in via sperimentale. Poi da gennaio 2016 a settembre 2017 non c'è stato più nessun bando. Perché questo stop?  Per fare ripartire il programma lo avevamo agganciato alle risorse stanziate per la campagna di candidatura dell’Italia in Consiglio di Sicurezza. Un principio che ci ha sempre guidato era infatti che il programma dovesse prevedere almeno un piccolo rimborso spese per i tirocinanti. Un principio di equità, perché integrare le nostre rappresentanze diplomatiche con le energie dei tirocinanti era un modo per rafforzarle. Quando è finito il periodo di campagna, però, si sono esauriti anche i fondi. E abbiamo dovuto ricominciare...E arriviamo dunque a oggi, e al nuovo bando. La ripartenza è di nuovo frutto di un lungo lavoro: chi sono stati gli interlocutori stavolta, nell'ultimo anno e mezzo? Quali sono stati i problemi principali che hanno impedito di aprire bandi Maeci-Crui per 20 mesi?  L’esperienza dei bandi tra il 2015 e il 2016 era stata un grande successo, in termini di entusiasmo dei tirocinanti, ma anche di soddisfazione della nostra amministrazione che aveva potuto contare sul loro apporto. Da parte della Farnesina abbiamo riscontrato una forte volontà di collaborare per farli ripartire e al Miur e alla Crui si sono detti pronti a trovare le risorse e gli strumenti per rendere i tirocini strutturali. A quel punto abbiamo chiesto di estendere la platea dei partecipanti e di includere tra gli enti riceventi anche i Consolati, gli Istituti di Cultura e l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo per estendere al massimo la platea dei partecipanti. Gli IIC sono importanti, in questo bando, perché garantiscono l'opportunità di potersi candidare anche ai tanti laureati in Lingue e altre classi di laurea che invece sono escluse dal poter concorrere per i posti nelle sedi diplomatiche "tradizionali", ambasciate e consolati. Gli ICC saranno dunque compresi stabilmente nei prossimi bandi? Assolutamente sì, sono inseriti ufficialmente nella nuova convenzione siglata nello scorso mese di giugno che contempla anche le Scuole italiane all’estero e le sedi dell’Agenzia per la cooperazione, che auspichiamo siano pronte per essere incluse nei prossimi bandi. In questo nuovo bando i 348 posti sono tutti all'estero: la Farnesina non appare tra i soggetti ospitanti. Come mai? C'è in previsione nei prossimi bandi che si aprano posizioni anche all'interno della Farnesina?Il senso di questo programma è di promuovere le esperienze all’estero dei giovani che sono interessati a farlo. È il grande valore aggiunto di questo programma. I tirocini Maeci-Crui aiutano a uscire dal giardino di casa e a guardare il mondo, premiando la curiosità degli studenti e dei neolaureati e la loro voglia di mettersi al servizio del proprio Paese.  A proposito, quando sarà il prossimo bando? E quanti posti metterà a disposizione? Ci dovrebbero esser tre bandi ogni anno. Il numero dei partecipanti dipenderà dalle richieste e dalle disponibilità delle sedi riceventi, nonché dalle condizioni di sicurezza che in alcuni luoghi sono in costante evoluzione. Prevedibilmente sarà un programma già in grado di coinvolgere più di 1000 ragazze e ragazzi ogni anno, ma ora vorremmo riuscire ad estenderlo ulteriormente.Ora l'obiettivo è riaprire questa opportunità anche ai neolaureati, attraverso un bando ad hoc per tirocini extracurriculari. A che punto siamo su questo? È una battaglia ancora in corso sulla quale abbiamo incontrato alcune resistenze, ma ci stiamo lavorando, perché sono convinta che per i neolaureati un’esperienza all’estero di questo tipo sarebbe davvero preziosissima. Avete qualche idea rispetto a come/dove reperire i fondi? I tirocinanti extracurriculari, secondo la nuova legge della Regione Lazio (dove ha sede legale il ministero degli Esteri), devono essere pagati