Mese delle Stem, le donne ingegnere progettano il futuro

Rossella Nocca

Rossella Nocca

Scritto il 01 Apr 2017 in Notizie

occupazione femminile STEM

Dall'8 marzo all'8 aprile il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur), in collaborazione con il Dipartimento delle Pari opportunità della Presidenza del Consiglio, ha indetto il Mese delle Stem. L’obiettivo dell’iniziativa, al suo secondo anno, è quello di incoraggiare le bambine e le ragazze allo studio delle discipline Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics), attraverso una serie di attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, supportate da università, associazioni, imprese.

Una delle materie dove oggi lo scarto di genere risulta più evidente è l’Ingegneria. In Europa tre ingegneri su quattro sono uomini (Rapporto Eurostat 2016). E c’è solo un paese dove il numero di donne ingegnere supera quello dei colleghi: il Liechteinstein. Se la media europea di laureati di sesso maschile nelle facoltà ingegneristiche è del 72,8%, in Italia il dato scende al 66%. Ma in ogni caso la parità è ancora lontana, anche perché bisogna considerare che una certa percentuale di donne, alle prese con una professione talvolta troppo impegnativa da conciliare con la vita familiare, vi rinuncia prematuramente.

«Oggi il Consiglio Nazionale Ingegneri conta 238.260 iscritti, di cui 33.433 sono donne, che rappresentano circa il 14%, ancora troppo poco rispetto ad altre professioni». A parlare è Ania Lopez, unico consigliere donna del Cni, nonché ideatrice di “Ingenio al Femminile. Storie di donne che lasciano il segno”, evento annuale nato nel 2013 per valorizzare il ruolo delle donne nel settore ingegneristico, la cui prossima edizione si terrà nella seconda metà dell’anno. Il progetto è supportato dalle indagini del Centro Studi del Cni, che fotografano le difficoltà del mondo femminile nella professione, dalla conciliazione lavoro/vita privata al gap salariale.

«Il nostro obiettivo è favorire la presenza delle donne nei Consigli» afferma l’ingegnera Lopez «affinché ci sia una maggiore apertura anche culturale. Finché chi comanda non ha problemi nel portare avanti la professione e la famiglia ci sarà meno sensibilità a tali difficoltà». La parità accrescerebbe il valore del settore: «Le donne ingegnere quasi sempre sono le prime a laurearsi, ma poi fanno troppa fatica, non ci sono politiche sociali in grado di soddisfare le esigenze di un part-time, soprattutto per chi svolge la libera professione», denuncia Ania Lopez. Che poi conclude: «Mi auguro che con le politiche sul lavoro agile ci sia un supporto maggiore a tante donne che cercano di dare un contributo importante al futuro di questo paese».

Anche perché, con lo sviluppo inarrestabile delle nuove tecnologie, sempre più alla portata di tutti, le opportunità si moltiplicano. E le donne devono convincersi che possono diventarne protagoniste tanto quanto gli uomini.«L’ingegneria è uno di quei campi in cui la meritocrazia è molto forte: solo chi è bravo va avanti» dice alla Repubblica degli Stagisti Stefania Zinno, 30 anni, ingegnera delle telecomunicazioni «e questo in altri settori è meno diffuso. Perciò se avessi una figlia che mi dicesse “Vado a fare Ingegneria” ne sarei felice, perché saprei che ogni sforzo sarebbe ripagato».

Stefania Zinno è una delle quattro donne che compongono il corpo docenti (quindici in tutto) del centro di formazione Apple a Napoli, grande scommessa per l’Italia e per il Mezzogiorno. Insegna il linguaggio di programmazione Swift, che permette di sviluppare app per iOS, Mac, Apple TV e Apple Watch. E, parallelamente, frequenta il Dottorato in Information Technology and Electrical Engineering presso il Dipartimento di ingegneria elettrica e tecnologie dell’informazione (Dieti) dell’Università “Federico II” di Napoli.

L’iOS Developer Academy, progetto nato in partnership con l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, ambisce a formare le nuove generazioni di sviluppatori. Cento ragazzi hanno cominciato il loro percorso a ottobre, altri cento sono partiti a inizio 2017. E la partecipazione delle donne sta crescendo «Nel primo round erano solo tre/quattro, nel secondo sono diventate una ventina» racconta la giovane docente «ed è un fatto positivo, perché i gruppi misti lavorano meglio e l’ambiente è più frizzante».

