Gli stage servono a farti lavorare gratis: lettera aperta al vetriolo di Nicola Zanella agli stagisti (o aspiranti stagisti) italiani

Nicola Zanella*

Nicola Zanella*

Scritto il 21 Gen 2010 in Editoriali

«Per quel progetto? Prendiamo uno stagista, che non ci costa nulla».
Caro mio, mi dispiace ma devi rimettere i tuoi sogni nel cassetto. Quella telefonata, nella quale ti proponevano un magnifico stage “professionalizzante”, in realtà era una trappola.
Ti avrebbero potuto chiedere direttamente: «Dottore, è disponibile a lavorare per noi gratuitamente per otto ore al giorno?». Così almeno sarebbero stati sinceri.
Forse esagero. In effetti in alcuni casi fare uno stage può essere una buona
idea, arricchire le competenze e dare opportunità per una successiva assunzione. Ma troppo spesso si risolve in una perdita di tempo. Non mi credi? Vediamo i buoni motivi per i quali di solito si accetta la proposta di stage.
«Così imparo un lavoro». Bene. Dimmi però che professionalità ti costruisci facendo fotocopie dalla mattina alla sera, inserendo dati tutto il giorno o facendo telemarketing. Se va bene puoi imparare a usare la fotocopiatrice per fascicolare, fare gli ingrandimenti, e soprattutto, togliere la carta inceppata. Oppure puoi diventare “la mano” più veloce dell’azienda nell’inserimento dati e imparare ad usare tutte e cinque le dita invece del solo indice. Un Mozart del pc… Se proprio ti va bene arricchirai il tuo vocabolario di nuove parolacce, sentendo le risposte delle persone che chiami per la tua importantissima ricerca di mercato mentre sono a casa che cenano con la loro famiglia dopo una giornata di lavoro.
«Mi hanno detto che seguirò un progetto interessante». Sì, come no. Immagina che importanza potrà avere un progetto affidato ad uno stagista senza alcuna esperienza… E poi spesso sono progetti talmente specifici che invece di aumentare le tue future possibilità di lavoro le fanno precipitare. Il massimo poi è quando ti chiedono di fare il venditore. Con che coraggio si chiede ad uno stagista di cercare nuovi clienti e di andare in giro per vendere prodotti e servizi? Certo, è vero che vendere è una bella “palestra” che insegna molto di più di qualsiasi corso manageriale. Ma da quando è stato inventato il commercio, chi vende un prodotto ha diritto ad un compenso, una commissione. Invece lo stagista no: un buono pasto e via.
«Almeno vedo l’azienda dall’interno, capisco come funziona». Ma pensi veramente che il tuo tutor ti porterà in riunioni importanti, magari nelle quali si discutono progetti futuri o si mostrano dati aziendali che domani potresti comunicare alla concorrenza? Io dico di no. Bene che ti vada ti presenterà alle persone con cui dovrai relazionarti. Solo che i tuoi “colleghi” di  lavoro percepiranno la notizia in un altro modo: «ecco quello che potrebbe portarvi via il lavoro». E così spesso gli stagisti trovano difficoltà ad inserirsi nelle aziende: perché «se uno stagista è sveglio, intelligente e magari si presenta anche bene, potrebbero metterlo al mio posto…perché dovrei dargli una mano?»: questo è quello che molti pensano. E via con i «non ho tempo», «mi spiace ma già abbiamo poche cose da fare noi, come facciamo a dare del lavoro a te».  E con le gelosie. Soprattutto tra donne, quando la stagista è giovane e carina.
«Imparerò qualcosa dal mio tutor». Deve essere proprio un’anima buona. Se ha molto tempo da dedicarti vuol dire che è una figura praticamente inutile quindi ci sarebbe poco da imparare. Anzi, meglio apprendere il meno possibile. Se invece il tuo tutor è uno in gamba o una figura importante, secondo te avrà il tempo di spiegarti come si fanno le cose? Già ora va a casa tutti i giorni alle nove e mezza di sera, rovinandosi la salute e rischiando il divorzio, figurati se ha tempo da perdere con uno scocciatore del quale tra un mese si perderanno le tracce… Quindi rassegnati a passare il tuo tempo da solo, apprendendo solo dall’osservazione, oppure a darti appuntamento con il tuo tutor alle nove e mezza di sera. Forse troverà cinque minuti per mostrarti qualcosa di interessante. Magari mentre cerca per l’ennesima volta di giustificarsi al telefono con la moglie per il ritardo con cui andrà a casa.
E poi, soprattutto in questo periodo, quanti posti vacanti pensi che ci siano in un’azienda? Praticamente zero. E anche se ci fossero, sai quanto sono gli stagisti e gli ex stagisti tra i quali quell’azienda potrebbe scegliere? Sono decine, a volte centinaia. Una specie di lotteria.
«Ma così le aziende possono valutarmi vedendomi all’opera». E’ quello che ti dicono, caro il mio illuso. Se volessero veramente valutarti, credendo in te, ti assumerebbero con un vero contratto di lavoro. C’è il periodo di prova. Basta e avanza per valutarti ed eventualmente per rispedirti al mittente…

Nicola Zanella

* Nicola Zanella, 37 anni, si è laureato in economia aziendale alla Bocconi di Milano, ha lavorato nel marketing per Wella e dal 2000 ha avviato uno studio per fornire servizi di consulenza e formazione manageriale. Di recente ha pubblicato con la casa editrice Sperling&Kupfer
Il brainstorming è una gran caxxata

Nota dell'autore:
il taglio di questa lettera è volutamente provocatorio, nello stile del mio libro. Le alternative serie ci sono: le trovate nell'intervista.

Per saperne di più su questo argomento, leggi anche:
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- Nicola Zanella, autore del libro "Il brainstorming è una gran caxxata": «Gli stage servono a far lavorare gratis la gente» 

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