obbligatoriamente 800 euro al mese. Avete valutato questa novità? Ciò significherebbe dover trovare all'incirca 250mila euro per ogni 100 posizioni di tirocinio da aprire a favore di laureati. Gli attuali rimborsi per i curriculari sono pagati dalle università di appartenenza dei tirocinanti, anche a valere sulle assegnazioni ministeriali. Lo stesso meccanismo potrebbe attuarsi per i tirocini extracurriculari formativi e di orientamento attuati entro 12 mesi dalla laurea, per i quali le università potrebbero restare gli enti promotori. Eventualmente si dovranno trovare risorse aggiuntive, ma non stiamo parlando di miliardi di euro, bensì di piccoli investimenti a basso costo che generano importanti benefici per i giovani. Siamo stati determinati nel garantire il rimborso a tutti i curriculari, lo siamo ancora di più per garantirne uno più elevato ai tirocinanti già laureati.Realisticamente un bando Maeci-Crui aperto a neolaureati potrà vedere la luce nella prima metà del 2018?Ho detto delle resistenze incontrate. Lavorerò con tutti coloro che condividono l’obiettivo per attivare quanto prima questa ulteriore opportunità. Una volta assicurate le risorse, bisognerà però stilare una convenzione ad hoc e poi procedere con il bando. Fissiamoci il 2018 come obiettivo.   A proposito di denaro: nei tre bandi sperimentali il Maeci aveva messo a disposizione qualche soldo, impegnandosi a pagare metà dell'indennità (dunque 200 dei 400 euro totali) in caso non riuscisse a garantire un alloggio gratuito. Nell'ultimo bando però i soldi del Maeci sono spariti: resta solo la possibilità di usufruire degli alloggi gratuiti nelle sedi diplomatiche che ne hanno disponibilità, ma esse sono una sparuta minoranza, solo 21 su 251 nell'ultimo bando. Nei prossimi bandi il Maeci tornerà a contribuire anche economicamente a questo programma? O tutto resterà sulle spalle del Ministero dell'Istruzione? La prima esperienza dei Mae-Crui costava molto meno perché non prevedeva nessun tipo di rimborso. Noi però abbiamo insistito sui principi di dignità e di equità per fare ripartire i tirocini prevedendo almeno una piccola indennità. Siamo riusciti ad ottenerla prima con un Fondo straordinario in dotazione agli Esteri e poi con il Fondo per il sostegno dei giovani e la mobilità degli studenti, coerentemente con le finalità di quest’ultimo.A livello di numeri, realisticamente si potrà mai tornare al numero di opportunità del vecchio Mae-Crui, 1.800 all'anno? In due anni siamo passati da zero a 200, e ora a mille tirocini all’estero all’anno. Mi sembra che siamo sulla buona strada. Molte delle critiche a questo bando, raccolte sui social in questi giorni, riguardano l'esiguità dell'indennità. I ragazzi commentano che con 300 euro al mese comunque tutti i meno abbienti continuano a rimanere esclusi, e che la differenza sia ben poca con il tempo dei Mae-Crui, quando il rimborso era a zero. Insomma, che per quanto riguarda una sostenibilità economica, tra 0 e 300 non c'è grande differenza. Cosa rispondi a queste critiche?Tra zero e novecento euro in tre mesi, c’è grande differenza, specie per coloro che vivono una situazione economica svantaggiata e devono pensare a come coprire tutte le spese. Questo deve essere il nostro obiettivo: arrivare a coprire il 100 per cento delle spese. Non bisogna dimenticare, infatti, che si tratta di tirocini con finalità formativa, che non richiedono un salario, ma l’obiettivo che non vogliamo mancare è che i Maeci-Crui siano davvero un’opportunità accessibile a tutti i meritevoli.  