La “sfida” di Stefania Zinno è stata doppia. Non solo quella di farsi strada in un settore a predominanza maschile, ma anche di riuscirci al Sud, dove tutto è un po’ più complicato. «Ho rifiutato offerte di lavoro a Milano e a Torino. A Napoli abbiamo un polo formativo eccezionale e i talenti devono essere reindirizzati a lavorare e a fare impresa qui». L’ingegnera ne è convinta, ancor più oggi che anche il colosso di Cupertino se ne è reso conto: «Sono felicissima di vedere che qualcosa sta nascendo. In questo momento sono già in avvio incubatori e collaborazioni, sono venute a trovarci grandi aziende e tutte sono rimaste colpite. Siamo fiduciosi che l’Academy non resti qualcosa di teoretico».

Se a Napoli si pensa alle tecnologie del futuro, a Genova c’è chi parte dai banchi di scuola per combattere i pregiudizi di genere e favorire le naturali inclinazioni delle menti di domani. Stiamo parlando della Scuola di Robotica, un’associazione non profit che si occupa di ricerca sulla relazione robot/umani e di integrazione e inclusione, per intervenire nelle aree dell’educazione più sensibili, tra cui la bassa presenza di donne nelle carriere scientifiche e il loro presunto scarso interesse verso le materie Stem.

La Scuola di Robotica è referente nazionale di “Roberta, le ragazze scoprono i robot”, un progetto partito dalla Germania per avvicinare le bambine e le ragazze alla scienza attraverso la robotica educativa. L’associazione collabora con trecento scuole, dall’infanzia fino alle superiori, appartenenti alla Rete Nazionale di Robotica Educativa e promuove attività come la Nao Challenge, una competizione dedicata alla robotica umanoide, volta a far conoscere le potenzialità sociali della robotica di servizio.

«Abbiamo sviluppato una metodologia di lavoro più affine all’universo femminile, che ad esempio considera meno le gare e le competizioni fisiche, a favore di altri settori della robotica», spiega alla Repubblica degli Stagisti Fiorella Operto, presidente del Consiglio Direttivo della Scuola.  Come la sezione “rescue”, che – attraverso vermi robotici  - sviluppa interventi in occasione delle catastrofi per individuare le persone ancora vive; oppure la sezione che riguarda la simulazione del comportamento degli animali attraverso i robot, che aiuta a riconoscere i comportamenti di varie specie.

Favorire l’avvicinamento ai nuovi strumenti della scienza è importante a prescindere dalla strada che ciascuno deciderà di intraprendere. Secondo l’ultimo Rapporto Eurispes, il 37% della popolazione europea (6-75 anni) è ancora analfabeta digitalmente, quindi non sa usare il computer: lo stesso dato di quattro anni fa. Per questo «è importante rendere accessibile a tutti aspetti come la programmazione, che sono presenti in ogni campo del quotidiano» sostiene Fiorella Operto «e non servono solo a chi vuole intraprendere una carriera scientifica. Andiamo verso l’Internet delle cose: gli oggetti diventano intelligenti e controllabili via Internet e una parte della popolazione rischia di essere tagliata fuori».

Non sempre la passione per la scienza, soprattutto nelle femmine, segue un percorso lineare. «Sono cresciuta con un padre ricercatore e sin da piccola seguivo gli sviluppi dell’applicazione ingegneristica e della fisica, ma ero anche innamorata di personaggi come Platone, Leibniz, Pascal, Newton, che erano tutti sia matematici che filosofi. È un peccato che oggi cultura scientifica ed umanistica siano così rigidamente separate», racconta la co-fondatrice della Scuola di Robotica. Lei alla fine per i suoi studi aveva scelto la filosofia, ma un giorno la scienza è tornata a cercarla. «Lavoravo per una casa editrice italiana che aveva una collana dedicata ai dialoghi con grandi scienziati, ed ebbi modo di seguire la robotica e l’intelligenza artificiale. Mi sembrò un esempio di avvicinamento tra cultura umanistica e ingegneristica, e infatti ormai non c’è tutta questa distanza: i suoi campi di applicazione vanno dall’antropologia alla psicologia all’arte».

Insomma, ci sono tanti buoni motivi per scegliere un indirizzo scientifico. «Le materie Stem sono belle, divertenti, non hanno niente di meno affascinante della filosofia. Ed è difficile che un ingegnere sia disoccupato. Inoltre» conclude Operto «con una maggiore presenza femminile aumenterebbe la considerazione delle donne, ad esempio nelle commissioni, e aumenterebbero anche gli stipendi, perché ci sarebbero più donne a combattere la battaglia per la parità».

Rossella Nocca

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