Startup e occupazione, un binomio ancora acerbo

Riccardo Saporiti

Riccardo Saporiti

Scritto il 20 Gen 2014 in Articolo 36

crowdfunding Politecnico di Milano Startup

Stagisti«Con le start-up rilanciamo l'occupazione». Nel settembre 2012 l'allora ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera annunciava così i provvedimenti contenuti nel decreto che ora porta il suo nome. Ma quanto queste misure hanno inciso in termini di posti di lavoro?

«Stiamo studiando il fenomeno», afferma Andrea Cavallaro, responsabile dell'Osservatorio sulle start-up del Politecnico di Milano e coautore del rapporto “The Italian startup ecosystem: who's who”, pubblicato nello scorso ottobre da Italia Startup. «Gli Stati Unit
i sono il Paese che sta sfruttando meglio questo fenomeno», aggiunge: «La Fondazione Kauffman, che si occupa da anni dell'impatto sull'economia delle start-up, ha evidenziato che negli Usa ogni anno un milione di posti di lavoro viene creato da aziende che hanno meno di un anno di vita, la quasi totalità delle assunzioni avviene in imprese che hanno meno di cinque anni e il 40% del Pil del 2010 è stato generato da società che non esistevano nel 1980». Tra queste, però, ci sono anche colossi come Google, che nel quarto trimestre del 2010 generava ricavi per oltre 8 miliardi di dollari e dava lavoro a 24mila persone.

Numeri lontanissimi dalla realtà italiana, dove le start-up innovative iscritte al registro imprese hanno superato quota 1.500 con l'inizio del 2014 e il crowdfunding ha preso forma solo nell'autunno scorso con il lancio della prima piattaforma certificata dalla Consob. Eppure la realtà è in fermento: se ancora è difficile quantificare l'occupazione generata dalle nuove aziende, è pur vero che l'offerta di lavoro all'interno dell'ecosistema si sta strutturando. E proprio grazie a due start-up.


“Storicamente”, per quanto si possa usare un termine di questo tipo per un fenomeno così recente, in Italia la ricerca di personale per le nuove imprese si è affidato ai social network, in particolare a Facebook. Annunci di lavoro compaiono quotidianamente sulla pagina “Italian Startup Scene”, comunità degli startupper italiani con oltre 14mila membri. Ma esistono anche gruppi dedicati, come “Start-up cercano web deigner e developer” o “Start-up cercano componenti per team”. Ora però sono nate due piattaforme riservate alla ricerca di personale da parte delle giovani imprese. In entrambi i casi il modello è Berlin Startup Jobs, un portale dedicato alle offerte di lavoro in una delle capitali europee dell'ecosistema.


«In Italia una realtà del genere mancava, mi sono chiesto perché non lanciarla anche qui». E così nel giugno dello scorso anno Alessandro Balasco ha sviluppato Italian startup jobs, un progetto «dietro al quale non c'è alcun tipo di business plan, solo la voglia di offrire un servizio». A 35 anni è andato a ingrossare le fila dei "talenti in fuga", dato che si è appena trasferito a Berlino; racconta di aver lanciato il portale più che altro con un obiettivo culturale: «A me dispiace vedere che in una realtà come quella italiana non si riesca ad avere un'offerta di lavoro qualificata in un settore nel quale invece ci si aspetta che la gente sia più sveglia e illuminata».


Per capire meglio basti pensare a quello che succede all'estero: «Quando leggi un annuncio la descrizione del lavoro è molto precisa, vengono indicate in maniera chiara sia la tipologia contrattuale che la retribuzione. In Italia questi sembrano essere argomenti tabù». E che invece devono essere messi bene in chiaro prima di pubblicare un annuncio sul suo portale. Ma se Balasco ha lanciato la sua piattaforma in un'ottica di servizio, nel senso che la pubblicazione di annunci è gratuita, Giuseppe Colucci e Marco Melluso lavorano a tempo pieno al loro progetto Startup Italia jobs. Anche in questo caso «il modello è quello di Berlino, città dove vivo, mentre il mio socio si trova a Milano», racconta Colucci. Attiva dallo scorso ottobre
«abbiamo pubblicato tra i due e i tre annunci ogni giorno, una cinquantina solo a dicembre, un centinaio da quando siamo partiti». Ad essere interessate a questo portale non sono solo le start-up innovative. «Almeno il 50% di chi pubblica annunci non compare nell'elenco», perché non ha fatto domanda o semplicemente perché non possiede tutti i requisiti di legge. La figura più ricercata «è quella dello sviluppatore, sia di front-end che di back-end, su diversi linguaggi». Non mancano però «gli annunci per business development, sales e marketing, anche se in questo caso la richiesta è bassa e spesso viene offerto un tirocinio».

Qualcosa si muove, dunque, anche se «in Italia parliamo di numeri ancora troppo bassi per avere un impatto sul mondo del lavoro. Certamente ce l'ha a livello di immaginario, si prefigura un futuro in cui i giovani abbiano possibilità imprenditoriali e siano in grado di offrire lavoro ad altri». Ma il percorso compiuto è ancora troppo breve perché già si riescano a cogliere i frutti dell'albero dell'innovazione.

Riccardo Saporiti
startupper@repubblicadeglistagisti.it

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