Trovare i 4 milioni di euro annuali che sarebbero necessari a garantire stabilmente 500 euro al mese ai tirocini all'interno dell'UE e 1000 euro al mese ai tirocini Extra UE, come la Repubblica degli Stagisti propone da anni, indipendentemente che a partire siano studenti-laureandi (inquadrabili come stagisti curriculari) o neolaureati (extracurriculari) è un obiettivo irrealizzabile al momento? Questa formula forfettaria può essere un’ipotesi, ma non è detto che sia quella più efficace in termini di equità. I paesi extra-UE sono a volte molto più economici di quelli UE. Mentre gli alloggi a Parigi sono molto più cari che a Bratislava... Qual è l'obiettivo realizzabile? Ora, il primo obiettivo, come ho detto, sarà assicurare le risorse per riattivare anche i tirocini extracurriculari con un adeguato rimborso. Poi sarà necessario lavorare anche per razionalizzare al rialzo il trattamento per i tirocini curriculari, che nella situazione attuale ogni tanto ottengono soltanto i 300 euro mensili, in altri casi anche un alloggio gratuito e, a volte, anche integrazioni economiche aggiuntive da parte delle sedi all’estero. Dobbiamo consolidare un sistema per cui i trattamenti seguano dei criteri di equità. Cosa succederà l'anno prossimo? Il cambio di governo rischia di ri-bloccare i tirocini Maeci-Crui, o questo bando da 348 posti segna il riavvio in pianta stabile del programma?I tirocini Mae-Crui sono morti nella scorsa legislatura e sono rinati in questa. Per me sono stati una priorità e quindi oggi ci sono i presupposti perché possano continuare in modo stabile negli anni a venire. Se avrò ancora l’opportunità di occuparmene, la sfida sarà di rafforzarli, in termini di rimborsi e numero dei posti.Intervista di Eleonora Voltolina

Colloquio in Cefriel, istruzioni per l'uso

Cefriel, digital innovation and design shop attivo dal 1988 nell’ambito dell’innovazione, della ricerca e della formazione, oggi è protagonista di un’altra puntata della rubrica “Colloquio, istruzioni per l’uso!”, che spiega ai candidati il processo di selezione all’interno dell’azienda. Ai suoi stagisti Cefriel offre un percorso di stage di 3+3 mesi finalizzato all'inserimento, con rimborso spese da 500 a 1000 euro mensili a seconda del titolo, più notebook aziendale e buoni pasto. A raccontare del percorso di recruiting è Roberta Letorio, laureata con master in management dei processi formativi e da 13 anni in Cefriel, dove oggi ricopre il ruolo di HR manager.Quali sono i profili che ricercate maggiormente nella vostra azienda?Neolaureati o laureandi in discipline tecnico-scientifiche, specialmente negli indirizzi di ingegneria informatica, elettronica, matematica e delle telecomunicazioni. Ma ricerchiamo figure anche negli ambiti di statistica ed economia, fisica, informatica e matematica. Ai candidati non richiediamo solo competenze solide, ma anche passione, creatività, fiducia nella tecnologia e predisposizione al cambiamento perché crediamo che, insieme alla preparazione, l'impegno e l'entusiasmo siano fondamentali per perseguire l’eccellenza e creare un’azienda dinamica e competitiva. Come funziona in generale il vostro iter di selezione? Una volta ricevuto il curriculum, prima approfondiamo telefonicamente alcune informazioni, e poi lo analizziamo insieme ai colleghi di riferimento sulle tematiche specifiche. Se risulta essere di interesse organizziamo un primo colloquio, sia conoscitivo che tecnico, con la responsabile HR e il responsabile del team di riferimento, per valutare su quali progetti potrebbe essere coinvolto il potenziale nuovo collega. Nei colloqui coinvolgiamo subito tutte le persone interessate alle competenze del candidato, in modo da accorciare il processo di selezione, e svolgiamo tutte le selezioni internamente, fatta eccezione per i ruoli apicali, per i quali ci appoggiamo a società dedicate. I colloqui durano circa un’ora, tre al massimo, e a seconda del caso i candidati possono trovarsi a risolvere esercizi o a vedere testato il loro livello di inglese – che è importante conoscere bene per via delle nostre due sedi in Usa e Regno Unito, insieme