L'help di Luca M.: «Con il Wea della Cattolica buoni rimborsi stage solo agli studenti. Ed io, appena laureato, ho dovuto rinunciare ad un'occasione». Ecco spiegato il paradosso

Annalisa Di Palo

Annalisa Di Palo

Scritto il 06 Gen 2011 in Help

«Sono un neolaureato in Giurisprudenza e sono disperato!»: così esordisce Luca M., 27 anni, nella sua email alla Repubblica degli Stagisti. A inizio novembre, racconta, si è laureato con 110/110 all'università Cattolica di Milano e una settimana dopo ecco una notizia a lungo attesa: ha vinto un ambito stage di sei mesi alla Camera di commercio e industria italiana in Spagna, a Madrid. Wea - Work experience abroad - Europe il nome del progetto, con cui l'Ufficio relazioni internazionali dell'ateneo milanese supporta i suoi studenti e laureati in un'esperienza lavorativa all'estero [a fianco, uno screenshot della pagina di invio delle candidature]. Dov'è allora il problema? Lo si capisce scorrendo il bando, a cui Luca ha partecipato nel maggio 2010, che alla voce rimborso spese fa un importante distinguo: agli studenti spettano 500 euro al mese per stage trimestrali, 1500 in tutto, più un tot di crediti formativi concordati con la facoltà. Ai laureati invece vanno in tutto 500 euro, una tantum, per stage in genere semestrali, e naturalmente zero cfu.
Le aziende terminano l'iter di selezione in un mese e mezzo
circa, ma nel caso di Luca la risposta tarda, slittando dall'inizio dell'estate a metà novembre – quando lui non è più studente ma laureato. E addio 1500 euro. Luca ci tiene allo stage, e si lamenta con l'ufficio: «Al di là dell'arricchente esperienza professionale, una persona come me, che non ha un reddito alle spalle, come può accedere a queste opportunità?». Tramite altri finanziamenti, regionali magari, come è successo a una sua collega sarda. Ma il tempo passa, i giorni a disposizione per decidere scadono e, senza ulteriori finanziamenti, Luca a malincuore rinuncia allo stage.
Ma perché questa "logica inversa" nei rimborsi stage, che
sostiene bene gli studenti e offre solo briciole ai laureati? Lo spiega alla Repubblica degli Stagisti Damiano Anelli, che alla Cattolica coordina i progetti di mobilità e cooperazione all'estero. Bisogna andare alla fonte dei finanziamenti, la Commissione europea, che con il suo Lifelong Learning Programme sostiene la formazione lavorativa all'estero con due assi di intervento: Erasmus Placement e Leonardo.  Il primo è riservato agli studenti, il secondo ai laureati. «La nostra università beneficia di fondi Erasmus Placement» afferma Anelli. «Ha sempre fatto richiesta per ottenere entrambi i finanziamenti, ma negli ultimi anni quelli Leonardo non ci sono stati assegnati, nonostante gli ottimi progetti». Allora, piuttosto che lasciare i suoi laureati a bocca asciutta, la Cattolica ha aperto un fondo speciale – l'Ucsc Graduate Scholarship Program – attingendo a risorse interne. Nel 2010 il budget è stato di circa 15mila euro, sufficiente per una trentina di laureati, e l'ufficio cerca ogni anno di incrementare lievemente questa cifra. «Molte delle aziende partner» precisa Anelli «danno di tasca propria rimborsi talvolta anche interessanti, ma è una scelta del tutto discrezionale». Scelta che la Camera di commercio italiana in Spagna non ha voluto prendere, costringendo Luca a rinunciare.
In effetti se si scorre la lista degli organismi a cui nel 2010 sono stati accordati i finanziamenti europei per le mobilità PLM (Transnational Placements in Enterprises or Training Institutions), pensate per studenti e persone disponibili sul mercato del lavoro – a partire dai neolaureati – le università costituiscono solo un sesto del totale. Il resto sono enti di formazione (associazioni, fondazioni, cooperative) ed enti pubblici territoriali (comuni e province). L'Isfol, Istituto per lo sviluppo della formazione dei lavoratori, alla Repubblica degli Stagisti precisa che una percentuale così bassa di università vincitrici rispecchia fedelmente il loro grado partecipazione in quel particolare settore del Leonardo: poche vincono perché poche presentano progetti, preferendo di gran lunga il più affine ambito Erasmus. Inoltre nella valutazione delle proposte Leonardo l'ampiezza del bacino di destinatari ha il suo peso: le università che allargano i progetti anche a ex studenti di altri atenei acquisiscono punti in più in graduatoria. In altre parole, chi cerca di fare solo il proprio interesse viene penalizzato, eppure la tendenza attuale sembra essere quella. Il punto principale rimane però la scarsa partecipazione delle università nell'ambito dei tirocini Leonardo e in generale un basso livello di attenzione verso la formazione lavorativa dei propri studenti e laureati. Peccato: proprio esse dovrebbero invece costituire un trait d'union privilegiato tra mondo dello studio e del lavoro, e il primo luogo a cui potersi rivolgere dopo la laurea.

Annalisa Di Palo


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