Umberto Veronesi, la fatica delle donne e dei figli suoi: ma in verità sono i figli di nessuno che fanno una fatica bestiale per emergere

Alessandro Rosina

Alessandro Rosina

Scritto il 05 Ott 2010 in Editoriali

Il punto di vista di un outsider che invita i giovani a riappropriarsi del loro futuro: con questo nuovo editoriale Alessandro Rosina, 40 anni, docente di Demografia e autore insieme a Elisabetta Ambrosi del bel saggio Non è un paese per giovani (Marsilio) prosegue la sua collaborazione con la Repubblica degli Stagisti.

Evidentemente non si rendono conto. Intendo gli over sessanta ben radicati nella classe dirigente italiana. Nemmeno quelli indicati come i più illuminati. Il che fa ben capire che fanno parte di una stagione da archiviare quanto prima. Un esempio? Sulle pagine culturali di Repubblica la settimana scorsa largo spazio al nuovo libro di Umberto Veronesi, noto e apprezzato oncologo e politico italiano (già ministro della Sanità, ora senatore della Repubblica). Il volume, intitolato «Dell'amore e del dolore delle donne» e pubblicato da Einaudi, parla appunto di donne e dell’importanza per la società italiana di dar loro spazio, rimuovendo gli ostacoli che ne limitano la valorizzazione. E su questo siamo pienamente d’accordo.
Un po’ meno sulla sua affermazione che finora il dominio maschile è stato giustificato visto il progresso civile e scientifico che ha prodotto. Insomma, avendo egli contribuito, in qualità di maschio, a tale progresso, giunto quasi alla soglia degli 85 anni, si sente di dire che ora è venuto il momento di passare il timone alle donne. Forse accorgersene prima sarebbe stato meglio, non ci troveremmo ora così in ritardo rispetto agli altri paesi. Ma meglio tardi che mai. E quindi ben venga questo libro.
Ma c’è un altro passaggio che ancor più ci fa cadere le braccia. Si tratta del punto nel quale dice: «Avere accanto a me in ospedale Paolo, il mio figlio maggiore, e Giulia, la mia prima figlia femmina è una soddisfazione immensa […]. A volte penso però che lo sforzo che hanno dovuto compiere per affermarsi sia stato, per certi versi, doppio rispetto a chi ha un cognome diverso dal loro». E qui mi sono davvero commosso pensando a tutti i figli di nessuno che in Italia fanno una fatica bestiale a trovare spazio e riconoscimento delle loro capacità e competenze. Se davvero i figli di Veronesi hanno faticato il doppio vuol dire che per affermarsi ed essere ora accanto al padre nel loro lavoro devono essere stati davvero eroici. Non diciamo più quindi che i giovani vanno all’estero perché in Italia lo spazio ce l’hanno solo i figli di papà e chi ha contatti e conoscenze giuste. Chi se ne va è perché non ha avuto la determinazione e la tenacia (oltre che i talenti) dei figli di Veronesi.
Per chi non la pensa in questo modo, ovvero ritiene che la fatica vera in Italia la facciano i talenti figli di nessuno, segnalo un'iniziativa da sottoscrivere, il «Manifesto degli espatriati», promossa dai blog Vivo Altrove e La Fuga dei Talenti.

Alessandro Rosina

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