“Tanto in pensione non ci andremo mai”? Bando ai disfattismi, guida pratica sulla pensione integrativa

Francesco Piccinelli Casagrande

Francesco Piccinelli Casagrande

Scritto il 17 Ago 2016 in Approfondimenti

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Secondo un’indagine del Censis, nel 2014 gli under 35 italiani hanno avuto un reddito di 22.900 euro all’anno di media, circa 7mila in meno dei propri genitori, con un 60% di loro “a rischio povertà”. A complicare ulteriormente il quadro, l’allarme di Tito Boeri, presidente dell’Inps, che pochi mesi fa ha dichiarato che i «nati negli Anni ’80 rischiano di essere una generazione perduta» Dal suo osservatorio, il principale istituto di previdenza Italiano, Tito Boeri vede una generazione che difficilmente potrà andare in pensione e ricevere un assegno dignitoso. E allora cosa possono fare adesso i giovani che cominciano ad affacciarsi al mondo del lavoro?

Una risposta, per quanto parziale, sta nei fondi pensione integrativa. «Si tratta di
forme previdenziali nonstatali che si affiancano alla previdenza statale» spiega alla Repubblica degli Stagisti Michel Martone, ordinario di Diritto del Lavoro presso la Luiss di Roma e già viceministro del Lavoro nel Governo Monti «che possono essere aperti o chiusi». I fondi pensione chiusi, o negoziali, sono quelli che vengono costituiti da accordi tra società e sindacati. I fondi pensione aperti, invece, sono a disposizione di tutti e funzionano in due modi: con il versamento del tfr (il trattamento di fine rapporto) o con il versamento di una quota mensile che porterà, poi, a costituire la pensione integrativa.

Nel caso si scelga di versare il tfr, bisogna sapere che i versamenti saranno graduali. Non è un caso che la documentazione della Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensioni parli di “flusso di tfr”. Esso viene calcolato dividendo per 13,5 lo stipendio annuale, che viene così sommato fino a costituire la somma che corrisponde al trattamento di fine rapporto. Scegliendo di destinare il tfr a un fondo pensione si decide di versare annualmente la somma che sarebbe stata accantonata in vista della fine del rapporto di lavoro.

C'è da dire che i fondi pensione non sono molto diffusi tra i giovani. Purtroppo, non esistono dati assoluti sulle posizioni di previdenza complementare aperte da under 35. Dagli ultimi dati, relativi al 2014, emergeva che i giovani tra 19 e 34 anni rappresentavano solo il 16,6% dei quasi 6 milioni e mezzo di aderenti ai fondi pensione, sia aperti che chiusi. L'ufficio stampa della Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione specifica che, nonostante i dati 2015 non siano ancora usciti – sono cambiati i metodi di rilevazione rispetto all’anno precedente – le cifre disponibili sono comunque affidabili, vista la stabilità del mercato della previdenza integrativa. Si parla comunque di oltre 1 milione di under 35 che si stranno costruendo questo tipo di pensione: non pochissimi.

Come funziona il meccanismo di accantonamento e guadagno? I fondi pensione non sono delle casseforti chiuse dove si depositano dei soldi che rimangono lì: le banche li investono e, a seconda del fondo,
possono investire in azioni, obbligazioni ed altri prodotti finanziari – derivati inclusi - in modo da ottenere una rendita. La rendita è la garanzia che i risparmi non si svalutino, in modo da mantenere intatto il potere d’acquisto del capitale nel tempo.

Il vantaggio della previdenza integrativa è che è
deducibile dalle tasse fino ai 5.164 euro, anche se questo vantaggio non si applica nel caso in cui sia un’altra persona a pagare le rate. Se per esempio un parente volesse regalare la previdenza integrativa a un altro membro della famiglia, potrebbe usufruire della deducibilità solo nel caso in cui il familiare beneficiario fosse fiscalmente a suo carico.

Dal punto di vista della affidabilità dell'investimento, i fondi pensione sono separati dal patrimonio delle società che li promuovono, offrendo una garanzia in più visti i chiari di luna del sistema finanziario italiano. Il problema è che il rendimento dei fondi pensione, quando non sono garantiti, è deciso dalle performance dei titoli nel portfolio del fondo.

La Commissione di Vigilanza obbliga a fornire dei simulatori che mostrino come funzionerà il fondo negli anni di sottoscrizione e il conseguente “Progetto semplificativo personalizzato”. Secondo uno di questi simulatori un ragazzo, lavoratore dipendente, nato nel 1987, che guadagna oggi 22.900 euro l’anno, versandone 1200 nei dodici mesi in un fondo al 50% azionario, al raggiungimento dei 66 anni – con uno stipendio aumentato, anno dopo anno, fino ad arrivare nel 2054 a circa 45mila euro annuali – otterrebbe una rendita di 2.800 euro all'anno, cioè 230 euro al mese. Questa cifra andrebbe a integrare una pensione di 28mila euro l’anno, ammesso che i requisiti per andare in pensione rimangano quelli attuali e che si lavori in continuità fino alla pensione. Ovviamente i 230 euro al mese arriveranno a patto che il mercato non crolli come fece nel 2008.

In effetti un documento della Commissione di Vigilanza sui Fondi pensione del 2009 mette in evidenza come l’andamento dei mercati finanziari, al tempo, avesse duramente colpito i rendimenti della previdenza complementare italiana. Infatti, recita il documento: «Il rendimento dei fondi pensione negoziali e aperti è stato pari, nel complesso, a circa il –8 per cento».

Nel caso in cui si resti disoccupati, i fondi pensione aperti non obbligano i sottoscrittori a versare la propria quota anche quando non lavorano; anzi funzionano quasi come un’assicurazione. Per esempio, se si affronta un periodo di disoccupazione superiore a 48 mesi, si può riscattare il 100% della quota del fondo pensione, o il 50% se il periodo in cui non si lavora è inferiore.

Aderire a un fondo è una scelta importante che va ben meditata e richiede dei passi preliminari. Il primo: farsi una discreta cultura finanziaria, capendo, per esempio, la differenza tra un’obbligazione e un’azione. Secondo il Rapporto 2015 della Commissione di Vigilanza sui fondi pensione,
la cultura finanziaria tra i giovani non è molto diffusa. Per cui prima di cimentarsi con questi strumenti così complicati è bene informarsi su quello che si va ad acquistare.

Il secondo passo è quello di leggere attentamente le note informative e capire cosa c’è all’interno dei fondi, come sono bilanciati tra i vari titoli e, soprattutto, verificare che l’importo scelto nel canone mensile non sia troppo elevato rispetto ad uno stipendio che, nei primi anni di carriera, probabilmente si aggira intorno ai 1000-1200 euro mensili.
Una volta sottoscritto, è bene non dimenticarsene e lasciarlo senza manutenzione. Per questo, bisogna prestare molta attenzione alle comunicazioni relativa al proprio fondo pensione e, soprattutto, instaurare un rapporto franco con il promotore finanziario con cui si è sottoscritto il piano di previdenza integrativa.

Ma in definitiva: conviene o no sottoscriverlo?
Secondo Michel Martone «è difficile decidere, visto che gli stipendi medi dei giovani sono molto bassi. Purtroppo» continua «non c’è una cifra minima in base alla quale convenga dotarsi di un fondo pensione». Secondo il professore infatti «il fatto che le pensioni pubbliche si riducano incentiva i giovani a iscriversi ai fondi pensione. È per questo che, nonostante i bassi stipendi, conviene sempre mettere da parte qualcosa in vista della vecchiaia».

Francesco Piccinelli Casagrande

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