Stage gratuito ma valido per il tesserino da giornalista: i lettori della Repubblica degli Stagisti segnalano l'annuncio "impossibile" di una testata giornalistica

Andrea Curiat

Andrea Curiat

Scritto il 11 Ago 2010 in Help

Quando uno stage presso un’agenzia di stampa viene definito «gratuito», ma al tempo stesso «valido per il conseguimento del tesserino» da giornalista, qualcosa non torna. Se ne sono accorti alcuni lettori della Repubblica degli Stagisti, che hanno inviato nelle scorse settimane richieste di Help! per chiarire la contraddizione presente negli annunci dell’agenzia Italia Informa.
Le prime inserzioni compaiono su Internet già a maggio sul sito "Lavoricreativi" e vengono riproposte sino ai primi di luglio. Vi si legge:
«Siamo alla ricerca di giovani stagisti da inserire all’interno della redazione». Contratto: «stage non retribuito». Sin qui, nulla di strano se non l’ennesimo caso di tirocinio privo di rimborso spese, tristemente nella norma. Poi, però, si legge anche: «Lo stage è valido per il conseguimento del tesserino».
Chi ha seguito l'
inchiesta della Repubblica degli Stagisti sui requisiti per diventare giornalista pubblicista sa bene che fra questi vi è il pagamento di una retribuzione minima ad articolo. E sa anche che non mancano i casi di piccole case editrici, spesso attive solo sul web, pronte a sfruttare i giovani spingendoli a pagarsi da soli i contributi e falsificare le ricevute d’acconto pur di ottenere il tesserino.

Una studentessa interessata all’annuncio di Italia Informa, ma insospettita dalla formulazione dell’offerta, ha chiamato l’agenzia stampa per avere maggiori informazioni. Questo è quanto ha riferito alla
Repubblica degli Stagisti dopo la conversazione:
«Mi hanno spiegato che lo stage può essere a tempo pieno o part-time, a seconda della disponibilità del candidato. Nella fase di inserimento è previsto un affiancamento dello stagista da parte di uno dei giornalisti della redazione. Mi hanno confermato che non c’è un rimborso spese, ma mi hanno anche assicurato che avrebbero pagato le spese per le pratiche per il tesserino da pubblicista. Gli ho fatto presente che, per essere in regola, mi avrebbero dovuto pagare i singoli articoli. Dall’agenzia hanno obiettato che lo stage si fa per imparare un mestiere e per essere formati e che quindi il discorso retribuzione dovrebbe passare in secondo piano».
La Repubblica degli Stagisti ha quindi preso contatto con la testata, chiamando la redazione. Non ha risposto il direttore responsabile Marina Bertucci, né un redattore, bensì l’amministratore delegato dell’agenzia e della relativa casa editrice MB Editori, Massimo Criscuoli Tortora. La risposta di Criscuoli è stata brusca:
«Siete troppo ben informati, non rispondo a queste chiamate-trappola. Se volete fare domande abbiate il coraggio di farvi vedere in faccia. Anzi, questa telefonata non ha mai avuto luogo».
L’invito non è caduto nel vuoto e dopo pochi giorni è seguita una visita in Via Ettore Rolli a Roma, dove si trova la sede unica della casa editrice e dell’agenzia. In un colloquio faccia a faccia, Criscuoli si è dapprima trincerato dietro a un “no comment”. Dopo pochi minuti, però, la conversazione si è fatta più cordiale e il responsabile ha dato una risposta ufficiale ai quesiti dei lettori.
«Va bene, forse non possiamo parlare tecnicamente di un contratto di stage gratuito», ha ammesso Criscuoli. «L’abbiamo definito così solo per chiarire ai ragazzi che non sarebbero stati assunti e che non ci sarebbe stato uno stipendio fisso». Ma allora, qual è il contratto? «È un accordo tra le parti con cui i ragazzi si impegnano in un mese, un mese e mezzo a realizzare un tot di articoli. La paga è di 15 euro per un pezzo e 25 per un’intervista. Le stesse tariffe che, a quanto mi risulta, sono applicate dal Corriere della Sera ai suoi collaboratori».
L’equivoco non può essere risolto come un semplice qui pro quo linguistico. Chi risponde a un annuncio per uno stage si aspetta un contesto lavorativo strutturato con tutor e durata ben definita. Invece, quello descritto da
Criscuoli sembra chiaramente uno stage-non stage, privo anche di convenzione, progetto formativo ed ente promotore. «Ma quando i ragazzi vengono qui gli spieghiamo tutto per filo e per segno», ha aggiunto Criscuoli. «Inoltre seguiamo con attenzione il loro lavoro e cerchiamo di insegnargli il mestiere. Possono lavorare da fuori o dalla redazione, con scrivania e pc. Stipuliamo per ogni ragazzo una polizza di assicurazione privata per la sicurezza sul posto di lavoro. Abbiamo avuto sinora 4 o 5 stagisti, o comunque vogliamo chiamarli, di cui tre poi hanno continuato a lavorare per noi con contratti di collaborazione. Oltre a questi, l’agenzia conta il direttore, un caporedattore e due redattori».
Il quadro resta nebuloso, sia dal punto di vista contrattuale sia per l’apparente contraddizione tra i testi degli annunci, le parole dell’ad e le risposte date invece alla studentessa.
Ma Criscuoli liquida così ogni ulteriore obiezione:
«Bisogna essere costruttivi. Questa è un’azienda giovane che dà lavoro a giovani. Certo, bisogna rispettare le leggi, ma non si può pesare con la stessa misura una piccola realtà come la nostra, con poche risorse a disposizione, e un grande quotidiano come il Corriere della Sera. Ci vuole un po’ di flessibilità».

Andrea Curiat


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