ai progetti internazionali che sono in sensibile aumento. Per il momento non facciamo assessment o colloqui di gruppo. Da una prima selezione estraiamo una rosa di candidati a cui far sostenere un ultimo colloquio con i responsabili delle tre divisioni tecnologiche di Cefriel; avendo una maggiore seniority e una visione più di lungo periodo sulle prospettive di inserimento, possono dare un parere non solo sulle competenze in essere, ma anche sul potenziale di sviluppo dei candidati.Preferite i cv nel formato standard “Europass”?No, apprezziamo molto di più i cv personalizzati, specie se già contestualizzati sulle esperienze rilevanti per noi, perché denotano un’attenzione verso la nostra realtà e non un invio massivo e indifferenziato. In un cv prestiamo attenzione soprattutto agli anni di conseguimento della laurea, al voto, alle competenze tecniche e ad eventuali esperienze di lavoro pregresse, nonché alle attività extra lavorative.Apprezzate le autocandidature?Poiché le selezioni sono sempre aperte, sì, apprezziamo decisamente le autocandidature. La sezione “Team” del nostro sito presenta alcune posizioni aperte, ma non è sicuramente esaustiva: lavorando per progetti, siamo sempre alla ricerca di nuovi colleghi che completino le competenze già presenti.E per quanto riguarda le giovani donne con profili tecnico scientifici?Negli ultimi anni il numero di donne laureate in ingegneria o in altre materie scientifiche sta crescendo rispetto al passato, e così anche il numero di donne in Cefriel, che ora supera il 20% nelle divisioni tecnologiche. Tuttavia siamo ancora lontani da una gender parity; credo sia necessario un maggior impegno comune a dare una visione più realistica ed accurata del mondo ICT e dei lavori in questo settore, in modo che le ragazze possano avere una percezione più realistica delle abilità richieste e delle opportunità di crescita e sappiano fare una scelta consapevole rispetto al proprio futuro.Vi sono delle qualifiche o competenze che ricercate nei candidati ma che faticate a trovare?Nei candidati cerchiamo principalmente qualità come entusiasmo, intraprendenza, curiosità e interesse per l’inesplorato, precisione e orientamento agli obiettivi, autonomia organizzativa, attitudine al problem solving e lavoro in team. Sono qualità più difficili da trovare di quanto si pensi. Fortunatamente, però, le università stanno adottando approcci didattici sempre più interattivi, consentendo lo sviluppo, oltre che di una buona preparazione disciplinare specifica, anche di queste skill trasversali.Qual è l'errore che non vorreste mai veder fare a un candidato durante un colloquio?Sicuramente la mancata preparazione rispetto al colloquio e un atteggiamento che denota disinteresse non fanno buona impressione. Sappiamo che i neolaureati, specie se con ottimi voti e un titolo appetibile, si trovano a sostenere numerosi colloqui presso diverse realtà, ma è bene ricordare che, dopotutto, ci si gioca un’opportunità per il futuro in appena qualche ora di colloquio, quindi è importante fare una scelta consapevole sulle realtà che interessano davvero. Il nostro sito è abbastanza completo e il brand è ormai conosciuto; porre qualche domanda sui progetti che abbiamo realizzato o il team in cui si verrà inseriti e dimostrare di essere propensi ad intraprendere determinate attività sono senza dubbio elementi distintivi per qualsiasi candidato.Come date i vostri feedback?Se la persona ha affrontato un solo colloquio e l’esito non è positivo, il feedback viene inviato tramite email, mentre riserviamo una telefonata a chi ha affrontato più colloqui. In ogni caso tutti i candidati ricevono un feedback, anche chi ha inviato il curriculum ma non è stato contattato per un colloquio conoscitivo. Le tempistiche possono variare dalle due settimane al mese abbondante, in base al numero di selezioni in corso e a come stanno andando.Se lo stage dà esito positivo, che iter contrattuale proponete?Tutti i nostri stage sono destinati all’inserimento in azienda, sia esso con contratto a tempo determinato o Alto Apprendistato, secondo le competenze della persona e la reciproca soddisfazione rispetto alle attività svolte durante lo stage o la tesi.Ci sono differenze tra l'iter di selezione e le modalità di colloquio per selezionare uno stagista e l'iter per selezionare invece una persona da inserire direttamente con contratto?Non ci sono differenze poiché per noi lo stage rappresenta un investimento e un periodo di conoscenza reciproca volta a sviluppare una collaborazione continuativa. Semmai cambiano i contenuti, ovvero le domande: per un collega che ha già esperienza entriamo maggiormente nel merito dei dettagli tecnici e nell’analisi delle consuetudini lavorative, per capire se esiste un match con la nostra realtà.Intervista raccolta da Irene Dominioni

Colloquio in Bosch, istruzioni per l'uso

Tra le aziende virtuose dell’RdS network si trova anche Bosch, oggi protagonista della rubrica “Colloquio, istruzioni per l’uso!” per raccontare ai candidati il processo di selezione all’interno dell’azienda. Bosch offre ai suoi stagisti un rimborso spese tra i 550 e i 750 euro al mese, assumendo inoltre giovani anche senza passare dallo stage (18 solo l’anno scorso, direttamente con contratto a tempo indeterminato) e distinguendosi in particolare per i suoi programmi al femminile e di alternanza lavoro (nel 2017 ha ricevuto ben due AwaRdS). A raccontare come funziona il processo di selezione è Simona Erba, responsabile recruiting per il Gruppo Bosch. Laureata in Filosofia e da sempre appassionata alle risorse umane, da dieci anni lavora in Bosch, dopo diverse esperienze in società di selezione multinazionali, tra cui Henkel, dove ha lavorato per sette anni.Quali sono i profili che ricercate maggiormente?Vista la complessità di un’azienda come Bosch, ricerchiamo profili trasversali. Tra i profili universitari ricerchiamo soprattutto laureati in ingegneria gestionale e meccanica, con specializzazioni in meccatronica, automazione e autoveicolo. Ma sempre di più ci stiamo focalizzando anche su ingegneri informatici ed elettronici, perché Bosch sta vivendo un cambiamento importante legato all’IoT in tutti i suoi settori. Cerchiamo anche laureati in economia, marketing e controllo di gestione per funzioni di supporto e staff, e laureati in materie umanistiche per supporto all’ambito commerciale con ottima conoscenza delle lingue: inglese, e preferibilmente anche il tedesco per via dei contatti costanti con la casa madre. Cerchiamo anche laureati in giurisprudenza per funzioni specifiche, anche se in misura minore. Nei plant produttivi cerchiamo anche neodiplomati brillanti, soprattutto periti, da inserire negli ambiti di produzione o di manutenzione, che reclutiamo anche attraverso il programma “Allenarsi per il futuro”, ospitando in azienda gli studenti di istituti tecnici per conoscere elementi validi da inserire in azienda. Come funziona in generale il vostro iter di selezione?Quando si apre una posizione, solitamente pubblichiamo l’annuncio sul nostro sito “Lavoro e Carriera” e sui vari motori di ricerca per il lavoro, tra cui la Repubblica degli Stagisti. Dal sito attingiamo CV, che vengono inizialmente valutati dal team HR centrale di tutto il gruppo, e a quella selezione segue un primo contatto telefonico per sondare l’allineamento alla posizione e la motivazione della persona. Il secondo step è un primo colloquio dal vivo, sempre motivazionale e conoscitivo, con un membro del team HR per sondare soft skill e conoscenza della lingua, al quale segue un colloquio con il manager di linea dove si affrontano tematiche più tecniche. Infine, l’ultimo step è il colloquio con il nostro HR director, per un totale di tre colloqui. Nel caso degli inserimenti diretti, invece, c’è un ulteriore passo, ovvero l’incontro con l’amministratore delegato della sede dove la persona viene assunta, perché teniamo molto a che tutti conoscano il neo assunto. Preferite i cv nel formato standard “europass” o apprezzate i cv personalizzati?Indubbiamente l’Europass presenta un vantaggio importante perché permette al candidato di razionalizzare le informazioni, ma apprezziamo anche che si abbia una personalizzazione in termini di contenuti e di grafica. Soprattutto, prediligiamo la sintesi: prima dell’incontro con l’HR director, ai candidati chiediamo di stendere un CV che stia tutto in una pagina, perché oltre ad avere maggiore impatto visivo, aiuta a trasmettere le informazioni più importanti.Per la parte recruiting vi avvalete di società di selezione?Prima avevamo un servizio esterno di Recruitment Process Outsourcing per i primissimi contatti con i candidati, ma dall’anno scorso abbiamo preferito internalizzare anche questa attività. Sul nostro sito pubblichiamo gli annunci per tutte le entità legali del gruppo Bosch Italia, e un gruppo centrale dedicato alla selezione avvia il primo contatto. Poi entra in gioco anche il team locale di HR che incontra direttamente il candidato, e infine c’è l’incontro con l’HR director. Alcune volte attiviamo le agenzie per il lavoro per l’inserimento di diplomati, però nel caso di stage o di inserimenti diretti interveniamo internamente nella stragrande maggioranza dei casi. Per il recruiting fate assessment – colloqui di gruppo?Utilizziamo molto la metodologia dell’assessment, generalmente si fa per la metà delle posizioni aperte destinate a laureandi o neolaureati, e di solito si inserisce dopo il primo contatto telefonico con il recruiting team. Si tratta di una mezza giornata con un gruppo di 6-10 persone strutturato in tre prove, una prima dove chiediamo ai ragazzi di presentarsi in lingua inglese con delle modalità particolari, per sondare la loro capacità di mettersi in gioco e di reagire a situazioni sfidanti, e poi una o due prove di carattere più attitudinale, una più astratta e una più concreta legata ad un caso pratico aziendale. Sulla base dell’assessment centre si fanno delle valutazioni con gli osservatori, e sulla base dei risultati c’è il passaggio al colloquio successivo.Quanto pesa la conoscenza di eventuali altre lingue straniere?La lingua ufficiale in Bosch è l’inglese, quindi un livello fluente è essenziale, tant’è che già dal primo contatto telefonico poniamo sempre una domanda in inglese, e anche al colloquio in persona viene sempre fatta una valutazione linguistica. Spesso, inoltre, in presenza di un manager internazionale il colloquio viene svolto direttamente in lingua. Il tedesco invece può rappresentare un carattere preferenziale, perché in caso di contatti diretti con la casa madre consente di essere più efficaci nella comunicazione. Apprezzate le autocandidature oppure preferite che ci si candidi solamente ai vostri annunci?Senza dubbio la candidatura mirata per le posizioni aperte è molto più efficace, infatti suggeriamo sempre ai career day e alle presentazioni in università di tenere monitorati gli annunci sul nostro sito, dove si possono peraltro creare degli alert sulle posizioni che interessano di più. Vero è anche che, nel momento in cui si entra nel mondo del lavoro, è importante assicurarsi di inserire il proprio CV all’interno della banca dati di un’azienda come Bosch, avviando così una candidatura spontanea, che è una base importante per proseguire e successivamente candidarsi per una posizione specifica, mostrando interesse per l’azienda e per la posizione. E’ ovviamente essenziale che, nel momento in cui ci si candida, il proprio profilo sia allineato alla posizione. Usate i canali dei social network?Sia su Facebook che su LinkedIn promuoviamo varie iniziative di employer branding, che ci consentono di avvicinarci ai candidati in modo diretto, ma generalmente questi contenuti rimandano alla nostra pagina “Lavoro e Carriera”, nostro principale bacino di utenza. I social quindi sono per noi dei “teaser” dove pubblichiamo posizioni per cui facciamo fatica a trovare candidati, per esempio, oppure per progetti particolari. Comunque valutiamo i curriculum pervenuti attraverso qualsiasi canale.E per quanto riguarda le giovani donne con profili tecnico scientifici? Sicuramente uno dei nostri obiettivi è di incrementare sempre più il numero di donne ingegnere in azienda, ed è un impegno costante che ci vede attivi da ormai oltre dieci anni. Abbiamo registrato un incremento sostanzioso delle candidature femminili anche in ambiti molto tecnici, come l’ingegneria meccanica o dell’autoveicolo, e cerchiamo sempre di inserire una donna nella rosa dei candidati, sia per stage che per inserimenti diretti. Inoltre abbiamo dei programmi ad hoc per l’inserimento delle donne, come ad esempio Women@Bosch, un tour in diverse università con cui presentiamo l’azienda, portiamo testimonianze di donne ingegnere a Bosch e spieghiamo le modalità di selezione. Alla fine selezioniamo anche 25-30 laureande da tutta Italia per un incontro a Milano con testimonianze, simulazioni di assessment e speech motivazionali, che ci consente di creare un contatto e di risentirci nei mesi successivi alla laurea.Vi sono delle qualifiche o competenze che ricercate nei candidati ma che faticate a trovare?Vista la crescente attenzione di Bosch verso gli ingegneri informatici, è difficile trovarne di interessati ad una realtà come la nostra, che non si qualifica come una delle aziende più “informatiche” agli occhi dei candidati. Stiamo svolgendo attività per avvicinarci a questo target group, andando nelle università per raccontare cosa facciamo in questo campo. Qual è l'errore che non vorreste mai veder fare a un candidato durante un colloquio?Dire il falso, esagerare nel sottolineare determinati tipi di competenze, quando comunque noi le sondiamo in fase di colloquio, è controproducente. E’ importante mostrarsi fin dal CV per ciò che si è e per le esperienze che si sono maturate. Teniamo molto anche a vedere il sorriso sul volto dei candidati, e valutiamo positivamente un atteggiamento solare, empatico, flessibile e capace di avere una visione d’insieme, perché questa è la direzione in cui le aziende si stanno muovendo. Non apprezziamo un approccio chiuso, sia in termini di mobilità che di opportunità.Come date i vostri feedback? Quando chiamate qualcuno a colloquio, poi gli/le date un riscontro in ogni caso, oppure no? E con quali tempistiche in media?A seconda del tipo di selezione, cerchiamo di essere tempestivi nel fornire un feedback alle persone che incontriamo e con cui abbiamo svolto i colloqui. Soprattutto con le persone che abbiamo visto più volte, in caso di esito negativo il feedback è telefonico e motivato. Tendenzialmente, le tempistiche per il feedback per uno stage si estendono dalle due settimane al mese. Se lo stage viene attivato e dà esito positivo, qual è poi l'iter contrattuale che solitamente proponete al giovane?Qualora ci sia la possibilità di proseguire il percorso all’interno dell’azienda, generalmente viene attivato l’apprendistato. Questo è un percorso a cui teniamo profondamente perché permette ai candidati di fare un vero e proprio percorso formativo, che cerchiamo di arricchire con una serie di interventi, da corsi legati al project management al public speaking e la comunicazione efficace, in modo da creare un pacchetto di competenze trasversali utili per tutti i collaboratori.intervista di Irene Dominioni